‘CASE FAI DA TE’ NEL NUOVO CRATERE: ”ANCHE PER NON RESIDENTI, MA CON REGOLE FERREE”

di Filippo Tronca

28 Aprile 2017 07:00

Regione -

CAMPOTOSTO – Casette di legno “fai da te” anche per i non residenti nei comuni del nuovo cratere sismico, quello del terremoto 2016, per consentire agli oriundi di poter tornare in modo frequente nei loro paesi colpiti e contribuire, così, a non farli morire. Tutto questo con regole che impediscano il proliferare selvaggio di abitazioni provvisorie come avvenuto nel post-sisma aquilano del 2009.

A chiederlo sono un significativo numero di cittadini in particolare dei comuni di Capitignano, Montereale e Barete in Abruzzo, Antrodoco e Borbona nel Lazio, colpiti dai terremoti dell’agosto e ottobre 2016 e del gennaio 2017 in particolare.

Una proposta che è già sul tavolo del commissario straordinario Vasco Errani, ma che trova non poche resistenze.

Tutti vogliono evitare quello che è accaduto otto anni fa, ovvero la proliferazione senza controllo di prefabbricati in ogni dove, anche in zone a rischio idrogeologico.

Ne sono stimate oltre 2 mila, di cui una metà realizzata da chi non aveva una casa inagibile, quindi abusive, o anche senza rispettare i criteri fissati dalla delibera 58 del 2009.





Le casette costruite secondo le regole erano poi state considerate provvisorie, cosa che fa un po' sorridere in un Paese, l’Italia, terra di condoni e proproghe dove non c’è nulla di più definitivo del provvisorio.

Un problema che ora la politica non sa e non vuole affrontare, perché le demolizioni e sanzioni sarebbero a dir poco impopolari, fatali in termini di consenso.

In verità anche nel nuovo cratere sismico le “casette fai da te” sono consentite, ma sono state introdotte norme più stringenti proprio per evitare l’effetto-L’Aquila.

Può infatti costruirsi una casetta solo chi possiede almeno mille metri quadrati di terreno. La misura è stata infatti studiata per venire incontro in primis agli allevatori e agricoltori residenti, impossibilitati a trasferirsi altrove.

C’è tuttavia un rovescio della medaglia: nelle centinaia e centinaia di paesi e frazioni terremotati. la maggioranza delle persone con casa inagibile è costituita da non residenti, proprietari di seconde case, persone che vivono in città e tornavano nei fine settimane e nei periodi di ferie, la cui presenza era comunque decisiva per tenere in piedi la fragile vita economica e sociale dell’entroterra.





La stragrande maggioranza di questi oriundi non possiede, tuttavia, i già citati mille metri quadrati. E se pure decidessero di acquistarli alla bisogna, poi dovrebbero farsi carico di realizzare impianti e fognature. Con costi tanto più proibitivi quanto il terreno è lontano dal paese.

E così, da quanto si apprende, la proposta che sarà sottoposta al governo prevede la possibilità, anche per chi non ha il terreno sufficiente, di costruirsi una casetta massimo di 40 metri quadri, magari in giardino, in un pertinenza in prossimità dell’abitazione inagibile.

Con l’impegno sottoscritto di rimuoverla dopo 4 anni, rinnovabili eventualmente di altri 4, e comunque non appena l’abitazione sarà ricostruita.

Soprattutto chi la realizzerà dovrà soddisfare al Comune una condizione a cui i sindaci tengono moltissimo: l’obbligo di stipulare una polizza fidejussoria con compagnia assicurativa o banca a favore del Comune per lo smantellamento del fabbricato che coprirà preventivamente le spese della rimozione bonifica del sito, se a farle non sarà il richiedente.

Tutte accortezze che, nel post-terremoto aquilano, non sono state adottate, dando così la stura alla proliferazione selvaggia di casette fai da te.

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