SERENAMENTE. IL TASSO DI NATALITA' TENDE AD AUMENTARE DOPO I DISASTRI

L’AQUILA, SALGONO LE NASCITE: VOGLIA DI VITA DOPO IL SISMA

di Rocco Pollice*

29 Settembre 2010 07:54

Regione - Serenamente

L’AQUILA – Avevamo ragione. Anche se qualcuno diffidava e qualcun altro ne sorrideva, la percentuale dei nuovi nati a un anno dal terremoto è stata dello 0,05 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Questo è quello che ci indicano i dati Istat e l’Ufficio Statistica del Comune dell’Aquila. Quando la morte infligge ferite collettive alla vita (308 morti nel terremoto), emerge spontaneo, impellente, intenso l’attaccamento alla vita stessa.

Nella annualità precedente al 6 aprile 2009 all’Aquila vi erano 1.132 nuovi piccoli cittadini su 72.988 residenti, mentre nello stesso periodo successivo a quella drammatica data, 1.166 neonati su una popolazione di 72.696 abitanti.

Ancorché possa sembrare un numero poco significativo in termini statistici, la tendenza all’aumento del tasso di natalità è facilmente intuibile.

L’attaccamento alla vita, il desiderio di intimità e di comunione che spesso segue eventi di portata catastrofica come quello che ha interessato il territorio aquilano rappresentano, nell’ambito del fuoco ancestrale della conservazione della specie, l’anelito istintivo di sopravvivenza di una comunità scampata a un evento calamitoso, la voglia di generare, concepire, partorire, mettere al mondo altre vite nuove per colmare i vuoti lasciati dalla morte!

È il contrario della rassegnazione, è la più alta forma di concretizzazione della speranza. “Dum anima est, spes est”, sentenziava Cicerone, tradotto nel più diffuso adagio “Finché c’è vita c’è speranza!”.





È paradossale, ma accade che quanto più la vita è a rischio, più ci appare preziosa, ci si “aggrappa” alla vita stessa!

Durante le guerre, il tasso di suicidi scende a quota zero, perché le bombe minacciano l’esistenza e la rendono preziosa.

Al contrario, invece, più la vita è data per scontata, tanto meno apprezziamo il suo valore, tanto più frequentemente serpeggia il “taedium vitae”, il tedio, la stanchezza interiore, il disinteresse nei confronti della vita propria e altrui.

Quel numero percentuale sembra minimo, piccolo, a qualcuno potrebbe apparire insignificante. Ma è il germoglio della vita, la risposta dell’uomo alle sciagure e alle disgrazie che naturalmente è protesa in avanti, verso traiettorie e scenari narrativi positivi, nuovi, freschi e gioiosi.

La natura delle cose, le vicende della nostra specie suggeriscono entusiasmi, rinnovazioni, evoluzioni, giri di boa che hanno sempre portato alla capacità delle persone di inventarsi e impegnarsi per cose nuove e migliori.

Nelle situazioni di emergenza che abitualmente muovono i sistemi più arcaici e istintuali, legati alla sopravvivenza e al fronteggiamento delle difficoltà contingenti, segue una fase successiva, nella quale sono le aree più giovani e moderne in senso ontogenetico ed evolutivo che si sostituiscono alle precedenti, allo scopo di affrontare le nuove difficoltà in maniera più morbida e strategicamente efficace.





Ancorché ce lo si sia nel tempo scordato, la nostra specie animale ha ottenuto il “primato” rispetto alle altre specie, ha costruito la progressione del proprio successo evolutivo e operativo in funzione della pervasiva tendenza al senso della cooperazione, al senso di comunanza di scopi, alla creazione di una rete di sostegno stabile e immortale.

Si chiama intelligenza sociale e, insieme alla più vasta intelligenza emotiva, sta cercando di emergere sulle altre e sugli usi e costumi primitivamente più individualistici, che gli attuali modelli di riferimento tentano innaturalmente (ma purtroppo sempre con maggior successo..) di imporre.

Anna Achmatova scriveva: “Questa città, amata dalla fanciullezza, nella sua quiete dicembrina m’apparve oggi un retaggio che avevo sperperato…”.

La nascita di questi bimbi, il loro candore, il loro richiamo alla vita, dovrebbe insegnare molte cose a noi adulti, quelli a cui toccherà (se lo vorremo) fare in modo che la “Fenice” risorga più colorata di prima.

Senza disperdere il tempo e le energie verso propositi che si allontanino dal naturale senso di cooperazione, condivisione e partecipazione corale alla vita e all’esistenza comune.

* medico chirurgo, specialista in psichiatria e neuropsichiatria infantile, professore aggregato e ricercatore di Psichiatria all’Università dell’Aquila.

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