INCHIESTA APPALTI REGIONE: QUELLA STRANA DELIBERA SUL ”CENTRAL PARK” DI LANCIANO

di Alberto Orsini

22 Febbraio 2017 14:04

Regione - Cronaca

L’AQUILA – Ma quanto è strana, quella delibera di Giunta regionale che finanziava 1,5 milioni di euro per il parco “Villa delle Rose” di Lanciano, quello che in piena campagna elettorale per il ballottaggio delle amministrative dell’anno scorso veniva chiamato “Central Park” oppure “l’ennesima bufala dalfonsiana” a seconda degli schieramenti.

Tanto strana, la 367 del 3 giugno 2016, da essere finita sotto la lente degli investigatori e ricompresa nella maxi inchiesta con 27 indagati, almeno fin qui, tra cui lo stesso governatore, Luciano D’Alfonso, su una serie di appalti regionali ritenuti dubbi.

Sono 10 gli indagati di questo filone, con tre assessori regionali, Dino Pepe, Marinella Sclocco e Silvio Paolucci, accusati di falso ideologico, e dubbi anche su questo aspetto perché tra i presenti della seduta risultano anche Donato Di Matteo, al momento non indagato, oltre allo stesso D’Alfonso.

Oltre a questo, dalla lettura del documento, scaricabile dal sito dell’amministrazione regionale, emergono una serie di “gialli” grandi e piccoli che, anche a occhi profani, danno l’idea di qualcosa di singolare: evidenze su cui gli accertamenti del pubblico ministero Antonietta Picardi cercheranno di fare luce.

Su tutti la copertura finanziaria del milione e 200 mila euro di competenza regionale, che solo sui social il renziano di ferro D’Alfonso ha svelato far parte del calderone del Masterplan, 1,5 miliardi per 77 interventi in cui l’Abruzzo è stato antesignano, con presenza dell’allora premier per tre volte in regione.

Ma stupisce anche il modo in cui la delibera è scritta, senza tecnicismi e senza leggi di riferimento, infine il linguaggio poco tecnico e ancora i presenti e gli assenti di quella contestata riunione di Giunta.

Il parco consiste in un’area di 60 mila metri quadrati già usata per fiere e feste popolari, dotata perfino di un ippodromo, di cui il Comune frentano ha proposto una riqualificazione che prevede la demolizione e ricostruzione delle tribune, la realizzazione di un campo di calcio e di piste pedonali e ciclabili.

Al momento c’è in corso una procedura negoziata con l’invito di 20 ditte gestita dal Comune di Lanciano per la sua parte di competenza, di 300 mila euro, con scadenza il prossimo 28 febbraio, mentre i fondi regionali non sono stati ancora impegnati, come chiarito in una nota ad AbruzzoWeb dal sindaco rieletto, Mario Pupillo, e dall’assessore Pino Valente.

Gli altri filoni dell’inchiesta, con accuse a vario titolo di corruzione, abuso d’ufficio e turbativa d’asta, riguardano la ricostruzione post-terremoto del 2009 di palazzo Centi all’Aquila, sede centrale della Giunta; la manutenzione straordinaria di 202 appartamenti di proprietà dell’Ater di Pescara situati in via Salara vecchia e in via Caduti per il Servizio; i lavori al parco didattico del Lavino, progetto inserito nel Masterplan da 3,5 milioni di euro nei comuni di Roccamorice, Scafa, Abbateggio, San Valentino, Manoppello e Lettomanoppello, quest’ultimo paese d’origine di D’Alfonso; la vendita a un privato di un fondaco, un immobile di proprietà del comune di Penne.





LE ASSENZE

Nell’intestazione del verbale di Giunta viene attestata la presenza del presidente Luciano D’Alfonso, proponente del documento, e degli assessori Dino Pepe, Marinella Sclocco e Silvio Paolucci, che hanno votato e pertanto sono stati indagati.

Anche se, hanno precisato gli inquirenti, la loro è una iscrizione “tecnica”, per essere sottoposti a richieste e accertamenti e avere possibilità di accedere agli atti processuali e difendersi.

La cosa peculiare è che tra i presenti nel verbale risultano anche lo stesso D’Alfonso e un altro assessore, Donato Di Matteo. Ma secondo quanto si è appreso, per l’accusa, questi ultimi non sarebbero stati presenti.

Su questo saranno gli interrogatori e i riscontri a dare un parere definitivo, ma non si può dimenticare che gli investigatori, che indagano da 2 anni sugli appalti regionali, sono in possesso di moltissime intercettazioni telefoniche e ambientali e documenti sulla base dei quali hanno elaborato le loro contestazioni.

Comunque se la supposizione fosse confermata, si capirebbe come mai Di Matteo non è stato a sua volta indagato, mentre a D’Alfonso potrebbe essere spettato in qualità di proponente della delibera.

Gli assenti conclamati sono, invece, il vice presidente, Giovanni Lolli, e l’assessore Andrea Gerosolimo.

