RICORSO AL TRIBUNALE DEL LAVORO DEL SINDACATO , ''MODIFICATO ACCORDO DOPO CHE ERA STATO SOTTOSCRITTO'' SOTTO ACCUSA PRESIDENTE REGIONE ED EX CAPO DI GABINETTO AD INTERIM A RISORSE ED ORGANIZZAZIONE

REGIONE: ‘COMPORTAMENTO ANTISINDACALE’, CGIL CONTRO MARSILIO E BERNARDINI

24 Giugno 2019 07:28

Regione - Politica

L'AQUILA – Grave “comportamento antisindacale”. Per aver “modificato a posteriori”, un accordo già sottoscritto, aumentando la retribuzione di risultato dei dipendenti regionali. “Calpestando le norme del contratto collettivo nazionale di lavoro, e le più elementari regole della contrattazione tra ente e rappresentanti dei lavoratori”.

Sono accuse pesanti, quelle messe nero su bianco dalla Cgil Funzione Pubblica in un ricorso al Tribunale del lavoro dell'Aquila. Rivolte presidente della Regione Marco Marsilio di Fratelli d'Italia,  e Fabrizio Bernardini, ex capo di gabinetto della Presidenza del governatore Luciano D'Alfonso del Partito democratico, con interim alle Risorse ed organizzazione. Autore materiale della “sveltina”, a detta del sindacato

Proprio  il Bernardini che voci insistenti danno vicino ad una riconferma, probabilmente come nuovo direttore generale, al posto di Vincenzo Rivera, altro ex fedelissimo di D'Alfonso, che potrebbe restare in sella nell'Ufficio della ricostruzione di Teramo.

Bernardini, ha del resto cominciato a prendere le distanze dal centrosinistra che lo ha portato in Regione dalla Provincia di Pescara, nella quale è stato tra le altre cose segretario generale, già prima della disfatta del 10 febbraio, accreditandosi come fidato braccio destro di Marsilio, in questa fase di transizione, anche per le sue indubbie competenze.

L'ipotesi di una sua riconferma al vertice manda però in bestia chi nella maggioranza, in particolare  nella Lega, azionista di maggioranza in Regione, vorrebbe fare piazza pulita di alti papaveri legati alla precedente legislatura, e piazzare al loro posto uomini davvero di fiducia, procedendo insomma finalmente  allo spoil system, da attuare in 180 giorni, ma ancora al palo.

Non è dunque detto che Bernardini riesca a superare indenne le forche caudine dello spoil system. Una cosa è certa: chi vorrebbe davvero auspicherebbe una sua rimozione a questo punto è la Cgil.





Basta leggere i contenuti del ricorso, a firma il segretario regionale Cgil Fp Paola Puglielli che chiede al Tribunale del Lavoro, di annullare la delibera 210 del 23 aprile, “Criteri per il conferimento, la revoca e la gradazione delle posizioni organizzative”, approvata dalla dalla giunta di Marsilio, che ha recepito un accordo che, però, seppure firmato dalle altre organizzazioni sindacali, sarebbe stato stravolto a posteriori dalla “manina” di Bernardini.

Tutto  ha avuto  inizio con la convocazione dei sindacati il 14 marzo, per il confronto sui “criteri generali relativi ai sistemi di incentivazione”. Nel corso della riunione, si legge nel ricorso, “si è svolta un'articolata discussione e sono state concordate le modifiche”. Nel successivo incontro del 21 marzo  l'accordo è stato  confermato e chiuso.

E accaduto però, denuncia la Cgil, che Bernardini avrebbe letteralmente cambiato le carte in tavola, visto che è stata recapitato a inizio aprile un documento “con alcune modifiche apportate”, su cui “chiudere  definitivamente chiudere il confronto”.

Ed è stato quest'ultimo il documento che  con somma rabbia della Cgil  è stato sottoscritto dalla Regione e dalle altre sigle sindacali il 10 aprile e  poi è recepito dalla delibera del 23 aprile.

Una “condotta gravissima”, protesta la Cgil, visto che il contratto collettivo nazionale parla chiaro: ” il confronto è la modalità attraverso la quale si instaura un dialogo approfondito sulle materie rimesse a livello di relazione al fine di consentire soggetti sindacali di esprimere valutazioni esaustive e di partecipare costruttivamente alla definizione delle misure che l'enti intende adottare”. Contratto che codifica tempi, procedure e passaggi.

Per la Cgil sono pertanto illegittima le  “modifica apportate unilateralmente dal dottor Bernardini, azzerando di fatto le risultanze di un precedente iter procedurale condiviso da più parti”.

 Quello messo nero su bianco nel verbale del 21 marzo.





Per di più  la modifica è stata “irritualmente comunicata alle sigle sindacali fuori tempo massimo e 'fra le righe', insieme ad un altro argomento”.

Non è solo una questione di forma, ma di sostanza, protesta la Cgil.

Tra i due documenti ci sono infatti sostanziali differenze: uno spostamento temporale dal 2017 al 2018 del numero delle posizioni organizzative da assegnare, l'inserimento di ulteriori commi e “differenti previsioni circa le modalità e il numero delle candidature.

E' stato poi eliminato il riferimento alle norme anticorruzione. E soprattutto, protesta il sindacato, è stato elevato dal 15% al 20% delle retribuzioni di posizione, l'ammontare della retribuzione di risultato annua.  Più altre modifiche, che non erano state concordate nell'accordo del 21 marzo.

Ancora più “grave” si legge nel ricorso, è che “la unilaterale definizione della percentuale della retribuzione di risultato annua è materia di contrattazione e per essa non è stata consegnata alcuna preventiva relazione illustrativa circa i suoi effetti economici”. Tenuto conto che non risulta ancora approvato il nuovo sistema di valutazione, che introduce una maggiore meritocrazia e differenziazione del premio individuale.

Addirittura, incalza la Cgil, si vìola l'articolo 14 del contratto nazionale decentrato in cui si prevede espressamente che “la quota complessiva annualmente destinata al risultato è pari al 15% delle risorse complessivamente finalizzata alla erogazione della retribuzione di posizione è di risultato”. Non il 20% “arrotondato” da Bernardini.

Un evidente caso di comportamento antisindacale, insomma, conclude nel ricorso la Cgil, che ha “una portata intimidatoria sul libro esercizio delle scelte delle azioni sindacali”.

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