ABRUZZO HA SPESO SOLO IL 20 PER CENTO FONDI EUROPEI, RISCHIO DISIMPEGNO; IMPRUDENTE,'PROCEDURE PIU' SNELLE, RECUPEREREMO TEMPO PERDUTO''; EX ASSESSORE PEPE SUL BANCO DEGLI IMPUTATI

FONDI PSR NON SPESI, CORSA CONTRO TEMPO, ”ECCO MOTIVI FALLIMENTO”

16 Luglio 2019 13:42

Regione - Politica

L'AQUILA – “Un Programma di sviluppo rurale scritto male, anche dal punto di vista sintattico, da consulenti che non avevano la benché minima idea dell’agricoltura abruzzese”,  “una scellerata riorganizzazione della tecnostruttura regionale, che ha creato solo confusione”, “la mancanza di un sistema informativo regionale”, “un assessore assente, che non ha presidiato il dipartimento”.

Sono solo pillole dei sette motivi individuati da Stefano Fabrizi, direttore Confagricoltura Abruzzo, per i quali l'Abruzzo si trova a dover fare il miracolo di  utilizzare ingenti fondi, finora non spesi, del Programma di sviluppo rurale 2014-2020 in zona Cesarini. Una sfida, disperata, che è ora in capo al vicepresidente di Giunta, con delega all'Agricoltura, Emanuele Imprudente, della Lega, che promette  di recuperare in extremis il tempo perduto.

Non sarà a questo punto facile: a confermare che l'Abruzzo sta messo male, anzi malissimo, è una tabella del Ministero dell'Agricoltura, pubblicata ieri dal quotidiano Il Centro, secondo cui su 479 milioni di spesa pubblica dedicata agli agricoltori abruzzesi, finora sono stati distribuiti meno di 100 milioni nell'arco di cinque anni. Appena il 20 per cento, che fa dell'Abruzzo una delle ultime regioni in Italia per capacità di spesa, visto che peggio fanno solo le Marche e la Calabria. Ma quello che più conta, ed inquieta, è che il Ministero da per certo che una somma pari a 60 milioni non potranno in nessun caso essere spesi nei prossimi due anni e di questi, 29 milioni dovranno essere restituiti all'Europa. 

Non solo, il rischio è che l'Europa opererà dei tagli alla prossima programmazione finanziaria, 2021-2027, perché l'Abruzzo non è stato appunto in grado di impegnare tutti gli aiuti concessi all'agricoltura. Segno, ragionano a Bruxelles, che l'Abruzzo, di questi fondi, non sa che farsene. 





Sulla drammatica situazione è interveuta oggi anche la Coldiretti, secondo la quale,  “La ricerca dei colpevoli è a questo punto fuorviante e rischia di far perdere tempo prezioso. E’ necessario lavorare immediatamente e recuperare i mesi persi perché la sopravvivenza di migliaia di imprese è in pericolo”.

Fabrizi a sua volta, a nome della Confragricoltura, affila, una per una le ragioni dei ritardi, non risparmiando critiche all'ex assessore del Partito democratico Dino Pepe, e poi dà qualche prezioso consiglio al vicepresidente Imprudente. 

Secondo motivo per Fabrizi del ritardo è dunque “la scellerata ristrutturazione voluta dall’ex presidente Luciano D’Alfonso che ha pensionato centinaia di funzionari esperti senza garantire l’affiancamento e la continuità amministrativa. A questi funzionari gli abbiamo pagato anche il mancato preavviso di sei mesi.

E inoltre, “siamo stati l’unica organizzazione a presentare proposte scritte sulla riorganizzazione del dipartimento agricoltura. I problemi che avevamo segnalato sono emersi tutti: caos all’interno degli uffici, necessità di affidare all’esterno i controlli PAC e PSR (un tempo eseguiti dalla Regione), confusione sui ruoli, disorientamento degli agricoltori a relazionarsi con gli uffici. E’ stata alimentata una gigantesca guerra di posizione mettendo i dipendenti gli uni contro gli altri, spostandoli a destra e manca senza alcuna visione senza alcun progetto senza il rispetto delle professionalità e di quello che facevano, senza curarsi se quello di cui si occupavano era utile ai cittadini-utenti-contribuenti-agricoltori”.

