CONSIGLIO DI STATO STABILISCE CHE UN COMUNE ANCHE CON PICCOLA QUOTA PUO' AFFIDARE IN HOUSE A SOCIETA' PARTECIPATA DA ALTRE AMMINISTRAZIONI

ECOLAN VINCE RICORSO SU GESTIONE RIFIUTI AD ATESSA, SENTENZA CHE CREA PRECEDENTE

di Filippo Tronca

3 Maggio 2018 06:30

Chieti - Cronaca

CHIETI – Una sentenza destinata a lasciare il segno, nella delicata e controversa materia di affidamenti diretti di servizi essenziali da parte degli enti locali, e non solo in Abruzzo.

E’ quella emessa dal Consiglio di Stato il 30 aprile scorso, che ribaltando il giudizio di primo grado del Tar, ha considerato del tutto legittimo l’affidamento in house da parte del comune di Atessa (Chieti), del servizio di igiene pubblica per la durata di 10 anni alla Ecolan, 170 dipendenti, società partecipata da 53 comuni della Provincia di Chieti, tra cui lo stesso comune di Atessa, che ha una quota appena del 6,5 per cento.

Difesa in questa vertenza dall’avvocato Claudio Di Tonno, del foro di Pescara, che parla senza mezzi termini di “sentenza fondamentale”.

Il contenzioso era stato scatenato nel 2016 dalla società privata Autotrasporti e pulizie industriali di Pretoro Silvio srl, difesa dall’avvocato Cristiano Bertoncini, del foro di Roma, che si era rivolta al Tar impugnando l’affidamento, ritenendo che erano state violate le normative europee sulla libera concorrenza, in quanto sarebbe stata necessario un bando di gara.

Il Tar ha dato ragione al ricorrente, ritenendo che nello statuto della Ecolan non c’erano clausole sufficienti a garantire il controllo stringente del suo operato da parte delle amministrazioni pubbliche, in considerazione anche del fatto che il comune di Atessa detiene solo una quota minima della società, e parte degli gli altri Comuni soci non hanno nemmeno affidato il servizio di igiene urbana alla stessa società. Manca cioè il requisto del “controllo analogo”, ovvero pari a quello che l'ente pubbico esercita sui propri servizi e uffici.

Requisito che per fare un esempio eccelente, è stato al centro dei contenziosi sul filo del diritio, anche nel tormentato iter per trasformare in house Abruzzo Engineering, la società pubblica con 169 dipendenti nata nel 2006 per volere dell'allora presidente della Regione, Ottaviano Del Turco, e che il successore Gianni Chiodi voleva liquidare.





E dunque il Tar ha sentenziato che l’affidamento non poteva ricadere nella tipologia dell’in house, ma era necessaria una gara.

Una sentenza fotocopia rispetto ad un'altra ventina che hanno fatto seguito ai ricorsi presentati a partire dal 2015, di società concorrenti, in particolare da Rieco Spa e dai soci privati di Ortona Ambiente, riuniti nella Igam, per affidamenti diretti da parte di altri comuni chietini alla Ecolan. Anche in quel caso il Tar ha dato ragione ai ricorrenti. I Comuni interessati, hanno  però cambiato lo statuto della Ecolan, rinforzando il potere di controllo e procedendo a nuovi affidamenti, validati questa volta dal Tar. Le società concorrenti hanno impugnato anche i nuovi affidamenti.

Da qui l’importanza della sentenza del 30 aprile del Consiglio di Stato, che rappresenterà un precedente che peserà anche sugli altri contenziosi, questa volta a favore della Ecolan.

Come spiega ad Abruzzoweb l’avvocato Di Tonno, “la Ecolan è partecipata da oltre cinquanta amministrazioni comunali e, quindi, il suo statuto è stato esaminato della alla luce del principio per cui, in caso di società partecipata da più autorità amministrative, non è indispensabile che ciascuna di queste detenga da sola un potere di controllo individuale sulla società, ma è sufficiente che i soci pubblici esercitino un controllo congiunto, attraverso la partecipazione di ciascuno di essi 'sia al capitale, sia agli organi direttivi dell’entità suddetta', con un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti”.

