L'AQUILA: SACERDOTE INDAGATO PER FURTO DI MEDAGLIA PAPALE, MA LUI NEGA
Pubblicazione: 24 dicembre 2016 alle ore 20:02
L’AQUILA - Un giovane sacerdote di origini brianzole, ma da anni all’Aquila, don Daniele Pinton, è indagato dalla procura della Repubblica del capoluogo per il furto, dalla teca che contiene il corpo di Papa Celestino V, di una medaglia donata da un altro pontefice, Paolo VI. Medaglia che, secondo l’accusa, sarebbe stata sostituita con una copia.
Ma l’ipotesi di reato di furto aggravato, come riportato dal quotidiano Il Messaggero, viene negata con fermezza dal legale del prelato, l’avvocato aquilano Dario Visconti.
“Devo ancora leggere il fascicolo, ma escludo l’ipotesi del furto” spiega, sottolineando che la medaglia è custodita nel centro pastorale Paolo VI in via dei Ramieri 2/4 e che verrà collocata nella Sala Paolo VI, una volta ultimate le installazioni dei sistemi di sicurezza della stessa struttura.
L’avvocato Visconti sottolinea anche che, durante la ricognizione del corpo di Celestino V avvenuta tra il marzo e il maggio del 2013, don Pinton era componente della commissione che ha curato il rifacimento ‘reale’ del volto del Papa Santo spiegando che il sacerdote non ha mai ‘maneggiato’ i resti mortali del corpo del Santo Papa, come si evince dai verbali della commissione presenti nel fascicolo del procedimento.
“Don Pinton, come verrà spiegato in sede di memoria difensiva - continua Visconti - ha ricevuto in consegna la medaglia in questione, tenuto conto della sua chiara e conosciuta devozione per il Papa Montini”.
“Il furto comporta spossessamento, come si sia potuto dedurre una cosa del genere è incredibile - afferma ancora il legale - Ho richiesto le copie del fascicolo per esaminare l’incartamento, ma escludo quell’ipotesi”.
“Faccio notare che non c’è richiesta di rinvio a giudizio e il mio assistito non è stato ascoltato dal pm, che è la cosa più importante e chiederemo che avvenga - prosegue ancora - Lui esclude ogni addebito e chiarirà ogni aspetto alla lettura degli atti, secondo me è solo un grosso equivoco”.
Stando alle ipotesi investigative, tutte da confermare, del sostituto procuratore David Mancini e degli agenti della prima sezione della squadra Mobile, diretta dal sostituto commissario Sabatino Romano, l’indagato avrebbe rubato la medaglia quando la teca contenente le spoglie di Pietro da Morrone, nel 2013, era stata prelevata dalla Basilica di Collemaggio per essere trasferita in un luogo sicuro dove poter avviare la ricognizione canonica delle sacre spoglie e studiare la scatola cranica, anche al fine di poter ricostruire le vere fattezze del volto.
E quella che si trova attualmente all’interno sarebbe un falso, come avrebbe accertato da una perizia sulla veridicità svolta nella chiesa di San Giuseppe Artigiano, alla presenza dell’arcivescovo metropolita, monsignor Giuseppe Petrocchi.
Una perizia a tutti gli effetti che ha comportato la richiesta e l’ottenimento da parte del pubblico ministero titolare dell’inchiesta, attraverso la rogatoria internazionale con la Città del Vaticano, del via libera per poter aprire nuovamente la teca per eseguire gli accertamenti sulla composizione della medaglia.
Le indagini non sono scattate da una denuncia, ma da intercettazioni nell’ambito di un’inchiesta per corruzione in alcuni appalti pubblici per il recupero post terremoto di monumenti e chiese che ha visto don Pinton prosciolto dalle accuse.
Pinton è parrocco della chiesa di San Marco Evangelista e rettore delle Anime Sante nonché preside dell’Istituto Superiore Scienze Religiose “Fides et Ratio”.
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