MONICA PELLICCIONE, CRONISTA-MAMMA CON LA PASSIONE DI SCRIVERE

di Laura Biasini

24 Febbraio 2012 08:03

L'Aquila - Gallerie Fotografiche

L’AQUILA – Una giornalista grintosa e affermata, Monica Pelliccione, 38 anni.

È stata uno dei volti rassicuranti dell’emittente locale TvUno e una firma del quotidiano Il Centro. Ma tra le altre cose, può vantare attività di collaborazione con La Repubblica, Kataweb e con l’Agi, oltre a lavorare per vari uffici stampa come quello della Cisl. Si divide tra la carriera da cronista, quella di scrittrice, grande passione, e la più impegnativa di tutte, quella di mamma di Camilla, otto anni.

Ha iniziato l’attività di giornalista da giovanissima, ha sempre avuto questa passione?

Ho iniziato da giovanissima, a 19 anni. Ho sempre avuto una passione fortissima per la lettura e il giornalismo. In realtà mi sono avvicinata per caso alla professione: ad appena vent’anni sono stata chiamata da TvUno, l’emittente televisiva aquilana, e lì ho fatto le mie prime esperienze da giornalista. Ho continuato con la tv per quattro anni ed è comunque un’esperienza che mi è rimasta nel cuore, la tv mi ha regalato popolarità, ma per crescere professionalmente a un certo punto ho deciso di sganciarmi, perché la mia vera passione è la scrittura.

Qual è stata l’esperienza lavorativa più importante per la sua formazione, prima di tutto professionale ma anche personale?

Senza dubbio la collaborazione con Il Centro, che prosegue tuttora. È un grande giornale e per me ha rappresentato da subito un’esperienza professionale di altissimo livello. Ho trovato amici e colleghi che mi hanno insegnato moltissimo, sempre facendo un passo alla volta. È stato lì che ho capito che di cronisti è pieno il mondo, ma di giornalisti veri ce ne sono davvero pochi e sono tutti dietro le quinte.

Ci sono persone che nel corso della sua carriera hanno rappresentato delle guide, dei maestri?

Sicuramente sì. Giustino Parisse su tutti, il mio caporedattore, è una persona a cui sono davvero legatissima sia per motivi personali che professionali. Un grande giornalista e una persona di grande umanità. Paolo Carletti, che ora lavora fuori Abruzzo, era caporedattore quando sono arrivata al quotidiano Il Centro, è stato proprio lui a chiamarmi. E Alessandro Orsini che incontravo nelle varie conferenze stampa, e che mi ha regalato consigli preziosissimi per la mia crescita personale e professionale.





Da giornalista cosa ne pensa dei nuovi canali online, la nuova frontiera del giornalismo?

I portali di informazione online sono la nuova frontiera, il futuro. È un mezzo che conosco, considerando la mia collaborazione in passato con Kataweb, del gruppo Espresso, sito precursore in Italia di questo modo di fare informazione. Sono degli strumenti molto facili da consultare, comodi e soprattutto immediati ma credo rimarranno complementari alla carta stampata propriamente detta. Consulto sempre più di un sito web ma sfogliare un giornale è una sensazione completamente diversa che non si può sostituire. In fondo credo che ciò che è scritto, nero su bianco, sia ciò che materialmente resta.

A fianco all’attività di giornalista da qualche anno sta pubblicando anche dei libri. Finora ha pubblicato due testi: il primo, pubblicato nel 2005 è L’Aquila e il polo elettronico, Retroscena di una crisi. Da cosa deriva l’interesse per questo settore?

Si tratta di una ricostruzione della realtà industriale e sociale del capoluogo e l’idea è nata da un’intuizione di Giustino Parisse, ma nel corso della mia carriera giornalistica mi sono sempre occupata di tematiche sociali, economiche e sindacali e da tempo sono l’addetto stampa della Cisl, un impegno molto grande e molto importante per me. Insieme a Fabio Venanzi, abbiamo poi deciso di devolvere i proventi della vendita alle Rappresentanze sindacali unitarie del polo elettronico.

Come commenta la realtà industriale aquilana?

