CARISPAQ: NUOVA VITA DEL DIRETTORE DI GIOVANNI ”CHE RICORDI! LASCIO LA BANCA MA NON IL LAVORO”

di Erminio Cavalli

31 Gennaio 2013 08:30

L'Aquila -

L’AQUILA – Dopo quarant’anni di esperienza tra i vertici della Cassa di risparmio della provincia dell’Aquila, il direttore commerciale e delle relazioni esterne Alfredo Di Giovanni ha lasciato ieri la sua prestigiosa scrivania.

Una vita fatta di impegni, responsabilità, di scelte spesso difficili e delicate, ma soprattutto una carriera colma di passione e dedizione, che AbruzzoWeb ha voluto rivivere con lui in occasione del suo primo giorno di quella che sarà la sua nuova vita.

E salutarlo, portargli gli auguri, con il ‘pretesto’ di una piacevole ‘chiacchierata’.

Quando ha iniziato a lavorare in Carispaq?

Era il 1974. Ero stato segretario confederale della Cisl. Entrato in banca, cominciai a fare i primi contratti bancari proprio quando ci fu la prima grande crisi. Fui direttore di due filiali, quelle dell’Aquila e di Celano. Poi fui richiamato nel capoluogo abruzzese, alla centrale, come direttore generale e in relazioni esterne nel 1992.

Quali sono stati i momenti più importanti della Cassa di Risparmio nel corso del tempo?

La svolta significativa ci fu nel 2000. Prima eravamo una banca territoriale con tutti i pregi e difetti che comportava. La Carispaq doveva essere presente nel territorio, doveva farcela solo con le proprie forze. Nello stesso anno poi entrò il direttore Rinaldo Tordera e per la prima volta cominciammo insieme. Ci fu l’apertura della Sala delle assemblee alla città: una tappa fondamentale. Facemmo così attività culturali ed eravamo vicini alle maggiori presenze ‘intellettuali’ della nostra città: il Teatro stabile, i Solisti Aquilani, l’Uovo, tanto per fare qualche esempio. Penso che per queste istituzioni cittadini abbiamo fatto davvero molto. Qualcuno polemizzò con questi nostri sostegni, affermando che concedevamo aiuti a pioggia. Ma la nostra azione fu essenziale, capillare, specie nei piccoli paesi.  Eravamo arrivati a 190 tesorerie. La nostra presenza nel territorio si faceva sentire. Eravamo vicino ai Comuni.





Un impegno dunque sociale e soprattutto culturale?

Proprio così. Basti ricordare l’istituzione del Premio letterario Laudomia Bonanni. Siamo riusciti a portare all’Aquila grandi nomi, premi Nobel. Ma la Carispaq è stata anche vicina all’artigianato, all’associazione di categoria, al pensionato.

E poi cos’è accaduto?

Una crisi economica spaventosa, che ha inciso ovviamente sull’erogazione del credito. Vorrei ricordare che la Carispaq è stata la prima banca che ha avuto rapporti concreti con le associazioni di categoria. Il terremoto del 2009 ha poi stravolto tutto, ha creato una situazione difficile, particolare. Ma anche in quel caso non ci siamo tirati indietro, per aiutare famiglie che avevano bisogno, con prestiti a tassi agevolati a 30 milioni di euro.

Com’è stato il suo rapporto con i colleghi?

La fiducia nei colleghi è ancora oggi come allora senza limiti. Lo scandalo che ha recentemente coinvolto la Carispaq non ha cambiato questo senso di fiducia tra noi. È stata l’informazione, l’immagine, il nostro vero nemico: ci hanno ferito, massacrato. Devo dire, però, che il nuovo direttore per fortuna ha portato un po’ di serenità, che in parte avevamo perso.

Come ha vissuto personalmente l’esperienza del terremoto?





Il terremoto ci ha distrutto la vita. Ho perso un nipote e… (stenta commosso a parlare, ndr) perdere un nipote di vent’anni è una ferita che non potrà rimarginarsi mai. Molti vengono in questa città, nessuno capisce fino in fondo quello che c’è realmente successo. Spero davvero che la giustizia venga recuperata solo dall’azione della magistratura.

Chi era suo nipote?

Lorenzo Sebastiani, detto Ciccio dagli amici, aveva 19 anni. Aveva davanti a sé la vita, sportiva (promessa dell’Aquila Rugby, ndr) e umana di fronte. Era figlio di mia sorella: un dolcissimo gigante, amato dai ragazzi della sua età, altruista. Era andato a tenere compagnia a degli amici universitari. Ed è per questo motivo che se n’è andato via.

Ma adesso direttore, cosa farà? Non andrà mica davvero in pensione?

Lascio la banca ma non il lavoro. Cambio completamente vita. Starò vicino a una struttura che ho messo in piedi con la mia famiglia, una struttura agricola di ricezione, che già sta dando i suoi primi frutti. Vorrei che servisse per fare qualche cosa nel sociale. Mi spiace in verità molto lasciare la mia banca. È stata un’esperienza umana e professionale senza paragoni. Ricordo l’entusiasmo che ci fu con la riapertura dopo il terremoto. C’era un senso di amore, di passione per il lavoro… Forse una solidarietà che col tempo si è persa.

Che fine farà la Carispaq?

La Carispaq rimane con un comitato. Col tempo verrà inglobata nella Banca popolare dell’Emilia Romagna. Ma i suoi presìdi ci saranno sempre, specie sul versante del credito. E soprattutto continuerà a essere vicina alla cultura. A questa città che non può essere lasciata sola.

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