MALASANITA’: DONNA DI AVEZZANO MORTA PER TRASFUSIONI, MINISTERO CONDANNATO A RISARCIMENTO

20 Marzo 2019 17:37

L'Aquila -

AVEZZANO – Ministero della Salute condannato dalla Corte d'Appello di Roma a risarcire 800mila euro agli eredi di V.A, di Avezzano, morta nel 2008, dopo anni di sofferenze e trasfusioni di sangue: due letali. 

La vicenda ebbe origine nei primi anni '90, come ricorda Il Centro, quando la donna fu coinvolta in un drammatico incidente stradale dove subì pesantissimi danni fisici, con il conseguente ricovero in diversi ospedali e una lunga serie di trasfusioni di sangue.





Complessivamente furono una novantina le trasfusioni di sangue in tre ospedali: due in Abruzzo (L'Aquila e Teramo), uno nelle Marche (Ancona). L'odissea della donna, però, già segnata duramente da quel tragico incidente stradale, non era finita lì. 

Qualche imperdonabile leggerezza nel sistema dei controlli del sangue raccolto, le riservò la mazzata letale, venuta alla luce nel 2005: un virus, l'epatite C, causato dalla trasfusione di sangue infetto. Tre anni dopo, al termine di un altro calvario, V.A. morì.

Nel 2010 i figli della signora bussarono alla porta dell'avvocato Cristian Carpineta, per avviare la causa di risarcimento per morte causata da trasfusione infetta. Cartella clinica alla mano, il legale ricostruì la travagliata vicenda sanitaria, compresa la storia delle decine e decine di trasfusioni in quei tre ospedali. Non avendo certezza su quale ospedale, e quindi quale Azienda sanitaria chiamare a rispondere della trasfusione infetta, Carpineta optò per il ministero della Salute, in quanto soggetto responsabile.





In prima istanza, nel 2014, la causa intentata dai tre figli della donna fu respinta dai giudici del tribunale di Roma (competente per territorio), poiché negli anni '90 il ministero della Salute aveva delegato il compito delle trasfusioni alle allora Ulss (istituite nel 1978). Per i giudici la storia delle trasfusioni infette scoperte dal consulente di parte, il medico legale Giuseppe Stornelli – due, che sarebbero state effettuate all'ospedale di Ancona – era da addebitare alle strutture ospedaliere. La sconfitta in prima battuta, però, non fece desistere i familiari dall'azione risarcitoria contro il ministero della Salute. La prima sentenza fu impugnata dal legale.

I giudici, dopo la fase dibattimentale, hanno ribaltato la sentenza di primo grado del tribunale di Roma addebitando, al di là delle deleghe alle Aziende sanitarie degli anni Novanta, la colpa del contagio da trasfusione infetta, con la conseguente morte della donna, al ministero della Salute, con la “sentenza immediata a verbale”. 

Al termine della camera di consiglio, i giudici della Corte d'Appello di Roma hanno accolto la richiesta di risarcimento danni presentata dai familiari, assistiti dall'avvocato Cristian Carpineta, quantificati in 800mila euro.

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