TERREMOTO: ”RICOSTRUZIONE CAPITIGNANO FERMA RENDE PAESE INVIVIBILE”

20 Dicembre 2018 11:23

L'Aquila -

CAPITIGNANO – Il Movimento Civico per Capitignano per frazioni interviene con una nota sulla crisi che ancora afflige i cittadini della zona della Valle dell'Aterno colpiti dagli eventi sismici degli ultimi 10 anni, a partire dal terremoto dell'Aquila del 6 aprile 2009 e da tutto lo sciame che ha investito la zona a seguito del terremoto di Amatrice del 24 agosto 2016 e nel gennaio del 2017.

“Ormai nella stragrande maggioranza delle poche persone rimaste in paese – afferma Pio Fulvi, coordinatore del Movimento – è subentrata l’assuefazione alle continue scosse che sovente scuotono il sottosuolo di Capitignano e dintorni”.

Un terremoto con gravi danni anche e soprattutto all'economia del territorio, “nel 2016 chiuse lo storico bar Centrale di Capitignano – ricorda il coordinatore – da sempre il principale punto di riferimento e di incontro per la comunità, dopo la chiusura di un negozio di alimentari nel 2017 e dopo ancora l’altro negozio di alimentari, che aveva coraggiosamente resistito allo spopolamento: insomma il paese è ridotto ai minimi termini  per quanto riguarda la proppria socialità!”.





“Il sindaco Maurizio Pelosi nelle scorse settimane ha parlato di immobilismo per quanto riguarda la ricostruzione, e noi siamo pienamente d'accordo, ma solo dagli eventi sismici del 2016/2017. Di questo malessere ne è stata fornita ampia dimostrazione con le proteste da parte delle coraggiose donne di Campotosto e Montereale, delle associazioni di categoria, degli Ordini dei professionisti e dei sindaci coinvolti”, aggiunge.

“Noi siamo abituati ad unire alla lamentela per una problematicala diagnosi della stessa proponendo anche coraggiose possibisoluzioni. Diversamente rimarrebbe solo unlamento fine a se stesso, che a ben poco potrebbe servire. La carenza di personale tecnico assegnato ai nuovi uffici speciali rappresenta di certo la madre dello stallo cui si assiste”, chiarisce il coordinatore.

“E qui – prosegue – la mancanza di chi legifera e di chi dovrebbe sovrintendere alle disposizioni organizzative. Ma il dramma non sta solo qui. Non si può pretendere, infatti, che pochissimi addetti possano far fronte a migliaia di istanze da istruire nel breve tempo. Ne consegue la scarsità delle pratiche cantierabili. La individuazione di 4 livelli di danno nel nuovo sisma, a ciascuno dei quali è abbinato un importo contributivo statale, ha rappresentato un altro grave problema ai fini delle lungaggini e della incertezza sull’esito della pratica”.

“Altro motivo di forte ritardo nella ricostruzione – chiarisce –  è conseguenza della tanto attesa ordinanza n.51/2018 che, invece di fare quella auspicata chiarezza sull’allineamento dei due terremoti, nei fatti, l’interpretazione dell’art. 2 commi 2-5-6-7,sta creando non poche perplessità sugli inquadramenti normativi da applicare sugli aggregati”.





È chiaro per il coordinatore, “che una simile situazione non può portare benefici nel lungo termine ai paesi danneggiati, nel mentre il tempo  passae le ulteriori calamità naturali cui si assiste sempre piu’spesso (alluvioni-frane-ponti) inducono governi ed opinione pubblica a distogliere lo sguardo dai problemi i cui versano le zone terremotate del Centro Italia”.

“Oltre alle aspettative verso i vari governi e i vari Enti Locali coinvolti, pertanto, occorrerebbe innanzitutto attivare velocemente e con ferma determinazione tutti gli strumenti di cui,per esempio dispongono i sindaci per il sisma 2009. Prova ne è la riattivazione della ricostruzione a Capitignano dopo le diffide ad adempiere alle disposizioni del decreto 12/2010 nel breve tempo, a pena di commissariamento, tuttora in corso di spedizioneai proprietari e ai presidenti di Consorzio che finalmente il  sindaco Pelosi ha inteso porre in essere, a seguito diprecisa indicazione e sollecito da parte di questo Movimento Civico, nel corso della pubblica assemblea del 17 maggio scorso”, continua.

“Le situazioni di stallo ricostruttivo venutesi a creare nel cratere del sisma, non possono essere, quindi,ascrivibili esclusivamente ai governi e agli enti preposti, ma devono essere ripartite tra diversi altri organismi del settore, come per esempio gli uffici sisma dei Comuni con scarso personale, oltre a tutte quelle figure operative sul campo che non sposano l’interesse pubblico finalizzato a riavere nel breve termine paesi risanati e vivibili a misura d’uomo”, conclude.

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