RICOSTRUZIONE: DI STEFANO, PONTE BELVEDERE ESEMPIO OCCASIONI PERDUTE

1 Marzo 2019 11:02

L'Aquila -

L'AQUILA – “La discussione non può essere solo sul Ponte Belvedere ma andrebbe ripresa anche quella sulla costruzione di una sede nuova e sicura per i servizi del Comune a Pile, del parcheggio di Porta Leone al posto del complesso dell’Ater, del Piano per l’area dell’ex Ospedale, di Porta Barete, Villa Gioia, Viale della Croce Rossa, delle mura urbiche, del Parco delle Acque, l’ascensore dal parcheggio di Collemaggio fino a via Rendina, il monumento alle vittime del sisma di Piazzale Paoli o quello che dovrebbe nascere al posto dell’ex casa dello studente, insieme a tanti altri progetti fuori centro storico come la variante dell’Aquila, il complesso di Paganica, il PalaJapan, Piazza d’Armi, Collemaggio e via dicendo: tutte opere pianificate e finanziate ma ferme”.

È la riflessione che l'ex assessore alla Ricostruzione del Comune dell'Aquila, Pietro Di Stefano, affida a una nota nei giorni in cui sembra tornare d'attualità il dibattito sul futuro di Ponte Belvedere, che a dieci anni dal terremoto, dopo studi e analisi, è inesorabilmente fermo al 6 aprile.

“A leggere gli avvenimenti e gli interventi sul Ponte mi viene da pensare che a breve diventeremo il luogo delle occasioni perdute con il Ponte che rappresenta l’esempio di una serie di cose che faranno la stessa fine nel totale caos tecnico e amministrativo”, afferma Di Stefano.





“Nel corso degli anni passati mi sono molto speso pubblicamente per la sua sostituzione completa – ricorda l'ex assessore – proponendo un concorso i progettazione per un’opera nuova, frutto del nostro tempo, con appoggi diversi e aperta ad altro progetto di collegamento della sommità del Belvedere con l’ex Alenia e da li per Roio”.

“Sul ponte di Belvedere non serve a nulla dire è brutto o bello, è semplicemente figlio del suo tempo che doveva assolvere ad una funzione di collegamento di parti importanti della città e in questi anni lo ha fatto bene”.

“Ma le città, fuori dalla loro parte storica, sono sempre in perenne trasformazione, vedi Pescara con i suoi ponti e le Torri Camuzzi, o addirittura Parigi con il Centro Pompidou. E tale poteva essere anche il nostro ponte passando da una architettura del calcestruzzo degli anni 60 ad una architettura moderna e studiata per il contesto e anche per gli accadimenti  del 2009”.





“Conservo ancora uno studio di best pratice nel mondo che usavo per far capire come le opere pubbliche, i ponti, segnano le trasformazioni dei luoghi, le loro abitudini e anche la loro appartenenza”, continua Di Stefano.

“Sono sempre del parere che oggi quel manufatto vada consegnato alla storia cittadina per essere sostituito da altra opera, che favorisca anche una completa riqualificazione dell’area sottostante, non solo nelle abitazioni presenti ma anche negli spazi pubblici: come non vedere il parcheggio che si allarga con la rimozione del pilone oppure come non pensare ad un parcheggio interrato al posto dell’ex benzinaio all’imbocco di via Fontesecco?”, aggiunge l'ex assessore.

Di Stefano, che fa notare come tutte quelle elencate insieme ad altre opere di privati “segnavano la trasformazione di una città nella sua fase di passaggio dal terremoto ad una nuova missione”, auspica infine “che la pasticciata vicenda del ponte apra ad una nuova complessiva riflessione magari con la velocità e l’impegno che finora non hanno brillato”.

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