I QUATTRINI

La stranezza che balza all’occhio è quella della copertura finanziaria. In un passaggio, infatti, si cita un finanziamento da 1,5 milioni di euro, quindi non di poco conto, motivato da una serie di considerazioni abbastanza vaghe, nel senso che non viene citata una sola legge di copertura o canale dove pescare quei quattrini.

Viene anche dettagliato che del finanziamento il 20% sarà a carico del Comune di Lanciano (Chieti) e il rimanente 80% della Regione, “nel rispetto delle leggi vigenti, delle norme e delle procedure”.

Un’indicazione abbastanza pleonastica, difficile pensare a un lavoro pubblico finanziato con fondi reperiti non nel rispetto delle leggi, ma che non trova altra dettagliazione se non nel paragrafo finale, dove viene esplicitato, ma questo è proprio di ogni testo normativo e altrettanto pleonastico, che l’operazione non comporta alcun impegno di spesa o accertamento di entrata.

L’unico indizio, che risale all’epoca, sulla provenienza dei fondi lo ha dato proprio D’Alfonso, in uno status su Facebook in cui rispondeva a una serie di critiche di cui si parla più avanti, del 16 giugno.





“Il costo complessivo dell’opera assomma a euro 1.500.000 dei quali l’80% dovrà, nel rispetto delle leggi vigenti, delle norme e delle procedure – scriveva il governatore mutuando la delibera – essere posto a carico della Regione Abruzzo, mentre il restante 20% a carico del Comune di Lanciano. Nel Masterplan per l’Abruzzo ci sono 61 milioni dedicati al completamento delle piste ciclabili e l’intervento su Lanciano troverà copertura su questo capitolo in ragione della pista ciclabile che innerverà il Parco”.

Insomma, il Masterplan “pigliatutto”, ma è possibile che la procura non la faccia così facile.

IL LINGUAGGIO

Secondo alcuni esperti di cose regionali che hanno dato un’occhiata a questo documento nella versione rintracciabile in rete, l’aspetto grafico e il contenuto parrebbero un po’ diversi da altri documenti deliberativi anche dello stesso tipo.

Il linguaggio non è quello della burocrazia, con citazioni tecniche e normative, ma abbastanza dialettico, alla moda del promotore D’Alfonso, quasi che il testo non sia stato approntato, come avviene di prassi, dagli uffici tecnici regionali, ma finito direttamente dal produttore al consumatore.

Tanto è vero che non sono perfettamente ripartite le sezioni normalmente previste: “premesso che”, “vista la legge”, “dato atto”, ma ci sono solo una serie di “considerato che” raggruppati e poi direttamente “delibera…”.

LA POLEMICA

Non si può negare che, già a ridosso dell’approvazione, qualcuno avesse riscontrato che quel documento per il Central Park frentano proprio così concreto e quadrato non fosse: due settimane dopo la firma, infatti, sempre in piena campagna elettorale per il ballottagio, è esplosa la polemica del centrodestra che ha visto sugli scudi il deputato Fabrizio Di Stefano e il consigliere regionale Mauro Febbo, entrambi di Forza Italia, che l’hanno definita senza troppi complimenti “l’ennesima bufala dalfonsiana”.

“Non c’è il parere di bilancio, né l’impegno di spesa, ma cosa più grave è che il progetto è demandato al direttore generale per la cantierabilità, quindi non c’è né cantiere né soldi – faceva notare Febbo – È la classica delibera-bufala che D’Alfonso rappresenta ovunque va impegnandosi a fare investimenti. Purtroppo nulla di veritiero anche per Lanciano”.

Le repliche, tra il caustico e l’ironico, dallo stesso governatore, che su Facebook ha promesso che l’area “può e deve essere riqualificata, secondo le previsione progettuali dell’amministrazione civica, per restituire alla città un patrimonio ambientale che ha anche una valenza storico-culturale, per scongiurare che la stessa area finisca ulteriormente nel degrado e divenire ritrovo di malintenzionati, per consentire a giovanissimi, anziani e famiglie di avere uno spazio a forte vocazione ludica e per contribuire a dare al quartiere un valore aggiunto utile per le attività turistiche dell’intera area frentana. Per questi motivi la Giunta regionale ha deciso di adottare il progetto”, aggiungendo “Il resto è disperata testimonianza di esistenza in vita”.

Più sprezzante ancora il consigliere del Partito democratico e coordinatore della maggioranza Camillo D’Alessandro che ha tagliato corto promettendo che ‘‘nel futuro Central Park lasceremo uno spazio vuoto da destinare a una statua, a perenne memoria, che raffigurerà Febbo e Di Stefano con il naso lungo”.

Troppo per Febbo che oggi, con il conforto della magistratura, è tornato alla carica su Facebook con un’immagine ironica: “8 mesi fa dichiaravo ‘le solite bufale di D’Alfonso’, e oggi…”.

Commenti da Facebook

RIPRODUZIONE RISERVATA
Download in PDF©


    Ti potrebbe interessare:

    ARTICOLI PIÙ VISTI: