MA BUROCRAZIA E VINCOLI FERMANO IL PROGETTO, LA STRUTTURA E' ABBANDONATA

DETTAGLI MORESCHI ED ESOTERICI ALLA VILLA HOTEL DI PINETO CHE ORA VUOLE RINASCERE

di Eleonora Marchini

1 Gennaio 2018 07:56

Teramo - Cronaca

PINETO – Una tela bianca, traforata, che scende in drappi a coprire la facciata di una villa storica: tutt’intorno alla casa, recinzioni, avvisi, cartelli di pericolo e divieto di avvicinarsi e oltrepassare.

È, oggi, la descrizione del malinconico abbandono in cui versa quella che un tempo era chiamata Villa La Giovinezza, a Pineto (Teramo) trasformata in albergo nel dopoguerra e meglio conosciuta come Hotel Garden.

Il tempo scorre, la logora, inumidisce, muffisce, sgretola, nell’attesa che la nuova proprietà dello stabile, il noto industriale locale Renzo Rastelli, patron del gruppo Aran Cucine, riesca a trovare un accordo con Soprintendenza e Comune per attuare l’oneroso progetto di ristrutturazione totale, che unisca le esigenze commerciali con quelle storiche, paesaggistiche e di restauro e conservazione.

Una faccenda non facile: la costruzione, in stile moresco veneziano, risale agli anni Venti del Novecento.

Voluta, disegnata e realizzata dal chirurgo lucano Fabrizio Padula per omaggiare la moglie, Anna Forcella, originaria di Atri (Teramo) e innamorata del mare e della città lagunare, la villa “non ha un vincolo storico ma sull’area insiste comunque un vincolo paesaggistico e gli interventi di restauro e ristrutturazione dovranno tener conto delle ultime normative di sicurezza e dei nuovi standard per le strutture ricettive”, commenta ad AbruzzoWeb Robert Verrocchio, sindaco di Pineto.

Percorrendo la strada statale 16 Nazionale Adriatica, nel tratto che attraversa la cittadina, è impossibile non notare la casa.

È un vero e proprio pezzo di Venezia trasportato a ridosso del mare e della ferrovia, in un tempo in cui gli unici vicini erano i campi di grano e i pini marittimi fatti piantare dal barone Filiani, possidente del luogo: il rosso dei mattoni, le decorazioni, i porticati, le finestre arabeggianti, i dettagli esoterici e i richiami filosofici e massonici di cui la Villa è cosparsa, portano l’impronta del suo ideatore, della sua cultura e del suo interesse per il mondo, misterioso, della conoscenza.

Fino alla fine degli anni Novanta, dunque, la struttura ha funzionato come albergo, l’Hotel Garden, con annessa ‘Taverna’ al piano interrato, così chiamata per lo stile rustico degli arredi, ma in realtà una delle prime discoteche e pub della costa adriatica che riuscì ad animare le serate tra gli anni Settanta e i Novanta sotto la direzione del gestore Sabatino Assogna. E ad ascoltare le testimonianze delle persone del posto, ha contribuito anche a formare molte “coppie” e altrettanti matrimoni.

Perché l’ampio salone e i freschi porticati, e le stanze dai soffitti altissimi siano state trasformate in ristorante e camere per i villeggianti e il giardino e la depandance, costruita nello stesso stile della casa grande, diventati luoghi di relax per turisti da tutta Italia, lo racconta a questo giornale Ettore Pellecchia, nipote di quel Fabrizio Padula, e figlio degli ultimi abitanti della villa.

“La casa fu venduta all’asta, nel primo dopoguerra, perché la Banca nazionale del lavoro, cui si erano rivolti i miei genitori, in accordo con gli altri fratelli di mia madre, comproprietari, per richiedere un mutuo per la riparazione dei danni di guerra, mutuo concesso con interessi altissimi, chiese di rientrare del prestito – spiega – Per disaccordi familiari la cosa non fu possibile e la villa andò all’asta per la cifra di 10 milioni, acquistata da un pescatore del luogo che aveva fatto fortuna in Venezuela e che la comprò insieme ad alcuni soci”.





La signora Anna Forcella, oltre che appassionata di Venezia, era anche artista e acquerellista: volle riportare sotto i porticati, scene di vita lagunare, “ma i nuovi proprietari – racconta ancora Pellecchia – cancellarono quelle raffigurazioni facendo disegnare al loro posto le paranze abruzzesi che ancora oggi si vedono”.

Simboli esoterici e richiami alla cabala, dal numero 3 che ricorre con frequenza (tre sono le sfere che decorano il parapetto del terrazzo in cima alla casa), al Sigillo del Re Salomone “che i tedeschi durante l’occupazione scambiarono per la Stella di Davide mentre sono due simboli utilizzati in modo diverso”, alla ruota universale che rappresenta la costellazione: tutti dettagli che fecero pensare ai soldati del Terzo Reich che quella fosse una casa abitata da ebrei e, quindi, da radere al suolo. 

“Mio padre era tenente dell’esercito, disse ai tedeschi, che andò a incontrare mentre volevano minarla, che, se volevano distruggere la villa, avrebbero dovuto prima uccidere lui – ricorda il nipote di Padula – Strano a dirsi, i tedeschi non lo uccisero, ma si limitarono a bombardare la casa dal mare”.

Una Villa misteriosa, affascinante, da scoprire e riflettere in ogni minimo particolare, forse snaturata nella sua trasformazione in albergo, modificata profondamente negli anni Sessanta con la costruzione di corpi aggiuntivi per ampliarne il numero delle camere e sistemare il personale, arricchita di una piscina nel giardino che affaccia sul mare, e con il porticato laterale chiuso da una vetrata in vetro colorato.

