VIAGGIO NEL CRATERE/29: IL SINDACO CASTAGNA, ''TEMIAMO TEMPI UNIVERSITA'''

RICOSTRUZIONE: OFENA, ”SVELTIRE LE PROCEDURE SUI LAVORI”

di Silvia Santucci

21 Settembre 2011 21:15

L'Aquila -

OFENA – Ofena è un piccolo comune della provincia aquilana che conta 561 abitanti, che aumentano notevolmente in estate e nel week-end; parte del suo territorio si trova nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga ma, anche in questo splendido scenario, il terremoto non ha mancato di lasciare i suoi segni.

Diversi sono i problemi che attanagliano questa piccola realtà, stavolta, però, non si tratta solo di questioni economiche e pratiche.

Alcuni sembrano aver dimenticato la piccola Ofena, come spiega ad AbruzzoWeb il sindaco Mauro Castagna.





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Quante vittime e quali danni ha fatto il terremoto?

Fortunatamente non ci sono state vittime, né feriti, per lo meno niente di grave. Per quanto riguarda i danni, nel centro storico sono crollati muri e ci sono danni gravi ad alcune case mentre, al di fuori del centro storico, molte case sono state classificate inagibili: facendo una stima approssimativa l’8 per cento sono “E” e le restanti “B” e “C” con danni minori.

Come è stata risolta l’emergenza abitativa?

La nostra amministrazione è entrata alla fine di maggio ma ricordo che, nell’immediato post-terremoto, era stata allestita per alcuni mesi una piccola tendopoli, vicino al piazzale sportivo, nella parte bassa del paese. Succesivamente, non essendo stata fatta alcuna richiesta per i Map (moduli abitativi provvisori, ndr), sono stati messi a disposizione i pochi appartamenti del comune ma la maggior parte delle persone hanno dovuto trovare una sistemazione in autonomia, chiedendo appoggio ad amici o parenti. Molti di loro, purtroppo, continuano a non avere la casa agibile e non hanno trovato una sistemazione adeguata.

Quali sono le condizioni della zona rossa? Potrà essere ristretta a breve?

La zona rossa comprende una perimetrazione abbastanza limitata che va dalla piazza principale fino alla parte alta del paese, ci sono, però, molte strade interne del centro chiuse al passaggio dei pedoni perché ritenute pericolose a causa di pareti già crollate o per quelle che ancora non sono state messe in sicurezza. L’Università di Pescara si sta occupando del piano di ricostruzione e dovrebbe trovarsi a una fase terminale per quanto riguarda il piano di ricognizione ma la tempistica, sinceramente, ci preoccupa: gli ingegneri e i progettisti che devono occuparsi di più di un progetto, il più delle volte, allungano i tempi; ci sono, poi, molte prime o seconde case di persone che risiedono altrove e che, in qualche caso, non si riesce neppure a contattare e infine, si tratta pur sempre di un lavoro dell’università, i cui tempi coincidono con quelli di studio e dei progetti.





A che punto è il piano di ricostruzione a Ofena?

Per ora di ricostruzione vera e propria si è fatto poco, i prossimi mesi saranno quelli determinanti anche perché i consorzi e gli aggregati che dovrebbero stabilire gli interventi di ricostruzione sono, per lo meno, stati definiti. Potremmo dire che si è conclusa la fase progettuale e che siamo finalmente in quella operativa.

A oggi, qual è il problema più urgente da affrontare?

Bisognerebbe migliorare la burocrazia, in particolare accelerare il passaggio dalla fase di progettualità a quella operativa e creare un contatto più diretto con i singoli proprietari e anche riconoscere non solo gli obblighi e i doveri dei comuni, ma anche quelli di progettisti e ingegneri. In questo modo, riusciremo a realizzare i nostri primi obiettivi nell’immediato, che vedono, oltre che i lavori di ordinaria manutenzione, il recupero di edifici da destinare a coloro che ne hanno bisogno. D’altra parte, Ofena si trova già da anni nella stessa situazione di molti altri comuni dell’aquilano che hanno difficili prospettive di sviluppo, avendo poca gente, poco lavoro, pochi progetti.

Cosa vorrebbe dire al commissario per la ricostruzione?

Vorrei chiedergli perché, dopo due anni e mezzo, ci troviamo in questa situazione “non ideale”, una situazione che nessuno di noi avrebbe mai immaginato, soprattutto per i paesi più piccoli, come il nostro, dove sarebbe stato più semplice agire rispetto ad altri. Vorrei che si cercasse di capire quali sono stati gli errori commessi in passato e cercare di porvi rimedio.

Quanto ci vorrà per ricostruire il suo paese?

Per la ricostruzione lieve spero, entro inizio primavera, di terminare i piccoli interventi; per le case E, invece, dipenderà più che altro dai consorzi ma dovrebbero farcela entro un anno. Il centro storico, invece, è in una situazione più delicata: entro fine anno l’università dovrebbe aver finito la fase progettuale ma si dovrà poi considerare la disponibilità economica, nonché la pertecipazione dei non residenti. (s.s.)

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