TUTTI I NUMERI DELLA RICERCA SOCIETÀ ITALIANA EPIDEMIOLOGIA PSICHIATRICA, ''INTOLLERABILI DISOMOGENEITA' TRA REGIONE E REGIONE, CHE E' UNA LESIONE DEI DIRITTI E FAVORISCE LA MOBILITA' PASSIVA''

SALUTE MENTALE IN ABRUZZO: META’ POSTI LETTO RISPETTO A MEDIA, E POCO PERSONALE

14 Giugno 2019 08:00

Regione -

L'AQUILA – Il sistema di cura per la salute mentale in Abruzzo è caratterizzato da alcuni significativi punti di debolezza come uno scarso numero di strutture territoriali, la metà rispetto alla media italiana, ed una scarsa dotazione di personale. 

Questa riduzione di risorse condiziona, probabilmente, le minori prestazioni per utente e un uso più elevato di antipsicotici. 

A dirlo numeri alla mano è la poderosa ricerca  “Analisi dei Sistemi Regionali per la Salute Mentale Criticità e priorità per la programmazione”, realizzata dalla Società italiana di epidemiologia psichiatrica.

Uno studio che dovrà essere al centro anche e sopratutto delle politiche sanitarie della Regione Abruzzo, di cui porta la croce l'assessore Nicoletta Verì, ancor prima della partita, soprattutto politica, della nomina dei direttori generali della Asl. E del resto molti operatori del settore hanno gia' segnalato all'assessore le pesanti e irrisolte problematiche. 

Tra i punti di forza, comunque laricerca individua per l'Abruzzo, un basso tasso di ospedalizzazione psichiatrica fuori da reparti psichiatrici, un buon turn-over e una durata del trattamento inferiore al valore medio nazionale presso le strutture residenziali.

I Servizi della Regione Abruzzo presentano infine una minore frequenza delle diagnosi di depressione, mania e schizofrenia.

Il presidente della Società italiana di epidemiologia psichiatrica, Fabrizio Starace, osserva, nell'introdurre la ricerca, che “prima che la “regionalizzazione della sanità” fosse sancita dalla Riforma Costituzionale del 2001, la Legge 180 e la 833 del 1978 assegnavano alle Regioni il compito e la responsabilità di programmare sistemi di cura per la salute mentale che rispondessero ai principi della deistituzionalizzazione e della territorializzazione dell’assistenza. Questo compito è stato assolto con modalità molto diverse da Regione a Regione”.

Questa disomogeneità per Starace, “si configura nei fatti come una lesione del diritto di ciascun cittadino a ricevere livelli essenziali di assistenza a prescindere dalla Regione di residenza. Le intollerabili disuguaglianze inter- regionali sono tanto più odiose in quanto non risolvibili ricorrendo a centri o specialisti di un’altra Regione, attivando la c.d. mobilità passiva a carico della Regione inefficiente. L’assistenza territoriale, infatti, salvo naturalmente le fasi di acuzie che richiedono ricovero ospedaliero, è rigidamente prestata ai soli cittadini residenti nell’area di competenza del Dipartimenti di salute mentale”.





Prioritario è per lui la “necessità di ampliare l’offerta di strutture territoriali e di rinforzare la dotazione di personale, anche per porre sotto controllo l’elevata prescrizione di farmaci antipsicotici. La scarsa continuità terapeutica pone la questione del coordinamento della rete dei servizi territoriali con quelli ospedalieri”.

Un problema che riguarda in particolare proprio l'Abruzzo. 

La Rete dei Servizi di salute mentale mostrano infatti  considerevoli carenze rispetto all’offerta di strutture territoriali: sono 1,3 per 100.000 abitanti, il 50 % in meno rispetto alla media nazionale. Lo stesso dicasi per le strutture semiresidenziali 1,4  ogni 100.000 abitanti: -12,5% rispetto la media. 

Anche i posti letto nei Servizi psichiatrici di diagnosi e cura  (-17,9%) e l’offerta residenziale (-19,4%) sono al di sotto dei valori di riferimento nazionali. 

