LA GERMANIA DEI TANTI POVERI E DEI MINI JOB, IL SOCIOLOGO SELKE, ”E’ TERRA DI VERGOGNA”

di Roberto Santilli

21 Novembre 2017 19:26

Mondo - Economia

L'AQUILA – “Esiste anche in Germania un universo di milioni di poveri e di sottopagati, gente che prova vergogna per la condizione in cui vive e in cui ormai si sente cristallizzata”.

A raccontare ad AbruzzoWeb.it la sua Germania dell'ordoliberalismo, padrona dell'Eurozona dell'austerity e del Sud dei Piigs (acronimo inglese utilizzato per definire maiali Portogallo, Italia, Grecia e Spagna, ndr) al tracollo non solo per via della Grecia devastata dai tagli selvaggi allo stato sociale, una Germania presa come modello da seguire da molti politici, economisti e comuni cittadini, è Stefan Selke, sociologo, docente alla Furtwangen University.

E lo fa, Selke, in un momento in cui la parte tedesca in generale mediaticamente meno celebre perché piuttosto 'grigia' viene fuori grazie alle ultime elezioni, quelle della vittoria di Angela Merkel, ma soprattutto della debacle del Partito socialdemocratico di Germania (Spd), del ritorno dei liberali in Parlamento e del risultato, atteso ma comunque sorprendente, di Alternative für Deutschland (Afd), un partito, oggi terzo in classifica, ideologicamente di estrema destra, contrario all'immigrazione, fortemente euroscettico anche se liberista.

Selke è autore di uno studio autorevole diventato un libro di successo, Schamland: Die Armut mitten unter uns (Terra della vergogna: la povertà in mezzo a noi), che ha fatto molto rumore e che da quelle parti continua da anni ad infiammare un dibattito già forte e complesso di per sé.





“In questo libro do voce alla Germania del Tafeln, la rete di food banks, delle gemeinnützige Hilfsorganisationen, le mense dei poveri, i banchi alimentari, del cibo scartato dai supermarket e da chi se lo può permettere in un Paese certamente ricco e sviluppato, ma pure pieno di contraddizioni enormi”, spiega il sociologo a questo giornale.

Contraddizioni evidenziate dai numeri, con gli 8 milioni di poveri, in mezzo a una forte occupazione, influenzata da quella sottopagata, brevissima e a chiamata dei minijobs, “molti dei quali vanno regolarmente nelle mense create per loro”, e dalla miriade di tutele “a incastro” per chi perde l'occupazione che però portano direttamente al mondo appunto dei minijobs, i frutti spesso avvelenati della riforma Hartz, altro argomento di accesi dibattiti in Germania dove comunque in molti continuano a emigrare da diverse parti d'Europa, Italia compresa, e del mondo.

Mentre, secondo i recentissimi dati dell'ufficio federale del lavoro e delle politiche abitative per i senza casa (Bagw), i senzatetto sono aumentati del 150% negli ultimi due anni, passando dai 335 mila del 2014 agli 860 mila del 2016; tra questi figurano sia le persone senza casa, sia i migranti legali che non vivono nei centri di accoglienza.

Tra i diversi fattori che fanno riflettere e preoccupare Selke c'è, dunque, “il modello tedesco, quello della precisione nella gestione della povertà anche come fenomeno di una società. Da ciò che emerge, la povertà non viene più vista e trattata come un problema sociale, ma come un settore da gestire 'alla tedesca', quindi alla perfezione”.

“A livello simbolico e non solo, la povertà in Germania fa ormai parte della normalità ed è stata depoliticizzata – spiega – non si combatte più ma si gestisce come un elemento strutturale, istituzionalizzato”.





E la riforma Hartz, per l'esperto, “è strettamente e direttamente collegata al modello del foodbank. Da noi, circa 6 milioni di persone vengono chiamate, con scherno e disprezzo, 'hartzers', cioè disoccupati a lungo termine, ma anche 'fannulloni', gente che secondo la vulgata passerebbe il tempo a bivaccare e oziare. Insieme ai poveri, sono gli esclusi della società tedesca”.

“Dal punto di vista psicologico e sociologico – prosegue nell'analisi – queste persone sentono di aver fallito, di aver perso, di non poter far parte della società 'ufficiale' che sta più in alto. E ripetono in continuazione di vergognarsi della condizione in cui vivono. Ecco perché ho scelto 'La terra della vergogna' come titolo del libro”.

Poi, il giudizio su Alternative für Deutschland di Stefan Selke si aggancia proprio a quanto affermato finora.

“Si tratta di una reazione di una parte dei tedeschi al voto – il suo pensiero – ma credo che non sia un fenomeno limitato alla Germania. Quando il mondo diventa troppo complesso, si cercano le vie per semplificarlo. Alcune di queste sono l'educazione, la scienza, il dibattito pubblico. Oppure la radicalizzazione”.

Per Selke, in conclusione, “all'orizzonte i problemi saranno, di questo passo, ancora più grandi e complicati. Il modello tedesco sta creando un mondo di persone che tra qualche anno sarà diviso in prima e seconda classe, cioè tra chi avrà l'opportunità di vivere bene, consumare, curarsi e chi non potrà permettersi niente. Il guaio è che la forbice tra chi ha e chi non ha si sta allargando sempre di più. E c'è anche un chiaro gap democratico in tutto questo”.

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