CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA 2020: IN ABRUZZO E’ DUELLO TRA TERAMO E LANCIANO

di Filippo Tronca

18 Agosto 2017 09:08

Regione - Cronaca

TERAMO – “Il presidente della Regione, Luciano D’Alfonso, mi ha detto che ha risolto il problema della candidatura di Teramo a Capitale italiana della cultura 2020, ma non mi ha spiegato come, e ancora non convoca la riunione decisiva”.

È lo sfogo, a margine dell’ultima seduta di Consiglio regionale prima delle ferie estive, del consigliere del Nuovo centro destra Giorgio D’Ignazio, che si è proposto come paladino della candidatura della sua città, Teramo, a capitale italiana della cultura 2020.

Il problema, tuttavia, è che in Abruzzo ha avanzato la sua candidatura anche Lanciano (Chieti).

D’Ignazio ha dunque evidenziato nel question time che due candidature abruzzesi rappresentano un punto di debolezza e ha chiesto al governatore di adoperarsi per far sì che Lanciano rinunci a correre a vantaggio della sola Teramo, che “paga la ferita profonda del terremoto, e dove le economie vanno risollevate”.

Nel momento del bisogno, questo l’appello accorato di D’Ignazio, “chiediamo di stringersi intorno alla città di Teramo, che deve uscire dal tunnel, chiediamo un occhio di riguardo. E ricordo, a tal proposito, che nelle Marche tutte le altre città candidate si sono ritirate per lasciare spazio alla sola Macerata, anch’essa colpita dagli ultimi eventi sismici”.





La risposta in aula di D’Alfonso ha lasciato molto insoddisfatto D’Ignazio. Il presidente, infatti, da una parte ha convenuto che due candidature sono troppe, ma si è limitato ad annunciare la convocazione di una riunione con i sindaci delle due città, aperta anche ai parlamentari e consiglieri regionali espressione dei rispettivi territori, al fine appunto di dirimere la vicenda.

La riunione, comunque, non è stata ancora convocata e la politica regionale è intanto andata in vacanza.

Il sospetto, per non dire certezza, è che D’Alfonso si trovi in difficoltà nel chiedere un passo indietro a chi perora a buon diritto la candidatura di Lanciano, a cominciare dai consiglieri di maggioranza e opposizione espressione della provincia di Chieti che, però, sulla vicenda finora ancora non hanno detto nulla.

Il tempo, intanto, stringe, perché le 46 città italiane che si sono candidate a fine maggio, rispondendo al bando del ministero dei Beni culturali, entro il 15 settembre prossimo dovranno depositare il dossier con il programma delle attività culturali previste, la struttura incaricata della elaborazione e promozione del progetto, la valutazione di sostenibilità economico finanziaria, gli obiettivi perseguiti e gli indicatori che verranno utilizzati per la misurazione del loro conseguimento.

La scelta sarà fatta da una giuria di sette esperti di chiara fama nei settori cultura, arti e valorizzazione territoriale e turistica, che selezioneranno entro il 15 novembre le dieci città finaliste da invitare a un incontro di presentazione pubblica e approfondimento.

La città Capitale 2020 verrà infine scelta sulla base dei risultati di questi colloqui entro il 31 gennaio 2018.





Inutile dire che la qualifica di Capitale italiana della cultura garantirà finanziamenti ad hoc e un buon ritorno di immagine, anche se non ai livelli di quelli che saranno riservati alla Capitale europea della cultura, che nel 2019 sarà Matera, che ha sbaragliato tutte le concorrenti, tra cui L’Aquila.

E così nell’incertezza sia Teramo che Lanciano stanno lavorando al dossier. Quello di Teramo è a cura della Fondazione Tercas, e il presidente del comitato è il professor Mario Nuzzo.

Una cosa è però certa: non basterà a Teramo presentarsi come città “terremotata e bisognosa di aiuto”. La candidatura bocciata dell’Aquila, in tal senso, insegna.

Il bando parla chiaro, serve un progetto culurale credibile: a fare punteggio saranno “l’efficacia del progetto come azione culturale diretta al rafforzamento della coesione e dell’inclusione sociale, l’innovatività e capacità delle soluzioni proposte di fare uso di nuove tecnologie, la capacità del progetto di incrementare il settore turistico, la realizzazione di opere e infrastrutture di pubblica utilità destinate a permanere sul territorio a servizio della collettività”. Bisognerà dare la garazia della partecipazione di capitali privati al progetto.

Basta, infine, scorrere l’elenco delle città candidate e per avere contezza del fatto che la competizione sarà durissima: ad affilare le armi ci sono infatti città come Asti, Casale Monferrato, Treviso, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Montepulciano, la citata Macerata, Foligno, Tivoli, Benevento, Salerno, Alberobello, Altamura, Agrigento, Noto, Ragusa e Siracusa.

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