NEO LAUREATO ALLA 'D'ANNUNZIO', FIGLIO DI OPERAIO SEVEL, DEDICA RISULTATO ALLA FAMIGLIA; CHIAMATO A STOCCOLMA, ''IN ITALIA NON CI SONO CONDIZIONI''

DALLO SPAZIO ALLA MEDICINA: 26ENNE DI CHIETI APRE LA STRADA A VACCINO CONTRO IL CANCRO

di Alessia Centi Pizzutilli

22 Luglio 2018 09:00

Chieti -

CHIETI – Da piccolo sognava di fare l’astronauta o l’archeologo, ma la grande passione per la scienza lo ha portato ad intraprendere un percorso nella ricerca medica e a 26 anni, non ancora compiuti, a scoprire un virus all’interno dei tumori che apre la strada a un possibile vaccino.

Una svolta che potrebbe rivelarsi epocale per il mondo scientifico e che porta la firma di un giovane di Chieti, Mattia Russel Pantalone, 26 anni il èprossimo 27 luglio, figlio di un operaio della Sevel di Atessa (Chieti), che con la sua tesi di laurea da 110 e lode, discussa la scorsa settimana all'Università “D'Annunzio” di Chieti, ha rivoluzionato la ricerca sul cancro.

“Ci vorranno ancora molto tempo e studi più approfonditi – spiega Pantalone – ma aver trovato un virus all’interno del paraganglioma, un tumore del sistema nervoso autonomo, che attualmente non ha alcuna cura. Sicuramente si tratta di un passo importante, perché getta le basi per un possibile vaccino”.

Nell’intervista ad AbruzzoWeb, il giovane di Chieti ricorda ogni passaggio di questo percorso di successo, partendo da quando era bambino, meravigliandosi della risonanza che ha avuto la notizia a livello regionale e nazionale.

In attesa di ripartire per Stoccolma, per un dottorato di ricerca. Da vero “cervello in fuga” dall'Italia.

“Spesso queste cose passano in sordina – dice – la scienza non ha la stessa visibilità dello sport o della cronaca nuda e cruda, per questo mi ha fatto davvero molto piacere vedere l’interesse verso una ricerca medica”.

Soddisfatti e molto orgogliosi mamma Maria Luisa Rulli, papà Ernesto e sua sorella, Aurora Giulia.





“I miei familiari sono stati felicissimi sia per la laurea, sia perché mi hanno visto impegnato e hanno capito quanto ci tenevo ai miei studi – prosegue – mi hanno sempre appoggiato e sostenuto, facendo molti sacrifici ed è a loro che dedico questo risultato”.

L’amore per la ricerca, per Pantalone, però, è nato solo in età adulta.

“Mi piaceva tantissimo l’archeologia, ma avrei voluto fare anche l’astronauta, non avrei mai immaginato di fare il ricercatore – ricorda – ma con gli anni ho sviluppato l’interesse per la scienza e per lo studio metodico delle cose, anche grazie agli studi classici che ho fatto al Liceo ‘G. B. Vico’ della mia città. Quando ero all’ultimo anno mi sono chiesto, come poiter combinare le scienze con la parte umanistica. E ho capito che l’unica strada possibile era la Medicina, così mi sono iscritto all’Università”. 

A seguirlo in questo percorso è stato il relatore della sua tesi, il professor Renato Mariani Costantini, componente dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro.

“Ho iniziato ad avvicinarmi a questo studio al secondo anno di Medicina e ho capito subito importanza di questa ricerca sul paraganglioma, che è un tumore per il quale la radioterapia e la chemioterapia risultano, nella maggior parte dei casi, insufficienti; anzi, se il tumore è di natura benigna, la radioterapia può anche portare ad un ingrandimento del cancro stesso, come abbiamo avuto modo di verificare in più occasioni”, sottolinea il giovane. 

