BENFICIARIO ROBERTO SABAN, GIA' CAPODIPARTIMENTO DEL CERN DI GINEVRA; PROSEGUE INTANTO INCHIESTA PROCURA SU SVERSAMENTI SOSTANZE

LABORATORI GRAN SASSO: SPUNTA SUPER CONSULENZA SU SICUREZZA DA 377 MILA EURO

di Filippo Tronca

19 Dicembre 2018 06:30

Regione - Cronaca

L'AQUILA – In tanti anni, e dopo tante proteste, non si sono trovati soldi e modalità per mettere in sicurezza i Laboratori di fisica nucleare del Gran Sasso, per azzerare il rischio di sversamenti di sostanze pericolose nelle adiacenti falde acquifere che danno da bere a 700 mila abruzzesi, oggi al centro anche di inchieste giudiziarie. 

Non si sono registrati indugi a spendere 377 mila euro per sottoscrivere un contratto co.co.co., della durata di 36 mesi, a favore di Roberto Saban, già capo del dipartimento di Ingegneria del Cern di Ginevra, e commendatore Ordine al merito della Repubblica Italiana nel 2017. 

Proprio per “studiare nuovi interventi specifici, per la sicurezza, l'impiantistica e le infrastrutture”.

Contratto stipulato dal febbraio 2016, dall'Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), che gestisce i Laboratori, ed entrato a regime il giugno dello stesso anno. 

Subito dopo, nell'estate del 2016, quando già il super consulente Saban era in servizio, si è verificata nei laboratori la dispersione di diclorometano, un solvente utilizzato per molti processi chimici, nell'ambito dell’esperimento Cupid sul comportamento dei neutrini. 

Per fortuna senza gravi conseguenze, ma proprio da questa vicenda è partita l'inchiesta della Procura di Teramo che a settembre scorso, dopo un anno di indagini, ha portato all'iscrizione nel registro degli indagati di 10 persone tra cui Fernando Ferroni, presidente dell'Infn, Stefano Ragazzi, direttore dei Laboratori, Raffaele Adinolfi Falcone, responsabile del servizio ambiente dei Laboratori, Dino Franciotti, responsabile della divisione tecnica dei Laboratori. 





Oltre ai vertici di Strada dei Parchi, che gestisce l'A24 che nel traforo lambisce anch'essa le falde acquifere, e della Ruzzo Reti, che gestisce il ciclo idrico integrato del teramano. 

Al vertici dell'Infn si contesta di aver mantenuto in esercizio i Laboratori senza aver verificato se vi fosse “un adeguato isolamento idraulico delle opere di captazione e convogliamento delle acque destinate ad uso idropotabile ricadenti nella struttura rispetto alle limitrofe potenziali fonti di contaminazione” e quindi senza attuare le misure “atte a scongiurare il rischio di contaminazione delle acque sotterranee”, così come di aver omesso di adottare “le misure necessarie per l'allontanamento della zona di rispetto delle sostanze pericolose detenute ed utilizzate nelle attività dei laboratori”.

Nel commentare l'esito dell'inchiesta, il procuratore capo teramano, Antonio Guerriero, ha ribadito, solo un mese fa, che “ci sono delle criticità su cui bisogna intervenire. Vent'anni fa il laboratorio fu sequestrato e furono stanziati 80 milioni di euro per effettuare tutta una serie di lavori che in realtà non sono stati fatti”, riferendosi al rilascio nell'ambiente, nel 2002, di 50 litri di pseudocumene, un composto usato dall’esperimento Borexino sul comportamento dei neutrini.

Sarebbe dunque utile sapere cosa ha finora prodotto, in due anni di studio, il super-consulente Saban, per superare per sempre questa emergenza.

Un interrogativo che si chiedono in molti anche in seno agli stessi Laboratori, dove, soprattutto tra i dirigenti, la superconsluenza non è passata inosservata. 

Se si parla di Laboratori, considerato l'incidente dell'estate del giugno 2016, e le parole del procuratore capo, la priorità dovrebbe essere l'impermeabilizzazione delle caverne sotterranee dove si svolgono importanti esperimenti che danno lustro ai laboratori, e intanto le procedure e le misure emergenziali volte a minimizzare i rischi.

Ancora oggi le preoccupazioni maggiori sono legate soprattutto all'esperimento Borexino, che utilizza 1.300 tonnellate di una soluzione con pseudocumene, e all'esperimento Large Volume Detector (LVD), che utilizza circa mille 1.000 tonnellate di acquaragia.





La consulenza di Saban ha avuto il via libera con la delibera numero 13.995 approvata a Roma il 26 febbraio 2016, con una riunione del cda, a cui hanno preso parte 33 dei 34 componenti. 

Consulenza motivata dalla “necessità di avvalersi di una professionalità esperta, dal punto di vista ingegneristico, al fine di omogeneizzare metodologie, condividere best pratices, e garantire la perenizzazione dei Laboratori nazionali del Gran Sasso, e nello specifico attraverso l'analisi tecnico scientifico delle attività, per studiare nuovi interventi specifici per la sicurezza, l'impiantistica e le infrastrutture”.

E ancora per “coordinare le attività di un pool centrale di ingegneri provenienti dai quattro lavoratori nazionali per ottimizzare le sinergie e le competenze al fine di programmare interventi di natura ingegneristica presso i laboratori stessi”.

L'incarico a Saban, si legge nella delibera, è stata proposta da Antonio Masiero, vicepresidente dell'Infn e docente di Fisica teorica all'Università di Padova, “accertata l'impossibilità di utilizzare risorse umane interne all'Infn”, e considerato che “l'individuazione di tale personalità esperta del massimo livello, esclude in sé ogni forma di comparazione”. 

Nella delibera la spesa complessiva per il contratto viene fissata a 377.481 euro, imputati sui fondi Infn, iscritti nel bilancio 2016.

Nel contratto d'opera sottoscritto dal presidente Infn Ferroni e da Saban la cifra del compenso viene però fissata a 291 mila euro lordi, omnicomprensivi, che al mese fanno comunque la cifra di 8 mila euro lordi. 

In un passaggio si specifica che “in riferimento alla gestione fiscale, ai compensi percepiti dal collaboratore sarà applicata la ritenuta a titolo d'imposta, con aliquota al 30 per cento, posto che il collaboratore si qualifica come soggetto fiscalmente non residente in Italia”.

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