DOLORE A CHIETI PER LA MORTE DELL'EX AD DI FIAT CHRYSLER AUTOMOBILES E TRA I FAMILIARI. CREMASCHI,''ERA CONTRO OPERAI E HA ISPIRATO JOBS ACT''

MARCHIONNE: CUGINA, ”IN POLITICA? UOMO INTEGRO, NON ACCETTAVA COMPROMESSI”

27 Luglio 2018 18:07

Regione -

CHIETI – “Sergio non avrebbe mai deciso di fare politica perché era uomo integro e non incline al compromesso”.

A raccontarlo all'Ansa Laura Mancini, cugina di Sergio Marchionne, figlia della sorella del padre del manager.





“Sergio – dice – è sempre stato un uomo schivo, riservato e informale che badava alla sostanza senza perdere di vista il fattore umano. Aspettava la pensione per poter venire a trascorrere un po' di tempo con noi parenti abruzzesi, ce lo ha detto anche l'ultima volta che è venuto”.

“Sergio non amava il clamore, la sovraesposizione mediatica, né le persone in cerca di facile notorietà – racconta con la voce flebile e affranta la parente – ha sempre vissuto in modo low profile nonostante la carriera prestigiosa che ha fatto lo abbia portato alla ribalta della scena internazionale. In casa sua quando era a Chieti si respirava un clima di grande serenità e mai di austerità come si potrebbe essere indotti a pensare visto che il padre era un Carabiniere. Sergio era un adolescente gioioso, affettuoso, giocherellone e compagnone”.

“Un ragazzo dall'intelligenza fuori dal comune. Negli anni cinquanta ho vissuto a Chieti in Via Galliani a casa degli zii Concezio e Maria, i genitori di Sergio per poter frequentare il Liceo Classico G.B. Vico. Zia Maria, che è venuta a mancare a maggio di quest'anno, per me è stata una mamma. Mi ha insegnato a cucinare, le buone maniere, il saper vivere. Sergio per me era un fratello, così come sua sorella Luciana. Da adulto, quando era con noi parenti, spesso si divertiva a parlare il dialetto ed era uno spasso”.





E sull'incarico a Torino: “Ricordo le sue riflessioni e i suoi dubbi quando fu chiamato dagli Agnelli a risolvere i problemi dell'azienda del Lingotto. Mi diceva che si trattava di un incarico di grande responsabilità. E fu con lo stesso senso di responsabilità che, dopo aver esaminato la situazione economica del gruppo, accettò l'incarico. Sentiva su di sé il peso dei problemi dell'azienda torinese e non voleva tradire le aspettative riposte su di lui dai tanti lavoratori Fiat”.

Intanto Giorgio Cremaschi, oggi tra i volti e le menti di Potere al popolo, già presidente del Comitato centrale della Fiom, l'organizzazione dei metalmeccanici della Cgil, che nel 2015 ha lasciato, sbattendo la porta, il sindacato dopo oltre quarant'anni di militanza, per decenni dall’altra parte della barricata rispetto a Marchionne, ha voluto parlare della sua figura in modo meno “romantico”.

“Sergio Marchionne è stato un funzionario del capitale – le parole di Cremaschi in un lungo post sul suo profilo Facebook che ha concesso anche a questo giornale – ed in particolare della famiglia Agnelli, in assoluta continuità con la storia dell'azienda e della sua proprietà. Così vanno giudicati la sua opera e gli effetti di essa, oltre il rispetto che sempre si deve di fronte alla morte dolorosa e prematura di una persona. Marchionne, come tutti i suoi predecessori, non ha difeso gli interessi del lavoro o del paese, ma quelli della proprietà. Una proprietà, quella della famiglia Agnelli, sempre più gaudente ed avara, della quale tutto si può dire tranne che faccia gli interessi di tutti. È questa proprietà che periodicamente i grandi manager Fiat hanno salvato, ultimo il manager nato a Chieti. Era la loro missione e questa hanno realizzato”.

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