SENSIBILITA’ CHIMICA MULTIPLA: IL CALVARIO DI SONIA, ”SONO ALLERGICA A TUTTO E NON POSSO FARE NULLA”

di Loredana Lombardo

1 Dicembre 2016 10:59

L'Aquila -

L'AQUILA – Sonia Sette, aquilana, ha 52 anni e da 16 è affetta e prostrata da una malattia rarissima che l'ha portata a condurre una vita molto limitante e con una serie di complicazioni che le impediscono non solo di avere una vita di relazioni normale, ma anche il normale svolgimento del quotidiano.

Alla sua patologia, che non è infettiva, la medicina ha dato un nome: Sensibilità chimica multipla, ma non ci sono rimedi o terapie, visto che è rarissima, giusto qualche palliativo. In Italia, sono registrati 4 casi, simili tra loro ma comunque con delle diversità.

“Questa mia unicità, questo mio essere speciale non mi fa piacere – racconta amareggiata Sonia ad AbruzzoWeb – sono allergica a tutto, come conseguenza di un virus influenzale contratto circa 16 anni fa. Si tratta di una allergia polialimentare e polifarmaceutica. Ho fondato a riguardo una Onlus, chiamata Osma, di cui sono presidente, per le malattie allergiche, con sede all'Aquila. Ci teniamo in contatto con altre persone che hanno, anche se in forma più lieve, il mio stesso problema, creando una rete di informazione e di supporto”.

Una vita limitata dal letto senza materasso, ai libri ricoperti con la pellicola trasparente per evitare il contatto. Ovviamente in simili condizioni Sonia non può lavorare.

Per una donna, sentirsi limitata in qualunque tipo di attività, dal cinema, al teatro, a una semplice passeggiata, passando per quelle abitudini che comunque rendono la vita più piacevole non è facile: non può truccarsi, non può indossare ciò che vuole, ma solo abiti di cotone, scarpe solo in pelle e senza cromo, non può andare al parrucchiere perché è allergica, tra le altre cose, al poliuretano che presente in alcuni tipi di divani e poltrone e anche al cartongesso.





Non può vedersi con un'amica al bar per un caffè, non può preventivare un viaggio o andare in nessun ristorante. E così via.

“Esiste un macchinario americano per facilitare la lettura alle persone come me – spiega – ma costa circa 3.000 euro e non me lo posso permettere”.

Racconta che non ha avuto particolari agevolazioni sanitarie. “Ho una piccola esenzione, ma non copre in nessun modo i costi che devo sostenere per la mia malattia. Per esempio il busto, per me indispensabile a causa di un cedimento della colonna vertebrale, la Asl non lo ha passato e lo sto facendo realizzare a mie spese ad Avezzano”.

Che cosa mangia Sonia tra gli alimenti che non le fanno male? “Solo pasta in bianco e carne lessa”, in conseguenza di questo deficit alimentare ha contratto anche lo scorbuto, un'antica patologia tipica dei marinari del XVIII secolo causata dalla mancanza di alimenti freschi per i lunghi periodi trascorsi sulle navi.

“A causa di questa altra complicazione – si sfoga con amarezza – sono costretta a fare dei cicli di trasfusione perché soggetta a emorragie interne per la mancanza di vitamine, proteine e carboidrati complessi. Se ne accorse il professor Massimo Ruggeri, dell'ospedale dell' Aquila, oggi in pensione, che volle andare a fondo dopo aver visto che il mio organismo mancava completamente di vitamina C”.





Ciò che Sonia mangia deve essere cotto esclusivamente in acqua Santa Croce e in pentole di ceramica, assolutamente non a contatto con nessun tipo di metallo. Reperire questa acqua adesso è difficile, la società Santa Croce non naviga in buone acque da diverso tempo, tra licenziamenti e sequestri e guerre con la Regione Abruzzo, però Sonia ne ha bisogno per vivere.

La Regione le ha dato il permesso di andare a prendere personalmente l'acqua di cui ha bisogno a Canistro, “ma non è la stessa cosa – ribadisce Sonia – quella in vetro, raccolta personalmente, ha un procedimento conservativo diverso e dopo due giorni io non posso più nemmeno berla”.

Sonia vorrebbe che la magistratura dissequestrasse l'acqua necessaria per coprire almeno un anno e aspettare poi la risoluzione del problema, dal momento che, dopo una serie di test e prove allergiche, sembra essere l'unica tollerata dal suo organismo: altri tipi di acqua le hanno dato varie crisi da rigetto, tra cui un principio di angioedema.

“In tutti questi test – continua Sonia raccontando il suo calvario – mi segue un'allergologa del Gemelli a Roma e anche l'ospedale dell'Aquila, dove ho trovato una grossa efficienza e una grande professionalità in tutti i reparti dove sono stata e dove vado ciclicamente. Ho una persona che mi resta sempre vicino durante le prove, la caposala, ho a disposizione una stanza sterilizzata all'interno del reparto di malattie infettive”.

“In Italia eravamo quattro persone con questa patologia, due ragazze, una di Firenze e un'altra del Nord, purtroppo non ce l'hanno fatta, non hanno retto e si sono tolte la vita – conclude con amarezza – Io mi meraviglio davvero della mia forza, sono fortunata perché mio figlio mi sta molto vicino e mi aiuta a superare il quotidiano, ma soprattutto è lo sconforto che naturalmente si impadronisce di me. Se sono viva lo devo a lui, a mio figlio, che mi ha dato la forza ma soprattutto una ragione per andare avanti”.

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