BORGOGNONE E LA GENERAZIONE ERASMUS, ECCO LA CRITICA AI ”CORTIGIANI DEL CAPITALE”

di Roberto Santilli

7 Gennaio 2018 10:00

Italia -

L'AQUILA – L'ultimo libro del giovane intellettuale Paolo Borgognone, classe 1981, si intitola Generazione Erasmus. I cortigiani della società del capitale e la «guerra di classe» del XXI secolo (Oaks Editrice).

Un 'tomo' di analisi, ricostruzioni storiche e di accuse nei confronti di quelli che l'autore, laureato in Storia a Torino ma “di fatto autodidatta per colpa del 'clero accademico' che non permette pensieri autonomi”, definisce i “risultati del modo di produzione post-moderno, cresciuti a pane e globalismo, in teoria contro la precarietà economica e lavorativa ma in realtà a favore della precarietà esistenziale. La vulgata mainstream che li ha tirati su santifica proprio la precarietà e la flessibilità in ogni sua accezione e declinazione, dalle relazioni interpersonali fino alle relazioni di lavoro”.

Un pensiero concreto distribuito su circa 500 pagine (dopo le circa mille de L'immagine sinistra della globalizzazione. Critica del radicalismo liberale) nelle quali trova spazio anche una feroce accusa nei confronti della sinistra dei movimenti no global, “che io ho ribattezzato alterglobaloista o newglobal”, precisa Borgognone ad AbruzzoWeb.

“E qui mi rifaccio al filosofo, saggista e politologo Costanzo Preve, il quale disse giustamente, io sono d'accordo, che il movimento noglobal è la punta più avanzata del liberalismo culturale. Che poi è quella del cosmopolitismo dei diritti individuali”.

Borgognone poi non dimentica il ruolo avuto dagli “ideologi di riferimento, da Toni Negri in là, tutti post-marxisti dunque già proiettati verso lo slogan della cittadinanza globale che oggi riprende il mondo Erasmus”.

Dunque, il mondo “senza confini, di cui blaterano e si riempiono la bocca a sinistra ma che è perfettamente funzionale agli interessi degli investitori ultracapitalisti. Le barriere – spiega lo studioso – sono un disturbo per chi vuole divertirsi illimitatamente, desiderare, ma poi che cosa desiderare, illimitatamente, ma anche e soprattutto per chi vuole investire. Il modello Amazon, cioè la quintessenza dell'abbattimento di ogni frontiera in ambito etico, culturale, economico”.

“Insomma, si vogliono costruire gioventù completamente omologate in una società che celebra la liberalizzazione dei costumi in ambito sessuale ma che poi, ad esempio, è tremendamente in realtà più sessuofobica e puritana rispetto a quella delle generazioni precedenti”.





Bognognone sottolinea quindi che “liberalizzare non è liberare, ma adattare al liberalismo. Non si tratta di liberazione, bensì di adattamento dei costumi al regime del liberalismo che è l'autogoverno dei ceti ricchi. È ciò che va incontro a quelli che sono i desiderata dei ceti ricchi che vogliono autogovernarsi, in un regime dispotico in cui chi ha di più definisce non solo i ritmi di lavoro, ma anche di vita di chi ha di meno. E chi ha di meno addirittura parteggia per chi ha di più”.

All'autore inoltre non è sfuggito il “fenomeno” Donald Trump, eletto presidente deglo Stati Uniti d'America tra gli strali e lo sbigottimento di chi si professa democratico, compresi alcuni giornalisti, intellettuali ed artisti, tutti stupìti del fatto che il “popolino” non si sia fidato del coro dei presunti migliori contro il successore di Barack Obama.

“Oggi – il pensiero di Borgognone – la separazione totale tra intellettuali, classi politiche e masse popolari, sia politica che antropologica, ha portato queste pseudo élites a odiare quelli che stanno in basso. A questo punto, chiaramente, chi sta in basso affida la propria delega di rappresentanza anche al primo Trump che passa contro questi prepotenti che legittimano il loro essere prepotenti, i loro soprusi, la loro separazione dalla realtà, non solo dalle masse popolari, attraverso una giustificazione 'colta' che è quella del cosmopolitismo. Cioè: voialtri siete una massa razzista xenofoba, sessista, non siete degni, al contrario di noi che siamo i custodi della democrazia. Peccato che la democrazia si sia svuotata di significato e che non abbia nulla a che vedere con il liberalismo”.

