DOPO BOCCIATURA TAVOLO MONITORAGGIO ED ESPOSTI IN PROCURA, GIUNTA VARA PROVVEDIMENTO CHE RIBALTA QUELLO, CHIACCHIERATO, DEL 18 GIUGNO: ECCO DI NUOVO TETTI DI SPESA, CONTROLLI RICOVERI E APPROPRIATEZZA PRESTAZIONI

SANITA’: CLINICHE PRIVATE, CENTRODESTRA FA DIETROFRONT DOPO ALTOLA’ MINISTERO

di Filippo Tronca

16 Ottobre 2019 08:05

Regione -

L’AQUILA – Una dura legnata, arrivata dal Tavolo di monitoraggio del ministero della Salute del 30 luglio, a cui è sottoposto l’Abruzzo nonostante l’uscita dal commissariamento. 

Gli esposti alla Procura che potrebbero aver già portato all'apertura di fascicoli per fare luce sulla madre di tutte le questioni, i quattrini alla sanità privata. 

Queste le ragioni che avrebbero indotto, lunedì scorso, la Giunta regionale abruzzese del presidente, Marco Marsilio, di Fratelli d’Italia, a fare un clamoroso dietrofront, rispetto a quanto era stato previsto dalla delibera 348 del 18 giugno.

Atto passato più o meno inosservato, in cui era stato confezionato uno schema di contratto, secondo  molti generoso con le cliniche private accreditate, in cui si sarebbero allentati i controlli su prestazioni e posti letto occupati, si consentiva una maggiore elasticità nei tipi di ricovero, da un reparto all'altro, e si rendeva “più agevole sforare i tetti dei rimborsi pattuiti con le Asl, senza dover fornire giustificazioni”.

Il testo della nuova delibera non è stata ancora pubblicata, ma è stata caratterizzata dal silenzio della maggioranza a di centrodestra e delle opposizioni, di centrosinistra e Movimento cinque stelle.

Della sua approvazione si è saputo attraverso due righe nell’ambito di un comunicato stampa sui provvedimenti approvati dall’esecutivo nella seduta di lunedì.

Nella stringata nota, arrivata nelle ore successive alle redazioni, in cui non compaiono virgolettati dell'assessore regionale alla Sanità Nicolettà Verì, della Lega, si legge però che trattasi di “un provvedimento adottato non solo per ovviare a possibili dubbi interpretativi e applicativi, ma anche per riscontrare le osservazioni dei ministeri affiancanti il piano di rientro”. 

Un pellegrinaggio a Canossa, insomma, visto che tra i provvedimenti elencati si citano “il ripristino dei controlli, per l’appropriatezza clinica e organizzativa, la legittimità e la congruità delle prestazioni svolte dall’erogatore privato”, “l'eccezionalità” e “nell’ambito della stessa area funzionale omogenea”, del superamento delle degenze giornaliere, “l’invalicabilità del tetto di spesa annuo” e si sottolinea come “il ricorso all'oscillabilità possa essere solo eccezionale e con obbligo di tempestiva comunicazione alla Asl di appartenenza”.

Infine si informa che saranno rinviati alla “negoziazione 2020 gli ulteriori adeguamenti richiesti dai Ministeri affiancanti, fermo restando il non superamento dei budget assegnati agli erogatori privati”. 

A riprova che si è davanti ad un ardito dietrofront, giova ripercorrere l'intera vicenda, a partire dalla delibera incriminata, contro cui si era scagliato, nella generale indifferenza estiva, il solo Maurizio Acerbo, ex consigliere regionale e ora segretario nazionale di Rifondazione Comunista, con una conferenza stampa del 3 agosto.





Una conferenza stampa a cui sarebbero seguiti esposti all’Autorità giudiziaria. 

Acerbo davanti al dietofront, commenta: “la giunta regionale e l'assessore Verì hanno dovuto fare retromarcia. Ma non possiamo che esprimere preoccupazione per il fatto che nella regione che fu segnata dallo scandalo di Sanitopoli continui a regnare la mancanza di trasparenza, di dibattito pubblico, la complicità trasversale con i privati.
Rimane una considerazione politica: il primo atto significativo della giunta a maggioranza leghista con presidente di Fratelli d'Italia è stato un regalo alla sanità privata”.

Nella delibera 348 del 18 giugno, approvata senza discuterla in commissione, senza concertazione con sindacati, senza far seguire nemmeno una conferenza stampa di presentazione, e un comunicato stampa, è stato predisposto il nuovo schema di contratto con le cliniche private, cancellando innanzitutto l'obbligo di comunicare alle Asl di appartenenza l’impegnativa dei pazienti, il numero dei ricoverati “suddivisi in relazione alle singole discipline e ai relativi posti letto accreditati e ai relativi posti letto”, il numero dei ricoveri diurni e ordinari, il numero dei pazienti dimessi.

Dati essenziali per misurare l'appropriatezza della prestazione erogata, poi da rimborsare con soldi pubblici. 

Inoltre, ha stabilito la delibera, per le cliniche non è più necessario avere l'autorizzazione da parte della Asl, per le “occasionali ed eccezionali oscillabilità tra il 10 e il 30 per cento” del fatturato”, come stabilito dalle precedenti norme. 

Nella nuova formulazione viene prevista invece una oscillabilità del 20 per cento, senza necessità di fornire spiegazioni.