Dunque, la scoperta di un agente patogeno che causa lo sviluppo del tumore apre la strada a nuove possibilità di prevenzione e alla sperimentazione di nuove cure.

“In particolare abbiamo analizzato dei campioni presi direttamente in sala operatoria a Piacenza dal professor Mario Sanna, che opera in un Centro specializzato di alto livello, basti pensare che sono pochissime le strutture in grado di fare questo tipo di operazione in tutt’Europa. Abbiamo operato pazienti da Israele, dalla Norvegia, dalla Romania, insomma da ogni parte del mondo – spiega Russel Pantalone – Una delle prime analisi che abbiamo fatto è quella della microscopia elettronica, che ci ha permesso di notare delle piccole vescicole virali all’interno dei tumori, un elemento inedito che nessuno aveva mai notato”.





“Questo virus può giocare una parte importante nella terapia, perché ad oggi i tumori sono considerati per lo più legati a malattie genetiche, tuttavia si è visto che la sola genetica non è in grado di spiegare tutti i casi. Per esempio non ci sono le stesse mutazioni in un identica tipologia di tumore, mentre nel nostro studio c’è un minimo comun denominatore, appunto la presenza di un virus”, spiega ancora.

A quel punto, grazie a un lavoro di equipe, in collaborazione con l'istituto “Karolinska” di Stoccolma, il 26enne ha iniziato a studiare il miglior modo per debellare il virus, incontrando non poche difficoltà: “Una delle criticità tecniche è quella di riuscire a trovare il codice genetico, le proteine del virus, a capire che effetto ha sul tumore, insomma una serie di ostacoli che dovranno essere superati per poter trovare una cura”.

Ed è proprio nella capitale svedese che il giovane di Chieti ha svolto una parte della sua ricerca già nel 2016 e dove tornerà per il dottorato.

“Sebbene la chemioterapia e la radioterapia negli ultimi decenni abbiano fatti passi avanti e siano considerati dei benefici nel settore dell’Oncologia, non possono essere considerate delle cure ad hoc, o meglio non sempre, per combattere il tumore. Un gap da colmare, insomma, è quello di riuscire ad identificare dei ‘bersagli’ da colpire. È proprio per questo che la ricerca che stiamo portando avanti assume una valenza scientifica rilevante, se noi riuscissimo a trovare un vaccino per quel virus, potremmo prevenirne la comparsa e di conseguenza la genesi di un cancro – precisa – Ovviamente ci vorranno anni prima di avere un eventuale vaccino, ma almeno la possibilità c’è e in particolare per quelle famiglie che hanno una predisposizione maggiore a sviluppare questo tipo di tumore, perché hanno delle mutazioni particolari”.

Pantalone, ripartito nel 2017 alla volta della Svezia, sarebbe dovuto tornare a novembre, ma “dato che il protocollo messo a punto per la sequenza di questo virus ha avuto successo sono dovuto restare fino a gennaio per terminare il lavoro, motivo per cui ho ritardato anche la mia laurea, ma ne è valsa la pena”, racconta.

A breve, dunque, il nome del 26enne verrà scritto ufficialmente nella lunga lista della “fuga dei cervelli”dall’Italia, una “scelta obbligata”.

“Le persone competenti ci sono, ma c'è una serie di fattori che purtroppo influenzano le scelte: a Stoccolma c’è un contesto internazionale che nel nostro Paese ancora manca, per esempio nel team di cui faccio parte ci sono persone da tutto il mondo. E poi c’è l’aspetto economico, che è fondamentale sia sul piano di fondi destinati alla ricerca, sia per i compensi che sono nettamente differenti – conclude amareggiato – Poi, essendomi classificato primo al The Clinician-Scientist Training Program (Cstp), programma speciale dedicato agli studenti di medicina, il mio stipendio verrà finanziato interamente dall’Istituto, non dal datore e questo incentiva diverse realtà ad offrire un posto.  Non escludo di tornare un giorno, ma solo se ci saranno le condizioni giuste”.

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