LUNGO APPLAUSO IN MEMORIA DELLE VITTIME, INTERVENTI DEI PARLAMENTARI ABRUZZESI PEZZOPANE( PD), D'ERAMO(LEGA), MARTINO (FI) E CORNELI (M5S)

DECENNALE TERREMOTO: MINUTO DI SILENZIO ALLA CAMERA, ”RICORDARE E RICOSTRUIRE”

9 Aprile 2019 19:54

L'Aquila -

L'AQUILA – “Rinnoviamo oggi il nostro profondo cordoglio e la nostra solidarietà alle famiglie delle 309 vittime, a tutti i cittadini abruzzesi che hanno sofferto, e ancora soffrono per le conseguenze dei crolli e delle distruzioni. Ci vuole grande rispetto per questo dolore e il rispetto delle istituzioni che lo concretizzano lavorando sulla prevenzione e proseguendo sulla ricostruzione, faticosa, difficile, che restitutisca spazi vivibili all'anima di quella bellissima città che è L'Aquila. Si è fatto tanto, tanto bisogna fare ancora”.

Queste le parole di Ettore Rosato (Pd), vicepresidente della Camera, prima del minuto di silenzio osservato oggi dai deputati a Montecitorio in memoria delle vittime del terremoto dell'Aquila, di cui quest'anno ricorre il decennale.

Un lungo applauso ha preceduto poi gli interventi dei parlamentari abruzzesi, i  due aquilani Stefania Pezzopane (Pd) e Luigi D'Eramo (Lega), Antonio Martino (Forza Italia) e Valentina Corneli (M5S).

Interventi commossi e partecipati, durante i quali Pezzopane ha ribadito la necessità di “approvare una legge, il Partito democratico l'ha presentata, con misure per le famiglie delle vittime del terremoto dell'Aquila e di Amatrice”. D'Eramo si è soffermato sull'impellenza della ricostruzione degli edifici pubblici, sottolinenando come “dovremmo riflettere e iniziare ad ipotizzare una delega agli appalti pubblici per garantire una ricostruzione certa e immediata per gli edifici del capoluogo di regione”.

Di lavoro ha poi parlato Martino, precisando come “è nostra responsabilità oggi dotare questo territorio di strumenti adeguati per stimolare l'economia di una terra piena di cultura, di natura e di bellezza”. Per Valentina Corneli è importante “ripartire dalla cultura per riportare il senso di comunità all'Aquila”.

STEFANIA PEZZOPANE: “CHIEDIAMO SCUSA ALLE VITTIME, NON DOVEVANO MORIRE COSI'”

“I nomi scanditi alle 3.32, mentre la campana suona a morto, scuotono sempre un pianto dirotto. Ma non è sempre un pianto di dolore. Nella mia città si piange anche per la vita che abbiamo faticosamente riconquistato. Sembra assurdo ma 10 anni fa, quando tutto accadde, pensai fosse finita. Pensai che la mia città, la nostra storia fossero ormai sepolti per sempre”.





“Quando penso a quei pochi secondi e a quel rumore, alla mia casa in cui tutto cadeva, mi scorre ancora il brivido di gelo. Fu allora, però – aggiunge Pezzopane -, alle 3.32, che tutto cambiò. Fu allora, però, che alle 3.32, 309 vite furono spezzate per sempre. Ero presidente della Provincia, tra le macerie di Onna assistevo al dramma del recupero di corpi di persone che amavo. Nulla ci è stato risparmiato, nemmeno quei maledetti sciacalli che intercettati si fregano le mani con la sola idea di fare affari sul terremoto. Perché 'un terremoto, mica fa tutti i giorni!' E allora bisogna correre all'Aquila a fare, appunto, gli sciacalli”.

“Sempre tosti però noi aquilani, con le bandiere neroverdi, nero del lutto e verde della speranza, a combattare la nostra battaglia. Ma il mio pensiero fisso è sempre lì, ai volti dei 309 angeli che non vedremo più. Alessandra sarebbe davvero diventata una grande cantante come meritava? E Susanna, avrebbe  fatto davvero la musicista? E quella piccina che doveva nascere proprio quel giorno? Era tutto pronto nella valigia della mamma, c'era il camicino, il fiocco rosa, la prima tutina. Ma quella bimba non è nata”.

“Ricordiamoli allora. Ricordiamoli tutti insieme con umiltà e umanità e chiediamo scusa a quelle persone: non dovevano morire così. E magari approviamo una legge, il Partito democratico l'ha presentata, con misure per le famiglie delle vittime del terremoto dell'Aquila e di Amatrice. Perché il miglior ricordo, la migliore nostalgia, è quella di fare. Fare qualcosa per loro, per noi, per L'Aquila nuova”, conclude Pezzopane.

LUIGI D'ERAMO: “RICOSTRUIRE EDIFICI PUBBLICI PER LA VITA ECONOMICA E QUOTIDIANA”

“Sono passati 10 anni dal 6 aprile 2009 eppure sembra ieri. La più grande tragedia degli ultimi anni che ha colpito drammaticamente il capoluogo di Regione e i 45 comuni del comprensorio. Sembra ieri: il rumore infinito, gli occhi rossi a causa dei calcinacci, pietre e travi ovunque, la disperazione, la puzza di gas, le urla dei sopravvissuti sotto tonnellate di macerie, la notte buia, il suono incessante delle sirene, i primi soccorritori anch'essi terremotati, con le divise piene di polvere”.