Credo che ciò che è mancato all’Aquila negli ultimi tempi sia il sostegno di quei grandi politici che invece in passato sono riusciti a portare qui quelle grandi aziende che hanno creato sviluppo. L’Aquila al momento non ha il sostegno politico di cui necessita e la cosa più triste è che non è una realtà che apre le porte ai giovani. Il terremoto ha solo inferto il colpo finale a una città già in declino. L’Aquila merita di rinascere e non solo dal punto di vista dell’edilizia ma come realtà sociale, partendo, prima di tutto dalle proprie potenzialità culturali che sono davvero enormi. Noi quarantenni abbiamo fatto grandi sacrifici e siamo riusciti a raggiungere degli obiettivi, mi chiedo se i nostri figli, se le generazioni più giovani avranno le stesse prospettive, se avranno un futuro?

Proprio per sua figlia, pensa di rimanere qui o di andare altrove per farla crescere con prospettive migliori?

La mia famiglia non ha avuto problemi a seguito del terremoto. La nostra casa è stata costruita con strumenti innovativi secondo criteri antisismici e non ha riportato danni, casa nostra è qui. Siamo molto legati all’Aquila, sia perché io e mio marito lavoriamo qui, sia perché nostra figlia è ormai radicata a questo territorio, ma la realtà è che qui non vedo prospettive per il suo futuro, sia per quanto riguarda le opportunità lavorative, sia per quanto riguarda la possibilità di avere relazioni sociali normali. Ricordo con nostalgia lo struscio sotto i portici e ora, invece, ci sono solo i centri commerciali. Nel weekend andiamo sempre via dall’Aquila, a volte anche fuori dall’Abruzzo perché voglio che mia figlia veda che la normalità è un’altra rispetto a quella in cui vive tutti i giorni, quella alla quale purtroppo ci stiamo abituando. Per lei mi auguro un futuro diverso.





La sua seconda pubblicazione si intitola Nel nome di Celestino, edito sempre dalla Carispaq. Come nasce il suo interesse per la figura di Celestino V?

Nasce da un interesse puramente personale. Sono profondamente legata alla figura di Celestino V e alla basilica di Santa Maria di Collemaggio, dove ho scelto di sposarmi. Si tratta di una ricostruzione storica di questa figura. Il testo era completo già prima del terremoto, l’avevo terminato appena poco tempo prima, era stato proprio l’ex direttore generale della Carispaq, Rinaldo Tordera, a spingermi a scriverlo. Però durante il periodo di emergenza l’avevo messo da parte, c’erano ben altre priorità a cui pensare, poi però ho capito che invece L’Aquila aveva bisogno di una voce. La nostra città ha un dono enorme, la seconda Porta Santa al mondo dopo quella di San Pietro a Roma. La Perdonanza Celestiniana è un evento religioso di grandissima importanza e potrebbe portare qui pellegrini da tutto il mondo. Bisognerebbe pubblicizzare meglio questo grandissimo evento. 

Il prologo del libro è dedicato ad alcuni ragazzi morti la notte del 6 aprile 2009, eravate moto legati?

Moltissimo, è dedicato a mia figlia Camilla e simbolicamente a Domenico e Maria Paola Parisse, i figli di Giustino e a Maurizio Antonini un ragazzo di Villa Sant’Angelo (L’Aquila) cui la mia famiglia era molto legata.

Il messaggio di pace e di perdono del papa del gran rifiuto è ancora attuale oggi, specie per i giovani, considerando gli episodi di cronaca nera sempre più numerosi che si stanno verificando all’Aquila?

Purtroppo le giovani generazioni sono fuorviate dal bombardamento dei media. Ormai i modelli di riferimento sono completamente diversi da quelli di vent’anni fa, si punta solo sull’estetica, sul risultato facile, sul successo immediato e sulla viabilità. C’è poco spazio per la riflessione sui valori veri, come costruire un percorso di vita su fondamenta solide. Nel mio ultimo libro, cerco di far passare proprio questo messaggio, attraverso la figura di Celestino V.

Sta lavorando a qualche nuovo progetto editoriale?

Se potessi scriverei libri in continuazione ma sono molto impegnata con Il Centro e con l’ufficio stampa della Cisl, ma al momento sto valutando un altro progetto editoriale, sulla figura di Giovanni Paolo II, vedremo…

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