RIZZO IN ABRUZZO, ”MARCHIONNE? MIO PADRE OPERAIO MORI’ DI CANCRO, MA FATTO PRIVATO”

di Roberto Santilli

23 Luglio 2018 07:00

Italia - Politica

L’AQUILA – “Mio padre era un operaio delle Carrozzerie di Mirafiori, morì di cancro a 62 anni. La morte di mio padre, così come lo stato di salute di Sergio Marchionne, sono fatti privati. Le vicende private non si commentano”.

Sarà in Abruzzo, a Tollo (Chieti), il prossimo 4 agosto, Marco Rizzo, per una iniziativa a sostegno del Partito Comunista di cui è segretario. 

E, in attesa di rimettere piede in regione, non si tira indietro nel rispondere a una domanda su Sergio Marchionne, 66enne manager italo-canadese nato a Chieti, ormai ex amministratore delegato di Fiat Chrysler Automobiles (Fca) in condizioni gravissime all’ospedale Universitario di Zurigo per un brutto male.

Un nome, quello di Marchionne, che in Abruzzo significa fondamentalmente Sevel di Atessa (Chieti), la più grande fabbrica italiana della Fca che va avanti tra sogni di gloria e momenti più che aspri tra, da una parte, lavoratori e sindacati, e dall’altra quei vertici che proprio il manager in fin di vita ha rappresentato e senza dubbio continuerà a rappresentare, come simbolo, anche dopo una morte “fatta capire” nel fine settimana, come impone il modus operandi del capitalismo moderno, per evitare guai, ossia perdite, in borsa, annunciando al tempo stesso il sostituto, Mike Manley.





Proprio di fronte ai cancelli della fabbrica in Val di Sangro, lo scorso venerdì 20 luglio è partita la campagna nazionale del Partito Comunista contro il governo dei 5 Stelle e della Lega. 

In Abruzzo, soprattutto a livello industriale, le questioni sono sempre aperte – afferma Rizzo ad AbruzzoWeb – e rappresentano quello che considero un paradigma che riguarda il dramma delle piccole regioni del centro-sud”.

“Quelle regioni schiacciate dai vincoli europei e privi di una politica di programmazione industriale che peraltro manca su tutto il territorio nazionale”, prosegue l’esponente del Partito Comunista, “un partito che ormai è di nuovo presente in tutta Italia, Abruzzo compreso”. 

“Bisogna capire su quale versante ci si vuole schierare – dice ancora – se si sta, ad esempio nel commercio, con le multinazionali che vanno e vengono, che fanno delocalizzazioni, il lavoro si perde”.





Sul governo M5s-Lega, Rizzo dichiara che “alcune promesse fatte in campagna elettorale non sono state rispettate. A noi, per capirci, Euro e Nato non stanno affatto bene e vanno abbandonati. Intanto, però, grillini e leghisti vanno d’accordo sull’aumento delle spese militari”.

“E poi, il no al Ceta è sostanzialmente formale, significa che, purtroppo, non lo blocca davvero”, polemizza poi sul Comprehensive economic and Trade agreement (Ceta), l’accordo di libero scambio tra Europa e Canada.

“Mentre, sul The Japan-Eu Free Trade Agreement, il Jefta, l’accordo di libero scambio tra Europa e Giappone, c’è un sì che non ci piace per niente”, precisa Rizzo.

“La domanda ‘e allora il Pd?’ non ha più senso, nonostante per fare ‘meglio’ del Partito democratico basti una ‘virgola’. Qui si deve ripristinare l’Articolo 18 e togliere di mezzo il Jobs act, parlare la piena occupazione, per i contratti a tempo indeterminato, invece il governo sta sul campo dell’avversario, cioè nel campo del lavoro precario, a tempo determinato. Leggo il Decreto dignità, ma alla fine i padroni cosa faranno. La partita, in sostanza, si gioca sul terreno sociale. Non vorrei che questo governo fosse una specie di ‘Renzi meno uno’”, conclude.

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