“Tutto questo fu quella notte dove 309 persone persero la vita. Oggi – aggiunge D'Eramo – li ricordiamo qui alla Camera ed è una cosa giusta ed onorevole. Ma il nostro sforzo deve essere ancora quello delle prime ore, perché L'Aquila merita di essere ricostruita nella sua interezza per onorare la sua storia, le sue bellezze, ma soprattutto va ricostruita definitivamente per onorare il sacrificio dei 309 morti. Lo dobbiamo a noi stessi e lo dobbiamo alla credibilità della Nazione”.

“Ad oggi ci sono ancora 2.900 nuclei familiari che vivono nei Progetti C.A.S.E. e Map, per un totale di 7 mila persone, e circa 250 sono gli edifici pubblici che devono ancora essere ricostruiti, e voi sapete quanto sia importante per una città capoluogo ricostruire gli edifici pubblici da dove riparte la vita economica e quotidiana di una intera città. Anche per questo dovremmo riflettere e iniziare ad ipotizzare una delega agli appalti pubblici per garantire una ricostruzione certa e immediata per gli edifici del capoluogo di regione”, conclude D'Eramo.

ANTONIO MARTINO: “IL RICORDO NON BASTA, SERVE CREARE LAVORO”





“Oggi è importante più che mai, a 10 anni dalla tragedia dell'Aquila, essere vicini ai tanti abruzzesi che la notte del 6 aprile 2009 hanno vissuto un incubo che in pochi secondi ha cambiato la loro vita per sempre. Ma il ricordo non basta, bisogna capire cosa serve ancora per consegnare alla storia quel giorno e ripartire. Tante cose sono state fatte”.

“La ricostruzione è ripartita, specialmente da parte dei privati, nettamente più avanti rispetto alla ricostruzione pubblica che rimane ancora purtroppo al palo. I mattoni si sono mossi ma oggi – aggiunge Martino – l'emergenza di una città che tornerà più bella di prima è il lavoro che manca e sembra essere rimasto sepolto dalle macerie. Con il lavoro si acquisisce dignità, con il lavoro si guarda al futuro. E' nostra responsabilità oggi dotare questo territorio di strumenti adeguati per stimolare l'economia di una terra piena di cultura, di natura e di bellezza. E in questi pochi minuti sento da abruzzese, da dirigente di Forza Italia, di ringraziare tre uomini che con il loro lavoro  in quei giorni e nei mesi successivi hanno fatto cose che a distanza di anni, confrontate con altre catastrofi, sono da considerarsi eccezionali”.

“E mi riferisco a Guido Bertolaso, che ha trasformato quel modello di Protezione civile in un modello copiato e studiato e in tutto il modo. A Gianni Letta, che da abruzzese è stato, ed è oggi, ambasciatore dei grandi problemi della nostra terra. Ed infine, ma non per ultimo, al presidente Silvio Berlusconi, che da uomo del fare in quei mesi da presidente del Consiglio dei ministri fece grandi cose, come quella di puntare tutti i riflettori del mondo sull'Aquila, dove decise di far svolgere il G8. Tutto ciò ci rende più che mai oggi orgogliosi della nostra storia. Viva L'Aquila, viva L'Abruzzo, viva l'Italia”, conclude Martino.

VALENTINA CORNELI: “RIPARTIRE DALLA CULTURA PER ACCRESCERE IL SENSO DI COMUNITA'”

 “Intervengo come cittadina d'Abruzzo, prima che come parlamentare. Per molti di noi queste sono celebrazioni rituali, che si svolgono perché fanno parte del protocollo istituzionale ma per un cittadino d'Abruzzo rappresenta molto di più. Sono passati 10 anni da quella notte che ha distrutto L'Aquila, ha distrutti le città circostanti e la vita di tante persone, di tanti ragazzi. Noi cittadini d'Abruzzo ricodriamo bene quella notte. Non ridevamo alle 3.32 nel nostro letto”.

“Ricordiamo i giorni successivi, la corsa alla solidarietà, ma anche quello che è avvenuto dopo, compreso il timore delle prescrizioni. Ricordiamo tutto, perché per noi è stato uno spartiacque. Per noi abruzzesi – aggiunge Corneli – c'è un prima e c'è un dopo. Noi però vogliamo guardare al dopo, vogliamo guardare al futuro perché vogliamo andare avanti. Nonostante tutto L'Aquila è una città che resiste, è una città che esiste, nonostante sia diventata in qualche modo una città invisibile. E questo perché quel poco che è stato ricostruito è privo di vita. Noi vogliamo ridare all'Aquila la vita, perché per chi ha avuto la fortuna di conoscerla prima del terremoto, era non solo una città di una bellezza struggente ma era piena di fermento”.

“Da universitaria ho lasciato lì una piccola parte di me, ma penso che tutti abbiano lasciato all'Aquila l'incanto di uno studente universitario che a quell'età sente di avere una vita davanti e il mondo ai suoi piedi. E' per questo che noi vogliamo ripartire da qui, dalla cultura, vogliamo superare questa fase in cui gli aquilani si sentono delle monadi slegate le une dalle altre. Vogliamo riportare il senso di comunità all'Aquila proprio partendo dalla cultura, attraverso il Mibac, oltre che dalla ricostruzione. L'Aquila deve tornare a volare”, conclude Corneli.

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