“Mio nonno si sarà girato più volte nella tomba, in tutti questi anni – è il commento, amaro, di Ettore Pellecchia – Era un mecenate, un uomo per cui il denaro non aveva valore, i suoi trattati sulla chirurgia del cranio sono ancora oggi tra i pilastri della medicina. Costruì una villa che era la sua clinica, in tutto e per tutto simile a questa di Pineto, ma a Capodimonte, perché insegnava all’Università di Napoli. Si chiamava Villa Delle Fate. Parlava sette lingue tra cui l’aramaico e il greco antico”.

“Fare della villa un albergo ha significato, a mio parere, stravolgere il suo senso perché era una struttura nata per essere goduta in proprio. Non era una casa normale, ma ricca di messaggi comprensibili solo da chi avesse voluto e potuto capire – precisa – L’esoterismo non parla mai per termini chiari, i simboli sopperiscono alla povertà del linguaggio”.

Sul terrazzo, troneggia imponente una statua della Nike, la Vittoria alata, realizzata dallo stesso Padula, tra le altre cose anche scultore, con la tecnica antica della cera persa, bassorilievi ed epigrafi sono posizionati in ogni angolo.

Un'incisione in bronzo, prima collocata in uno spigolo dell’edificio principale, ora spostata in giardino, riporta i nomi di quanti presero parte alla costruzione della Villa: Giuseppe Santarelli, primo muratore, Giuseppe Coletti cementista, Antonio Coletti secondo muratore, Raffaele Sangiacomo falegname.

I cinque soci che rilevarono la struttura per farne l’Hotel Garden la gestirono fino alla fine degli anni Sessanta, quando la proprietà passò alla famiglia Cerolini: una quota fu mantenuta da Giuseppe Nocella, uno dei proprietari precedenti e parente dei Cerolini.

“Ricordo ogni pietra, ogni mattone, ogni angolo dell’Hotel Garden – racconta ad AbruzzoWeb Carlito Cerolini, uno dei figli – ricordo i turisti che venivano da tutte le parti d’Italia, e i personaggi importanti e i politici da Roma che sono passati di qui e hanno soggiornato in una delle circa 50 camere a disposizione. La Taverna Garden poi ha fatto storia, richiamava gente da Pescara, Silvi, Roseto, tutti i paesi della costa”.





Tutte le intenzioni di andare avanti e mantenere aperta la struttura si sono infrante “per via di nuovi disaccordi all’interno della società – sottolinea Cerolini – che ci hanno portato, nel 1999, a decidere di vendere l’albergo alla famiglia Rastelli. La scelta è stata dettata dal fatto che si è dimostrato intenzionato a voler continuare l’attivita ricettiva, che per noi era la cosa importante”.

Intenzione ribadita dal nuovo proprietario, Renzo Rastelli, a capo del gruppo Aran World con sette stabilimenti produttivi tutti in Abruzzo tra Atri, Silvi e Pineto, nonostante le difficoltà incontrate fino ad oggi nell’avviare il progetto di ristrutturazione.

“C’è la volontà di rinnovare la struttura ricettiva e farla tornare a vivere – conferma – Sono in costante contatto con le istituzioni perché il mio intento, nell’acquistare questa struttura, è sempre stato quello di farla tornare al suo vecchio splendore, dato l’amore che ho per la mia terra”.

A proposito dei costi da sostenere, Rastelli resta sul vago ma parla di “un investimento molto oneroso. C’è un vincolo paesaggistico sull’area, sono in attesa di una risposta da parte della Soprintendenza e poi potremo attivarci assieme al Comune di Pineto – svela – con cui siamo in continuo rapporto”.

A suo dire, “vivere il territorio è soprattutto proteggerlo, e questo posso farlo anche attraverso le mie attività imprenditoriali. Sento fortemente il senso di responsabilità sociale nei confronti della mia terra”.

Qualche dettaglio ulteriore circa i possibili sviluppi e l’iter che la vicenda Hotel Garden sta seguendo, viene proprio dal sindaco di Pineto, Robert Verrocchio. “Abbiamo avuto molti incontri con la proprietà, un lavoro sinergico per aiutarlo ad arrivare a un progetto da rendere poi esecutivo – spiega il primo cittadino – Un intervento che, comunque, richiede un investimento importante, nel recupero della struttura e delle sue decorazioni, considerando anche gli adeguamenti necessari per il rispetto delle nuove norme di sicurezza, e sanitarie. Poi si dovrà e potrà pensare ai parcheggi”.

Dopo le alluvioni che hanno flagellato negli anni scorsi la costa teramana e gli allagamenti e il rischio inondazioni che periodicamente tornano a creare apprensione in queste zone, “il piano interrato che ospitava la Taverna Garden diventa oggi inutilizzabile, quindi c’è necessità da parte della proprietà di recuperare spazi in altro modo – fa notare il primo cittadino – Presumibilmente dal lato della ferrovia, dove l’incidenza paesaggistica è minore”

“La proprietà ha già presentato una bozza di progetto che è stata sottoposta alle valutazioni della Soprintendenza – aggiunge – e c’è in corso un confronto serrato per raggiungere una progettazione che soddisfi le esigenze e giustifichi gli investimenti necessari e le esigenze di recupero e di modifiche secondo i vincoli paesaggistici presenti”.

Resta, infine, da sciogliere, secondo quanto appreso, il dettaglio non irrilevante di una piccola particella all’interno dell’ex Hotel, che ancora oggi è proprietà di terzi: anche qui, trattative in corso, da parte della famiglia Rastelli, per giungere a un accordo che consenta di disporre della struttura nella sua interezza.

Nel frattempo, coperto da un velo, transennato e vuoto, l’Hotel Garden è solo un lontano ricordo di quella Villa della Giovinezza e scolorisce, piano, tra vento e salsedine.

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