DON CESARE CARDOZO, INCARDINATO NELL'AQUILANO, MA DI ORIGINI VENEZUELANE, E' TORNATO DALLA SUA TERRA IN GINOCCHIO: ''NON CI SONO CIBO E MEDICINE, SI MUORE PER MOTIVI BANALI. GUAIDO' E' LA NOSTRA SPERANZA''

VENEZUELA: ”LA MIA GENTE E’ STREMATA”, IL DRAMMATICO RACCONTO DI UN PARROCO

di Loredana Lombardo

10 Febbraio 2019 08:52

L'Aquila - Cronaca

L’AQUILA – “La situazione in Venezuela non è solo difficile, ma ai limiti della disperazione; la gente muore per delle banalità, non si trova cibo, la sera c’è il coprifuoco e l’autoproclamazione di Juan Guaidò per il mio popolo rappresenta la speranza in futuro in cui a fare da padrone sia solo la democrazia”.

Queste parole cariche di angoscia per i suoi cari lontani, sono di don Cesare Cardozo, parroco di origini venezuelane incardinato nell’Aquilano dal 1999.

È rientrato da poco, dopo un mese trascorso con la sua famiglia in Venezuela, dove ha lasciato il cuore, soprattutto in un contesto come quello attuale, con il pensiero costante alla mamma e ai fratelli che vivono  nello stato di Zulia, quasi al confine con la Colombia.

Lui qui è al sicuro, vive in Italia dal 1993, dove ha compiuto il percorso di fede all’Università Lateranense di Roma e all’Urbaniana prima di essere incardinato nella parrocchia di Monticchio e Onna, dove è molto amato dai parrocchiani

Intervistato da AbruzzoWeb al suo rientro in città, don Cesare è molto preoccupato per ciò che ha visto in questo mese di permanenza.

“il mio popolo è esasperato, raccontarlo viene difficile ma soprattutto può sembrare anche incomprensibile. Tv e giornali lì sono  praticamente sotto censura, vogliono far passare il messaggio che va tutto bene e invece non c’è nulla che sia per il suo verso, per capire quelle dinamiche ti ci devi trovare, altrimenti rischi anche di non essere creduto!”.

Don Cardozo si è trovato in Venezuela proprio nei giorni caldi dell’ultimo golpe: un paio di settimane fa è scoppiato il caos: il leader dell’opposizione Juan Guaidò da sempre in aperto contrasto con il presidente ufficiale Nicolas Maduro si è autoproclamato presidente a Caracas, con l’appoggio della popolazione e il riconoscimento del presidente Usa Donald Trump e di 19 Stati dell’Ue.





L’Italia non è tra questi nonostante un deciso intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha richiamato agli ideali della democrazia.

E don Cesare è d’accordo con la posizione assunta dal presidente, “ha detto bene, non bisogna esitare sulla democrazia. E Guadò in questo momento rappresenta proprio questa speranza, la libertà, il bene per tutti, come auspicava anche Paolo VI, ma soprattutto il mio popolo vuole la tranquillità, cosa che con Maduro è impensabile da tanti anni, approfittando del fatto che ha il potere da molto tempo, praticamente fa come vuole!”.

“Ho girato per strada e ho visto tanti visi disperati, manca tutto, non c’è niente, ciò che è rimasto è in mano ai militari, che si fanno chiamare funzionari, gli unici rimasti fedeli a Maduro e che fanno praticamente il bello e il cattivo tempo sulle pelle della povera gente”.

Una mancanza di beni di prima necessità che sta portando a tassi di mortalità altissimi, pare mai visti negli ultimi decenni; “in ospedale non hanno alcool e garze per suturare le ferite, se le hai te le devi portare con te, altrimenti i medici non possono fare nulla. Con uno stipendio medio si riesce ad acquistare poca roba, un pacco di farina, un pezzo di pane, che devono bastare per tutto il mese” spiega don Cesare.

“La cosa preoccupante in questi ultimi giorni è anche lo spargimento di sangue – ha detto Guaidò in queste ore in un comunicato – abbiamo milioni di persone in strada in tutti gli Stati del Venezuela  e i gruppi collettivi armati hanno ucciso a sangue freddo e senza pietà tanti giovani, la cui unica colpa è di aver fatto sentire la propria voce in nome della democrazia”.

“I miei genitori  – spiega ancora don Cesare – per cercare qualcosa da comprare per mangiare devono arrivare fino in Colombia, chi può va in Brasile. Da noi non si trova più niente nemmeno nei negozi, non fanno entrare gli aiuti umanitari, ogni tanto gira sotto banco qualche scatoletta di cibo di pessima qualità e in quantità ridicole”.

A questo si aggiunge uno stato di paura e insicurezza, “la sera c’è il coprifuoco, in alcune zone non è proprio indicato passare, né a piedi né in macchina. È finita la benzina e quando arriva si formano file chilometriche ai distributori, poi arrivano i militari, minacciano e si prendono quello che trovano”.

“La gente è scesa in strada e la tv di Stato ha fatto finta di niente. Sapete come funziona da noi? Nel momento in cui il popolo comincia a protestare il presidente si mette in catena nazionale come diciamo noi per non far vedere niente”.





“Sono rimasto sorpreso perché la protesta è stata comunque pacifica e moderata, a cui hanno partecipato una marea di gente pensavo che il mio popolo potesse essere impaurito e invece comincia a farsi sentire”.

E dalla parte di Maduro sembrano essere rimasti solo i militari, “certo a loro conviene, appoggiano questo regime consolidato perché ne traggono benefici, hanno da mangiare, hanno i vestiti, e poi ci sono milioni di persone che forse riescono a fare a malapena un pasto al giorno”.

“Guaidò ha tolto il paraocchi a tutto il mondo, ora speriamo che possano esserci finalmente elezioni libere e che magari anche il Papa possa venire a fare una visita presto in nome della pace, della libertà. I venezuelani sono un popolo molto cattolico, devoto, di grande tradizione religiosa”, conclude.

Nei giorni scorsi Maduro ha richiesto una mediazione del Pontefice, proprio mentre era a Panama per la Giornata mondiale della Gioventù (23-28 gennaio), tra l’altro in presenza di molti ragazzi e figure ecclesiastiche venezuelani, è stato chiamato in causa per questa vicenda politico-diplomatica.

“La gente vuole sentire il suo appoggio, il suo aiuto e il suo consiglio”, gli era stato comunicato.

Nel Paese centroamericano il Pontefice ha chiesto una soluzione giusta e pacifica, “nel rispetto dei diritti umani di tutti”.

In molti si erano chiesti però che cosa significassero concretamente queste parole così prudenti, e se per Bergoglio la soluzione passasse attraverso il riconoscimento di Juan Guaidó. Tutto ciò mentre la Chiesa locale venezuelana era in campo con vescovi e preti per le strade a manifestare contro Maduro.

Il Papa ha spiegato che “appoggia in questo momento tutto il popolo del Venezuela perché sta soffrendo. Devo essere… non mi piace la parola equilibrato, voglio essere pastore e se c’è bisogno di un aiuto, che di comune accordo lo chiedano”.

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