Inoltre i trattamenti in strutture residenziali sono sensibilmente più brevi del valore di riferimento (-64,8%). 

Inferiori alla media nazionale risultano gli investimenti in risorse umane, con una dotazione di personale (-43,3%).

In Abruzzo si spende poco per la Salute Mentale: 67,6 euro pro capite, il 10,5% in meno anche qui rispetto alla media nazionale. 

Le criticità evidenziate si associano a una sensibile riduzione delle prestazioni per utente (-62,3%) e della prevalenza trattata (-11,3), mentre si osserva una buona capacità di intercettare i nuovi casi (+12,5%).

Il ricorso alla gestione ospedaliera in Spdc risulta aumentato (+14,5%), mentre risulta molto contenuto il tasso di dimissioni con diagnosi psichiatrica da reparti non psichiatrici (-38,7%). 





I servizi presentano grosse difficoltà nel garantire continuità assistenziale (-87,8%).

Dato positivo è che la gestione delle crisi mostra dati inferiori di ricorso al Trattamento sanitario obbligatorio, 14 casi ogni centomila abitanti, (-12,5%) 

Anche la presenza di utenti in strutture residenziali è inferiore al valore medio nazionale (-22,2%), mentre risultano maggiori le nuove ammissioni (+39,2%).

Relativamente alle attività di prescrizione farmacologica, se dal punto di vista della prevalenza delle diagnosi i Servizi della Regione Abruzzo presentano una minore frequenza delle diagnosi di depressione (-34%), mania (-22,1%) e schizofrenia (-22,9), la prescrizione di farmaci risulta diminuita solo per gli antidepressivi (-5,8%), mentre si osserva un certo aumento per i Sali di litio (+17,2%). 

La prescrizione di antipsicotici risulta però molto superiore alla media nazionale (+45 %).

Numeri che non sorprendono gli addetti ai lavori, e i familiari delle persone bisognosi di cura. 
Sandro Sirolli, psicologo, ed ex direttore del Centro diurno psichiatrico dell’Aquila, solo per fare un esempio, aveva illustrto al nuovo esecutivo reginale tutti i drammatici problemi sul campo, già all'indomani delle elezioni. In primis destinare molte più risorse ai Csm, per porre rimedio al taglio delle ore di apertura disposte nel lontano 2014.

“I Centri di Salute Mentale  – aveva spiegato Sirolli – devono essere il fulcro di progetti personalizzati incentrati sull'inclusione sociale, relazionale e lavorativa, senza separazione e con vera integrazione. Le basi per una 'buona cura' , come nello spirito della Legge Basaglia, che ha portato alla chiusura dei manicomi, e sulla base del Progetto Obiettivo 'Tutela salute mentale 1998-2000', che ha definito il ruolo dei Csm in Italia. Strutture che non devono certo solo occuparsi di interventi finalizzati alla gestione delle crisi e dell’urgenza psichiatrica, nella logica del controllo sociale”.

Detto questo, appare evidente che “con i tagli di risorse effettuati a partire dal 2014, non c'è personale sufficiente a centrare questi obiettivi, e sopratutto più o meno tutti i Csm hanno dovuto ridurre gli orari di apertura. Prima , anche nel rispetto del piano sanitario regionale, erano tutti o quasi sulle 12 ore, 5 giorni a settimana. Ora se alcuni centri mantengono con fatica le ,12 ore, gli altri sono sulle 8 ore e anche meno.

Altro problema da affrontare è la carenza di progetti per l’inclusione lavorativa: come più volte evidenziato le borse lavoro destinate a persone con sofferenza mentale sono molto poche e assolutamente non sufficienti. E sono ancora più scarsi i progetti personalizzati che prevedono l’evoluzione della borse lavoro in un inserimento lavorativo vero e proprio, coinvolgendo in primis le cooperative sociali, le associazioni e gli enti del terzo Settore.

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