IL MAESTRO DI PAOLONICOLA, ''TRADIZIONE VIVE SE SI CONTAMINA E SI RINNOVA'' FERVONO I PREPARATIVI PER TERZO FESTIVAL DEDICATO ALL'ANTICA DANZA

IL MONDO RITROVATO DEL SALTARELLO EMOZIONI A PROVA DI DELOCALIZZAZIONE

21 Maggio 2016 19:25

Teramo - Cultura

TERAMO – “Questo fatto che dobbiamo per forza riscoprire le radici non mi piace, le radici stanno bene sotto terra, noi meglio essere uccelli sopra i rami, che ogni tanto possono volare altrove”.

La riflessione di Mimmo, valente suonatore di putipù, con velleità poetiche, riassume l’idea di una tradizione viva, che si nutre non di afflati nostalgici, ma di scambi, contaminazioni e innesti.

Quella di cui è possibile ancora fare esperienza, assieme a turisti e appassionati che arrivano da ogni dove, nei paesi del Teramano, tra il Gran Sasso, i monti della Laga e il mare Adriatico, dove si riscopre e si rinnova la cultura del Saltarello, danza popolare del centro Italia dal ritmo incalzante e circolare prima al suono del flauto e dei tamburi, poi anche dell'organetto a “due bassi”(ddubbotte) e “diatonico”.

Danza che fu latina, la saltatio, poi ballata e suonata nel rinascimento nelle aie e nelle corti, nei palazzi nobiliari e nelle pinciaie, le case di paglia e fango dei contadini poveri, contaminandosi attraverso i tratturi e quella globalizzazione a filiera corta che è stata la transumanza, con le tarantelle del profondo sud.

Tra i riscopritori di questo mondo tra un “sol” e un “do” che ha resistito all’emigrazione, alla deserficazione della civiltà contadina, al menejto e ad altri intruppati balli da sagra, c'è senz'altro il teramano Danilo Di Paolonicola, giovane talento dell'organetto diatonico a livello internazionale, docente al conservatorio Casella dell'Aquila, nonchè direttore artistico del Festival del Saltarello, che quest'estate arriverà alla terza edizione.

“Del saltarello, che è il suono della mia terra – spiega nell'intervista ad Abruzzoweb – ho riscoperto la potenzialità e il valore girando il mondo, dal Canada al Giappone, come consulente tecnico e dimostratore ufficiale delle ditte costruttrici di fisarmoniche e organetti. Ovunque andassi, quando intonavo le note del saltarello, per far apprezzare le potenzialità dello strumento, in chi mi ascoltava scattava qualcosa di particolare, in loro vedevo scatenarsi l'allegria, la voglia di ballare. E pensare che questa tradizione musicale nella mia terra stava pian piano scomparendo, ci si stava dimenticando un tesoro che avevamo a portata di mano”.





Non a caso il festival del Saltarello è il compimento e l’esito di un certosino e appassionato lavoro, avviato negli ultimi anni di riscoperta di canti antichi, danze, ritmiche e coreutiche locali, nelle tante variabili e anche impercettibili specificità, da paese a paese, da vallata a vallata.

Con lo scopo però di non musealizzare questo tesoro culturale, come fosse una zappa da lucidare e mettere in bacheca in un polveroso museo del folklore. Ma con l'obiettivo di riappropriarsi di un'identità e di un prodotto locale immateriale da far conoscere nel mondo, non delocalizzabile in Cina o in Egitto.

Come avvenuto in Puglia, nel Salento in particolare, dove la riscoperta e l'evoluzione della pizzica e della musica popolare è tra i punti di forza di una rinascita turistica, che macina record di presenze ogni anno, e creato una solida economia territoriale.

“Il lavoro culturale più importante – spiega Di Paolonicola –  è stato quello che ha portato alla nascita di scuole di ballo, percorsi di studio, di laboratori permanenti in cui è nata una nuova giovanissima generazione di musicisti di organetto diatonico, ddubbotte e tamburello, che ha portato poi al proliferare gruppi e progetti musicali, molti dei quali ora protagonisti al Festival del Saltarello”.

Del resto anche Di Paolonicola così ha iniziato, allievo di Fanciullo Rapacchietta, scomparso nel 2014 all'età di 99 anni, grande maestro dell'organetto, strumento che ha suonato dall'età di 8 anni.

“Il primo organetto lo presi in mano a sei anni – ricorda Di Paolonicola – e ad insegnarmi ad 'accrocchiare' le prime note fu il maestro Rapacchietta. Non dimenticherò mai quando gli feci ascoltare il primo motivetto, un po' raffazzonato. Lui subito però esclamò: 'Tu diventerai un grande campione! Vai avanti così che ti porto con me a Hollywood'. Un incitamento a dir poco esagerato, ma che mi diede grande entusiasmo. E da quel momento non ho più smesso di suonare e imparare”.

E Danilo Di Paolonicola poi in America grazie alla sua musica ci è arrivato per davvero. Molte le sue collaborazioni jazz, ai massimi livelli, oltre che le tournée che propongono repertori di musica popolare, particolarmente apprezzati dalle comunità di abruzzesi e italiani d'oltreoceano.





“Jazz e saltarello – spiega poi il musicista – sembrano due mondi lontanissimi, ma in realtà anche il jazz nasce da musiche tradizionali, che hanno lontane radici in Africa. Inoltre anche il saltarello è improvvisazione, jam session. Entrambi si nutrono dell'energia che creano intorno”.

In queste settimane fervono i preparativi per la terza edizione del Festival.

Sarà ancora una volta itinerante nei paesi del Teramano, con gran finale a Pescara e una tappa almeno in Molise, perchè i confini della condivisione delle tradizioni musicali non coincidono con quelli amministrativi tracciati sulle cartine geografiche.

La grande anteprima del Festival si celebrerà il 23 e 24 luglio a Silvi paese, in provincia di Teramo, anche qui nel segno della sperimentazione e dell'incontro musicale.

“Protagonisti – anticipa Di Paolonicola –  saranno ballerini del calibro di Manuela Adamo, coreografa della Notte della Taranta in Salento del 2013, e Miguel Angel Berna, ballerino di flamenco, coreografo e direttore della Compagnia spagnola di danza di Saragozza. E ancora Andrea De Siena e Chiara Dell'Anna, ballerini di pizzica salentina. Sarà l'occasione per avviare un lavoro di stilizzazione e reinvenzione del passo tradizionale del saltarello. I musicisti stanno lavorando in parallelo alla creazione di nuove arie ritmiche e melodiche. Mantenendo la loro natura di danza propiziatoria e di corteggiamento, la loro essenza popolare, nulla vieta infatti di conferire ai nostri balli tradizionali maggiore eleganza e bellezza”.

 

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