Ci sono poi altre due cause dello sfacelo: “una dispersione di risorse senza pari. La politica politicante dell’allora maggioranza, con un codazzo di tecnici e consulenti, che, ventre a terra, è andata paese per paese, frazione per frazione a vendere a sindaci, amministratori, cittadini, associazioni di ogni genere l’oro contenuto nel PSR, alimentando pie illusioni. Le tabelle finanziarie proposte e approvate da Bruxelles hanno allargato gli interventi ai  comuni, enti pubblici e parapubblici per finalità sociali, pseudo ambientali e cultural folcloristiche. Per non parlare del numero spropositato di bandi, viste le 38 sotto misure ed i 47 interventi difficile da gestire da parte di una struttura molto depotenziata di dirigenti e funzionari. Non era per niente semplice, neppure per un addetto ai lavori, conoscere per tempo sui quali risorse fare affidamento per la realizzazione di un progetto. Ad esempio un’azienda agricola-zootecnica in zona montana, è stata costretta, per esempio, a presentare 10 domande: una ristrutturare una stalla, una per modificare l’impianto di irrigazione, una per la conservazione del suolo, una per l’incremento della sostanza organica, una per le recinzioni, una per la formazione ed una per la consulenza, oltre quelle annuali: indennità compensativa, prati pascoli e agricoltura biologica. Vogliamo ricordare che 10 domande sono 10 bandi, 10 istruttorie, 10 controlli ecc. e con lo stato del Dipartimento tutto si è inceppato.





Infine ha pesato la “mancanza di un sistema informativo regionale (unica regione in Italia a non averlo) che ha reso difficile se non impossibile le relazioni tra la struttura regionale e l’AGEA. Una totale mancanza di comunicazione che ha determinato un continuo rimpallo di competenze e responsabilità tra il Dipartimento Agricoltura, il SIAN (Sistema informativo agricolo Nazionale-AGEA, i CAA (Centro di assistenza agricolo) con in mezzo gli agricoltori che attendono il pagamento delle domande fatte”.

E sopratutto l'ex assessore Dino Pepe, “non ha mai presidiato il Dipartimento agricoltura, è stato in perenne campagna elettorale (infatti, nonostante il disastro cui deve ritenersi responsabile è stato rieletto) non aveva una segreteria tecnica con personale competente che lo potessero supportare ad eccezione di alcuni giovani ed inesperti consulenti, che hanno imposto le loro idee del tutto fuori dalla realtà. La presenza ingombrante e invasiva del Presidente D’Alfonso, il direttore del Dipartimento che ha impostato le procedure dei bandi e delle istruttorie improntate alla pedissequa applicazione di rigidissimi protocolli e criteri meramente burocratici, fonte di numerosissimi contenziosi e blocchi delle procedure”.

A seguire le proposte di Fabrizi ad Imprudente. 

“Innanzitutto deve presidiare il Dipartimento che ha bisogno di una guida salda perché è sempre la politica che fa la scelta sulle priorità. Con il nuovo direttore del Dipartimento deve avviare un’interlocuzione con il Ministero e con la Commissione europea per trovare una exit strategy modificando il PSR, semplificando e eliminando misure ed azioni e, per le misure strutturali, avviare bandi a sportello. Occorre concentrare l’intera struttura del Dipartimento alla conclusione delle istruttorie dell’ammissibilità di tutti i bandi in itinere e alla pubblicazione delle graduatorie in modo da accelerare al massimo la spesa del programma”

“Va ricostituito – incalza Fabrizi –  e reso operativo il gruppo di lavoro formato da funzionari regionali, Agea, Sin e tecnici dei Caa per risolvere le anomalie sulle istruttorie delle domande a superficie riferite agli anni 2016, 201 e 2018. Vanno accelerate la liquidazione delle misure a superficie non pagate: agricoltura integrata, semina su sodo. considerato i tempi per le domande pacchetto giovani (ancora oggi non istruite!) sarebbe indispensabile, nel prossimo bando, allungare da 6 mesi a 24 mesi la data dell’insediamento. Chiediamo che il Tavolo Verde, sia a livello tecnico sia politico sia aperto in via permanente per esaminare le questioni sollevate”.

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