Come si legge nella sentenza, infatti, il Consiglio di Stato ha accolto l'argomento secondo il quale il requisito del controllo da parte del Comune di Atessa su Ecolan, non è “incentrato sull'entità della partecipazione al capitale sociale”, quello che conta è piuttosto il “controllo analogo”.

Non è cioè indispensabile, si legge ancora nella sentenza che ciascun amministrazione “detenga da sola un potere di controllo individuale, ma è sufficiente che i soci pubblici esercitino un controllo congiunto”, e il requisito dell'in house providing è soddisfatto quando c’è “la possibilità del singolo ente pubblico partecipante allo 0,1 per cento del capitale di influire sulla gestione della società attraverso la partecipazione all'assemblea dei soci”, che può nominare e revocare l'organo amministrativo, approvare l'indirizzo strategico, approvare e programmi di gestione, avere accesso a tutti gli atti.





Il Consiglio di Stato afferma poi, contrariamente a quanto stabilito dal Tar, che “la partecipazione dalla società di amministrazioni comunali che non hanno affidato alla stessa il servizio di igiene urbana non costituisce circostanza in grado di escludere l'affidamento in house da parte di altri comuni soci”.

Nell’appello della società sono state richiamate, in modo convincente per il Consiglio di Stato, che le ha accolte in pieno, le regole comunitarie sugli appalti pubblici contenute nella Direttiva 24 del 2014, e quelle del vigente Codice dei contratti pubblici.

In particolare, sono state valorizzate le clausole sociali che prevedono l’esistenza di rilevanti deroghe ai meccanismi tipici di funzionamento delle società di capitali, tali da assicurare ai soci pubblici, collettivamente considerati, un’influenza determinante e un controllo effettivo sulla gestione dell’ente partecipato, attraverso poteri di condizionamento sull’operato del management.

“La sentenza contiene  – spiega ancora l’Avvocato Di Tonno -un importante chiarimento sul requisito dell’attività prevalente: in sostanza, per potersi derogare alle procedure di gara l’affidamento del servizio dovrebbe essere disposto ad una società pubblica che svolga almeno l’80 per cento delle sue attività in favore dei soci. Trattasi del requisito che, solo pochi mesi addietro, aveva portato la Corte di Giustizia a pronunciarsi – con sentenza dell’8 dicembre 2016 – su un’altra società abruzzese, ritenuta priva di tale requisito. Nel caso della società Ecolan, invece, ci si è concentrati sugli aspetti ‘qualitativi’ – e non ‘quantitativi’ – dei servizi resi a terzi. Il Consiglio di Stato ha recepito tale impostazione ed ha riconosciuto l’esistenza dell’attività prevalente della Ecolan per i servizi svolti in favore delle amministrazioni comunali socie”.

La sentenza contiene anche spunti d’interesse nazionale nella materia degli affidamenti in house, specialmente per quanto riguarda le società partecipati da più amministrazioni.

“L’istituto dell’in house – spiega infatti Di Tonno – quando rispettoso dei requisiti previsti dalla normativa di settore, ed ancor prima dei principi dettati dalla Corte di Giustizia, non deve essere visto come una deroga alle procedura di gara e, tantomeno, come sottrazione al confronto competitivo tra le imprese: la società in house andrebbe, invece, considerata come prolungamento della stessa amministrazione pubblica ed in sostanza come una sua longa manus; attraverso le società in house la pubblica amministrazione finisce per 'riacquistare', in favore dell’utenza, la gestione di un servizio pubblico essenziale: la gestione di un servizio pubblico non deve rispondere esclusivamente alle 'regole del profitto' dovendo, viceversa, contemperare tutti gli interessi della collettività , il cui perseguimento, invece, non può essere preteso in capo ad un operatore privato”.

Commenti da Facebook

RIPRODUZIONE RISERVATA
Download in PDF©


    Ti potrebbe interessare:

    ARTICOLI PIÙ VISTI: