CRUDELE: POETA DI MONTAGNA, ”’DECLAMO MIEI VERSI OVUNQUE”

di Elisa Marulli

22 Luglio 2012 11:58

L'Aquila -

L’AQUILA – “Dentro di me c’era una rondine imbrigliata dalla timidezza e dai pregiudizi della gente. Poi l’ho slegata e ora vola libera nel cielo”.

Cantore del Gran Sasso, scultore della natura, per Filippo Crudele la poesia è una rondine, è il “pane dell’anima”. A quasi ogni domanda risponde con un verso, un piccolo componimento.

Per lui, aquilano di 64 anni, la poesia è tutto. L’ha scoperta da anni e una volta librata in aria, questa rondine ha iniziato a volare alta nel cielo, senza mai fermarsi. Tanto che i suoi versi li declama ovunque.

“Le recitavo sotto i portici, per i miei amici. Le recito anche in montagna, per gente che non conosco e incontro durante le mie passeggiate”, spiega Crudele, appassionato anche di fotografia e di sculture che realizza con il legno e la pietra.

Montagna e poesia, due passioni per lui strettamente legate, perché l’una ispira l’altra, che la completa, cogliendone il senso più profondo.

Com’è nata questa passione per l’arte poetica?

Ho scritto la mia prima poesia nell’ottobre del 2000. S’intitola Il mio zaino. Uno zaino in cui mettevo i miei sentimenti, non il panino. La recitai per il Cai, che la pubblicò nel suo calendario. Dico sempre che non l’ho cercata io, ma è la poesia che è venuta a cercare me.





È la montagna a ispirare principalmente i suoi versi?

Qual è il poeta che non sia ispirato dalla natura?! La natura è tutto, e tutto è poesia. L’ispirazione nasce da ciò che mi colpisce maggiormente, in maniera positiva o negativa. Molti mi domandano se scrivo d’amore, o di amicizia. Nessuno mi chiede se ho scritto della libertà.

Tutto è mosso dalla libertà, che è come una rondine dentro di noi. La montagna è comunque una passione che ho fin da ragazzo. Sono infatti nato a Marana di Montereale, tra i monti. Spesso scrivo quando sono in montagna, altre volte quando sono in auto.

Nella vita di tutti i giorni lei è un impiegato dell’Ater e un padre di famiglia. Quando ha deciso di dedicarsi alla poesia, e di iniziare a declamare i suoi versi ovunque, quali difficoltà ha dovuto affrontare?

Ho dovuto superare i pregiudizi, la gente che mi derideva. Se avessi dato retta a queste persone, non avrei più scritto nulla. Ma la gioia che ho dentro di me nell’esprimermi attraverso la poesia è più forte dell’imbecillità altrui. Ho scoperto la bellezza, sentivo vere e proprie scosse elettriche dentro di me che erano l’ispirazione. E non mi sono più fermato.

Sul lavoro i colleghi inizialmente mi prendevano in giro. Mia moglie mi “frena” sempre, mentre mio figlio più grande una volta si è commosso leggendo una poesia che avevo scritto per lui. In quel momento ho capito che dovevo continuare a scrivere.

Parliamo del 6 aprile 2009. Il terremoto è entrato nelle sue poesie?

Ho scritto tantissimo sul sisma. Con le parole si può raccontare molto di più rispetto a quanto si possa fare attraverso una fotografia. Io non ho avuto lutti, credo che il vero terremoto sia di chi ha perso un familiare quella notte. Una cosa mi fa molta rabbia. I turisti che vengono a fotografare le macerie, o la Casa dello studente. Da aquilano mi sento offeso.





Lei è noto per le declamazioni pubbliche delle sue poesie. Luoghi e momenti sono pensati o improvvisati?

Non ci sono luoghi prediletti. Speso durante le mie passeggiate in montagna, incontro persone sconosciute e recito loro le mie poesie. Un modo per far conoscere la montagna in maniera diversa. Ci sono persone che camminano sui monti seguendo percorsi ma senza osservare i dettagli. Con le mie poesie io descrivo fiori, sassi, una cascata o la brina.

Qualche sua poesia è scritta in dialetto aquilano. Come mai questa scelta?

Ju dialettu
è latte de mamma,
poppate calle,
tènere carezze
e sculacciate,
note musicali,
parole saporite
e colorate
della terra te!
È l’identità,
che non te po’
scorda’.

Il dialetto è stata una piacevolissima scoperta, è la prima forma d’identità.

Con quali versi vuole chiudere questa intervista?

Con quelli che descrivono cos’è per me la poesia.

Con la poesia non decori pareti,
né arredi una casa,
né puoi coltivarla come un fiore.
Pane dell’anima.

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