Infine la delibera avrebbe ignorato e bypassato quanto stabilito da una sentenza del Tribunale amministrativo regionale, confermata dal Consiglio di Stato il 21 giugno, pochi giorni dopo la delibera, e che ha respinto il ricorso della clinica privata Di Lorenzo di Avezzano, contro “i protocolli di valutazione per le verifiche di appropriatezza, legittimità e congruità delle prestazioni sanitarie erogate dalle strutture accreditate”, da parte della Regione.

In particolare ad essere impugnato il criterio della “non interscambiabilità dei posti letto tra le Aree funzionali medica e chirurgica” consentendo invece la sola intercambiabilità nell’ambito di una stessa area.

Tar prima, e Consiglio di Stato poi, hanno però ribadito che i privati non possono ricoverare pazienti per discipline diverse rispetto a quelle accreditate, e se sforano il budget, non sono tenute a chiedere rimborsi dalle Asl. 

Ma la delibera, come se niente fosse, ha mantenuto questa possibilità.

A bocciare senza appello il generoso contratto è stato così il 30 luglio la Riunione congiunta del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali con il Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza”, lo strumento con il quale il ministero della Salute e il welfare, monitora in modo occhiuto e inflessibile la spesa sanitaria abruzzese, ancora “convalescente”, dopo il commissariamento durato dal 2009 al settembre 2016, costato misure lacrime e sangue ai cittadini, per ripianare un deficit sanitario enorme accumulato in anni di vacche grasse e spese allegre e senza adeguati controlli, comprese quelle a favore delle cliniche private.





Il Tavolo di monitoraggio, si legge nella relazione, ha bocciato senza appello, innanzitutto, “l'oscillabilità fino al 20% del tetto mensile del budget”, di cui viene esplicitamente chiesta l'eliminazione nello schema del contratto.

Si è chiesto in sostanza di tener fermo quanto previsto “nella delibera di giunta 634 del 2017 in cui si prevedeva che a garanzia della previsione di spesa concordata con il contratto a tutela della continuità nell'erogazione delle prestazioni di ospedalità le parti convengono che il tetto annuale di spesa e frazionato in mensilità con l'obbligo non superamento dei limiti progressivi mensili conoscibilità mensile non superiore al 10% il tetto mensile”.

E la regola per la quale “per motivate esigenze comunque segnalate e autorizzate dalla Asl di afferenza territoriale delle singole case di cura, può essere riconosciuto una occasionale ed eccezionale oscillabilità compresa tra il 10% e il 30%, a condizione che non compatti l'erosione anticipata del tetto massimo annuale assegnato”.

Il Tavolo di monitoraggio, ha ricordando poi i contenuti della sentenza del Consiglio di Stato, che ha rilevato come “l'accreditamento non riguarda la struttura accreditata, ma i posti letto, suddivisi per disciplina, presenti all'interno della stessa struttura, pertanto non è possibile variare la destinazione del singolo posto letto rispetto alla patologia per la quale è stato accreditato”. 

E inoltre che “la flessibilità del sistema della destinazione dei posti letto nelle strutture accreditate è un'esigenza di medio-lungo periodo ancorata ai tempi della pianificazione e delle sue revisioni sicché, senza una formale riconsiderazione del numero e della distribuzione dei posti letto, resta ferma, nell'ambito di ciascuna area funzionale omogenea, la loro ripartizione quantificazione per singole discipline accreditate” così come è stata fissata nella tabella allegata alla legge regionale 6 del 2007″.
Un'evidenza, che per il Tavolo di monitoraggio è stata disattesa dalla delibera incriminata.

“La stessa esigenza di flessibilità – si legge infatti nella relazione – non può invece intendersi come facoltà della struttura privata di operare in deroga al numero di posti letto assegnati alle singole discipline secondo uno schema variabile non predefinito, rimesso la sua piena discrezione, e quindi di assai difficile previsione e controllo da parte dell'ente regionale. Avallare il libero interscambio dei posti letto vorrebbe dire vanificare il fine della programmazione dei ricoveri, e consentire alla struttura accreditata di prescindere dalle prestazioni delle attività concordate per specifica tipologia e quantità con la Asl”.

Si legge anche che i rappresentanti della Regione Abruzzo (non specificati), nel corso della riunione, “hanno fatto presente che la programmazione è vetusta e pertanto con la bozza di contratto in esame si è cercato di colmare il gap tra programmazione e produzione/bisogni assistenziali”.

I rappresentanti del Ministero hanno però ribattuto che “le argomentazioni portate alla Regione non sono condivisibili, in quanto un'eventuale vetustà dell'offerta ospedaliera, trova soluzione nell'adozione di un nuovo atto di programmazione ospedaliera, che come noto deve essere valutato ha sentito da apposito tavolo ministeriale e successivamente essere approvato dai medesimi tavoli comitato”.

E ancora, hanno rincarato la dose: “la Regione deve programmare la propria produzione sulla base dei fabbisogni di salute prevedendo ex-ante la programmazione dei ricoveri, e non lasciare alla struttura privata accreditata la facoltà di operare in deroga. Tale comportamento appare lesivo della funzione di previsione e controllo da parte dell'ente regionale”.

Da qui la richiesta, che suona quasi come un ordine perentorio, di eliminare, nello schema del contratto, anche la parte che prevede l'utilizzo flessibile dei posti letto accreditati.

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