ACCUSATI DI ABUSO D'UFFICIO E FALSO PER ITER COSTRUZIONE EDIFICI, IN PRIMO GRADO ASSOLTI TUTTI IMPUTATI PER INSUSSISTENZA FATTO

PESCARAPORTO: PROCURA RICORRE IN APPELLO CONTRO LA SENTENZA DEL GUP SARANDREA

5 Ottobre 2019 14:14

Regione - Cronaca

PESCARA – Ricorso alla Corte d'Appello dell'Aquila, da parte della Procura di Pescara, contro la sentenza del gup Gianluca Sarandrea che il 10 luglio scorso ha assolto, nell'ambito del procedimento con rito abbreviato sul caso 'Pescaraporto', tutti gli imputati. 

L'accusa, rappresentata dal procuratore capo Massimiliano Serpi e dall'aggiunto Anna Rita Mantini, aveva chiesto condanne comprese tra i 6 e i 10 mesi di reclusione per l'ex governatore Luciano D'Alfonso, il funzionario del Genio civile Vittorio Di Biase, l'avvocato Giuliano Milia, il direttore generale del Comune Guido Dezio e l'ex segretario della presidenza della Regione Claudio Ruffini. 





Le ipotesi di reato, di falso in atto pubblico e abuso d'ufficio, riguardano la variazione della destinazione d'uso del complesso edilizio che la società Pescaraporto, della quale fanno parte i figli dell'avvocato Milia, intendeva realizzare sul lungomare Sud di Pescara. 

Nel 2016 il Genio civile, tramite Di Biase e il responsabile tecnico Silvio Iervese, inizialmente espresse parere contrario, evidenziando una “situazione di potenziale pericolo idraulico” e neanche un mese dopo, con una nuova nota, che secondo l'accusa era stata confezionata “sulla falsariga di un appunto manoscritto da Milia” in seguito alle pressioni esercitate da D'Alfonso, concesse parere favorevole. 





Il gup, nelle motivazioni che accompagnano la sentenza, ha accolto tale ricostruzione dei fatti, ma ha valutato che tali fatti non hanno rilevanza penale, sia perché il Genio civile non aveva il potere di assumere provvedimenti interdittivi in materia, essendo gli enti competenti l'Autorità di bacino e il Servizio edilizia del Comune, sia perché non vi sarebbe stata alcuna marcia indietro del Genio civile, che una volta ricevuti i chiarimenti richiesti dagli enti competenti non avrebbe fatto altro che “definire il proprio iter nei termini in cui ciò avvenne”. 

La Procura non è dello stesso avviso e spetterà ora alla Corte d'Appello dell'Aquila il compito di fare chiarezza su questi aspetti. 

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