“Infatti, la democrazia è il potere politico ed economico costitiuente delle masse popolari povere. La democrazia liberale, invece, è una mistificazione e una contraddizione, è la democrazia della sinistra che chiama guerra umanitaria una spedizione coloniale in Libia, o in Jugoslavia, che amplia, nel nome della delocalizzazione, del mercato globale nei Paesi in cui il lavoro costa due soldi, i meccanismi di sfruttamento dei popoli e di distruzione degli Stati”.

“E qui mi riallaccio alla generazione Erasmus, i cui ragazzi si formano alla ideologia della delocalizzazione culturale per cui si è qualcuno se si è fatto l'Erasmus a Londra. Che però non vuol dire conoscere il mondo,  poiché il mondo si conosce attraverso la storia, la lingua, la cultura dei vari popoli, l'esperienza coloniale, le tradizioni, il percorso appunto dei popoli nel divenire tali”.

D'altra parte, “Mtv trasmette in Russia ciò che trasmette negli Usa, l'hamburger del McDonald's è sempre quello. Cambierà qualche piatto, ma alla fine la zuppa è sempre la stessa nei non-luoghi della crisi globale, della distruzione dell'identità omologata in un'ideologia senza sbocchi che io definisco iperborghese e metropolitana, aperta cioè solo a chi ha i soldi, ma che poi, se la vedi com'è davvero, è la più chiusa del mondo e non ha sbocchi”.

In pratica, la società del “doppio standard: l'ecumenismo buono, che guarda ai quartieri bene di New York e San Francisco, e l'ecumenismo cattivo, quelli di chi interagisce con entità politiche, economiche, culturali non allineatee all'ordine del caos geopolitico e morale mondiale”.





Per l'intellettuale “siamo di fronte a nuove forme di moralismo, che non è finito, visto che è finita la morale tradizionale e bisogna vedere se sia un bene o un male, ma comunque queste nuove forme di moralismo dicono 'bene, se tu ti ispiri ai modelli culturali della mobilità, sei integrato', mentre se invece guardi ad altre forme sei di fatto un 'servo di strutture che vogliono l'autoritarismo', sei servo di Putin e così via”.

“Viviamo – spiega ancora Borgnognone – nella società governata da chi predica un unico modo di pensare, che fa guerre e rivoluzioni colorate per omologare tutto e tutti: unico modo di produrre, unico modo di desiderare. E qui siamo al nocciolo della questione. Non è vero che chi contesta la società aperta è per forme di chiusura localistica, sì, ci sarà anche chi si rifà a certi modelli, ma la contestazione e la messa in discussione dei presupposti della società aperta che guarda invece ai grandi spazi geopolitici e culturali non in orbita di Washington, Bruxelles e degli altri alleati non è assolutamente per le chiusure localistiche, ma è realmente antiglobalista”. 

“E non si può definire un fautore della società chiusa, che è quella che ci viene imposta dalle élites del cosmopolitismo. Che poi è una forma di nomadismo generalizzato per i più poveri e di rendita assoluta per chi è più ricco”.

Attraverso uno sguardo più attento a ciò che sta accadendo nell'Europa della moneta unica e dei Trattati sovranazionali, tra gli allarmi di una sinistra in forte difficoltà sul fronte della difesa del lavoro che per questo si aggrappa ai diritti civili, tra allarmi per i presunti pericoli definiti populisti e rischi di derive nazionaliste, lo studioso afferma che “il nazionalismo può essere buono o cattivo a seconda dei casi, ad esempio potrebbe essere buono in caso di lotta al colonialismo. Esiste però il patriottismo fortemente identitario, volto alla tutela dello Stato-nazione come baluardo per far rispettare i principi dello Stato sociale e del contratto sociale”.

Ed è quindi “importantissimo che si guardi alla tutela e alla salvaguardia delle frontiere dello Stato, che se non ha queste e una moneta viene meno e si trasforma in una mera struttura di governance che in qualche modo deve garantire agli investitori stranieri il loro agire liberamente, rimuovendo gli ostacoli per consentirgli di fare ciò che vogliono sulla pelle delle persone nei territori in cui si insediano”.

In tale contesto, per il giovane astigiano, “la sinistra ha delle responsabilità, ossia delle colpe, enormi”.

In conclusiuone, “la situazione del futuro è imprevedibile per definizione, ma senza dubbio siamo in una fase acuta del conflitto di classe chiaramente negato. “Se accendi la tv siamo la società più pacificata del mondo, ma gli ultimi eventi di politica sia italiana che a livello di Paesi della Ue denotano che masse incoerenti si stanno comunque muovendo e hanno ancora voce in capitolo. Naturalmente, i dispositivi di repressione del dissenso si muoveranno per impedire uno sbocco autenticamente antiglobalista alla crisi in corso”.

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