PREMIO SOLIDARIETA’ FONDAZIONE CARISPAQ AL CENTRO ANTIVIOLENZA, LA DANDINI LODA CORAGGIO DELLE DONNE

di Loredana Lombardo

3 Maggio 2018 09:30

L'Aquila - Cultura

L’AQUILA – “Il femminicidio è solo la punta di un iceberg, per questo pensiamo che non bisogna smettere di parlarne e cercare, anche attraverso il teatro, di sensibilizzare il più possibile l’opinione pubblica”.

Serena Dandini, autrice e conduttrice televisiva, ha consegnato ieri all’Auditorium del Parco il Premio per la solidarietà della Fondazione Carispaq all’associazione “Donatella Tellini”, Centro antiviolenza per le donne.

Un riconoscimento nato nel 2014 per volontà del presidente della Fondazione Marco Fanfani, con l’intento di intervenire in un settore importante per la rinascita sociale del territorio colpito dal sisma del 2009 e con l’obiettivo di dare un riconoscimento al valore e all’impegno delle personalità, associazioni o istituzioni che si distinguono per il loro lavoro a favore del mondo del volontariato, rivolgendosi quindi  a tutti coloro che operano quotidianamente nell’ambito della solidarietà e dell’impegno sociale.

Insieme alla Dandini, per parlare anche di cultura della prevenzione su un argomento tanto urgente quanto delicato, Lella Palladino, presidente nazionale della Di.Re., la rete dei centri antiviolenza con 80 associati in tutte le regioni italiane. 

Ha coordinato i lavori Alessandro Acciavatti, cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. 

L'impegno della Dandini si è concretizzato nel 2012, con la collaborazione di Maura Misiti, che lavora al Cnr, con la realizzazione dello spettacolo teatrale “Ferite a morte”, una pieces che nasce da fatti reali di cronaca, mescolati alla fantasia dell’autrice e che porta sul palco la voce delle donne che hanno preso la vita per mano “di chi diceva di amarle”.

Uno spettacolo che è andato in scena in tanti teatri in Italia e all’estero, nato dalla voglia, “di sviscerare la tematica della violenza di genere, senza spettacolarizzarla e senza cinismo televisivo, iuscendo a mettere anche dell’humor, raccontanto quello che erano queste donne prima di finire vittime dei loro carnefici”, come chiarito dall'autrice.





“Tutti i monologhi di Ferite a morte ci parlano di delitti annunciati – ha spiegato la Dandini ad AbruzzoWeb – degli omicidi di donne da parte degli uomini che avrebbero dovuto amarle e proteggerle. Non a caso i colpevoli sono spesso mariti, fidanzati o ex, con un’impressionante cadenza, che continua a riempire le pagine della nostra cronaca”.

E la Dandini è partita proprio da un caso di cronaca che la scosse molto.

“Una giovanissima della Palermo bene venne uccisa dal fidanzatino che ha sfregiato anche la sorellina più piccola. Io avevo già cominciato a scrivere questi monologhi e questo episodio alla fine è stato il motore propulsivo, per fare qualcosa affinchè nessuno dimenticasse!”.

Delitti annunciati alle quali oggi le donne cercano di reagire, di arginare denunciando, sempre più spesso, i loro carnefici.

“Il diagramma degli omicidi è sempre lo stesso – ha aggiunto – ma aumentano le denunce perchè c’è più coscenza a riguardo. Per cui adesso le donne sempre più spesso si ribellano, pur trovandosi in un campo minato dai sentimenti”.

Si tratta comunque, “di un piccolo passo, anche perché spesso non succede nulla. Una situazione ancora da monitorare, perchè la denuncia da sola non basta”.

L'autrice non si è fermata alla trasposizione teatrale, ma Ferite a morte è diventato anche un libro, “un progetto per promuovere l'impegno civile”.

Per la Dandini comunque il problema della violenza non è “un destino ineluttabile, o un effetto collaterale dell’essere donna. Ci sono Paesi dove le cose sono migliorate, grazie a leggi virtuose e iniziative coordinate”.





E il primo rimedio è “informare, fin dalla prima scolarizzazione. Lavorare sulla cultura, partendo dalle scuole, questa è la rivoluzione che dobbiamo fare, non bisogna aver paura di parlarne, fare educazione sentimentale”.

“Sono felice di essere qui, questo centro anti violenza dell’Aquila è straordinario, come molti altri sparsi nel territorio nazionale. avanposti in un deserto, che vanno avanti e salvano vite umane con molte difficoltà. Spesso con pochi fondi”.

Con questo premio la Fondazione Carispaq ha assegnato anche due menzioni speciali al Centro antiviolenza e Casa delle Donne “La Libellula” di Sulmona e all’Associazione “Liberi per Liberare” di Avezzano.

“In questa fase storica – ha commentato Fanfani – caratterizzata da tante forme di violenza, quella contro le donne è la più ignobile. Gli episodi di cronaca di cui siamo a conoscenza sono sempre più feroci e noi siamo chiamati a fare la nostra parte per ovviare a questo triste fenomeno”.

“Sosterremo sempre le associazioni che si spendono per fare informazione e prevenire il fenomeno – ha aggiunto – anche perché L’Aquila ha avuto tanta solidarietà in questi anni e dobbiamo distinguerci nelle nostre competenze con gesti di impegno”.

“In questi anni sono pasate da noi 450 donne – ha commentato il presidente del centro antiviolenza Simona Giannangeli, che ha ritirato il Premio – che hanno svolto il percorso di accoglienza presso il centro insieme alle operatrici. Inoltre ci sono state120 donne che non hanno poi intrapreso un percoso, per la maggior parte sono italiane, più della metà delle migranti sono risultate essere legate a uomini di cittadinanza italiana”.

Nelle precedenti edizioni sono stati premiati Martina Giangrande, figlia del maresciallo dei carabinieri ferito davanti a Palazzo Chigi il giorno dell’insediamento del Governo di Enrico Letta, l’associazione Aptdh che tutela e promuove i diritti dei diversamente abili dell’Aquila, mentre nel 2017 il Premio è stato assegnato alla memoria dell’ingegnere Francesco D’Amanzo, per il suo lavoro con i bambini ospedalizzati come clown in corsia, scomparso prematuramente.

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