INCHIESTA PALAZZO CENTI: CARTE ALLA DITTA MESI PRIMA DEL BANDO, ”DA AVVANTAGGIARE”

18 Febbraio 2017 19:40

Regione - Cronaca

L’AQUILA – Dalle testimonianze delle persone sentite come informate sui fatti e dai primi interrogatori, cominciano a emergere i primi riscontri alle accuse formulate nell’ambito dell’inchiesta della procura della Repubblica dell’Aquila su una serie di appalti gestiti dalla Regione Abruzzo che vede finora 17 indagati, tra cui funzionari regionali, professionisti esterni e imprenditori e il presidente della Giunta, Luciano D’Alfonso, che in più occasioni si è detto estraneo ai fatti pur ribadendo la piena fiducia sull’operato della magistratura.

In particolare, sul filone legato alla ristrutturazione post-terremoto di Palazzo Centi, sede della Giunta regionale all’Aquila danneggiata dal sisma del 6 aprile 2009, commessa da 13 milioni di euro caratterizzata da ritardi burocratici e cambi di commissione, si rafforza il sospetto che la Iciet Enginereeng di Castelli (Teramo), con una chiara strategia, sarebbe stata favorita per l’aggiudicazione del lavoro, considerato prestigioso dagli addetti ai lavori.

L’azienda, il cui titolare, Eugenio Rosa, è attualmente sotto inchiesta, che secondo l’accusa avrebbe avuto prima del bando la documentazione tecnica, in effetti ha avuto il maggiore punteggio sull’offerta tecnica, cioè sulla bontà del progetto, retrocedendo in seguito all’offerta economica al terzo posto, dopo la vincitrice, la General Costruzioni di Venafro (Isernia) con un ribasso del 35% e la Cingoli Nicola e figli srl di Teramo, giunta seconda.

“Dalle intercettazioni emerge che la Iciet Enginereeng di Castelli (Teramo) – si legge nel decreto di perquisizione notificato ai sette indagati – doveva essere avvantaggiata, vista anche la conoscenza da parte del titolare Eugenio Rosa dei risultati della Commissione tecnica prima che gli atti diventassero pubblici, e che dalle medesime attività tecniche si è appreso che lo studio tecnico incaricato dalla Iciet aveva avuto la disponibilità delle progettazione preliminare mesi prima della pubblicazione del bando”, lanciato il 15 maggio del 2015, al quale hanno partecipato ben 29 imprese, di cui quasi tutte di livello nazionale.

Nelle scorse settimane, la stazione appaltante ha definito congruo il ribasso dopo aver chiesto, come impone la legge, alle imprese le motivazioni dell’offerta economica.





Sempre stando a quanto scritto nel decreto, la richiesta di chiarimenti del responsabile unico del procedimento (rup), Vittorio Di Biase “sulle offerte sia alla prima sia alla seconda, è stata oggetto di più di una tensione negli uffici regionali”.

Secondo la procura, “i carabinieri del Noe hanno dimostrato che effettivamente sono state esercitate ripetute e indebite pressioni per la formazione di una commissione tecnica, diversa da quella che poi è risultata effettivamente nominata, e che, comunque, i componenti della commissione sono stati successivamente avvicinati per la valutazione delle offerte tecniche depositate dalle ditte”.

Le indagini avrebbero dimostrato che i verbali redatti dalla Commissione tecnica, composta dai funzionari regionali Giancarlo Misantoni (presidente), Silverio Salvi e Roberto Guetti, tutti gli indagati, siano viziati da false attestazioni.

Sono sette le persone sotto inchiesta a vario titolo per corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio, tra queste non compare D’Alfonso.

Sempre su palazzo Centi, con l’accusa di induzione indebita sono indagate quattro persone.





Intanto, oggi sia i carabinieri del Noe all’Aquila sia la squadra Mobile di Pescara che lavora agli appalti, previsti nel cosiddetto Masterplan, sulle case popolari a Pescara e su interventi nel comune di Lettomanoppello (Pescara), paese di origine di D’Alfonso, hanno continuato a ritmo serrato le indagini.

Secondo quanto si è appreso, le indagini su palazzo Centi non nascono da esposti ma da intercettazioni nell’ambito di una inchiesta della procura dell’aquila su presunte mazzette nella ricostruzione privata denominata “Redde Rationem”.

GLI INDAGATI

Nel secondo giorno dell'inchiesta shock, all'atto della proroga delle indagini, sono stati notificati quattro avvisi di garanzia all'ex dirigente del ministero dei Beni Culturali Berardino Di Vincenzo, ora in pensione, uomo vicino a D'Alfonso, che lo ha nominato suo consulente, al figlio Giancarlo Di Vincenzo, tecnico progettista, e agli imprenditori Giancarlo Di Persio e Mauro Pellegrini, titolari della impresa Dipe, già finiti nei guai in due precedenti inchieste, una in particolare su presunte mazzette nella ricostruzione privata.

Nel primo giorno sono stati diffusi i nomi del governatore Luciano D'Alfonso, Virgilio Basile, presidente dell'Ater pescarese, Paolo D’Incecco, dirigente della Provincia di Pescara più noto per la recente vicenda dell’sms ricevuto del piano neve e le turbine a Rigopiano, Enrico Di Paolo, Tino Di Pietrantonio, geometra Lettomanoppello, Carmine Morelli, ingegnere responsabile dell’ufficio manutenzione dell’Ater di Pescara.

Si aggiungono al capo della segreteria di D’Alfonso ed ex consigliere Pd Claudio Ruffini, all’amministratore delegato di Iciet Engineering di Castelli (Teramo) Eugenio Rosa, ai tre componenti della commissione di gara di palazzo Centi, i funzionari regionali Giancarlo Misantoni (presidente), l’architetto Roberto Guetti e l’ingegnere Silverio Salvi, ai due progettisti Alessandro Pompa e Gianluca Marcantonio, altro fedelissimo di D’Alfonso, che lo ha pubblicamente sponsorizzato nella nomina come componente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, oltre ad affidargli molti incarichi, tra cui appena pochi giorni fa uno in seno al comitato scientifico del commissariato per la ricostruzione del terremoto in Centro Italia.

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