TREM AZUL: SE LA BOSSA NOVA BRASILIANA VIENE DA TERAMO

di Elisa Marulli

2 Ottobre 2012 08:02

Teramo -

TERAMO – La musica brasiliana viene dalle pendici del Gran Sasso.

Sebbene i testi siano in portoghese, le sonorità e i colori tipici della bossa nova, i Trem Azul sono una formazione abruzzese doc, composta da tre teramani di Montorio al Vomano che da ragazzini, invece di ritrovarsi in garage a strimpellare le canzoni dei Led Zeppelin o dei Metallica, facevano cover di Caetano Veloso.

Loro sono Massimiliano Coclite (voce e piano), Bruno Marcozzi (percussioni) e Alessia Martegiani (voce) e dal loro ‘matrimonio’ artistico, che dura ormai da 12 anni, sono nati già due album mentre un terzo è in arrivo.

Ispirandosi ai grandi compositori come Milton Nascimento a Ivan Linsi, i ‘trenini azzurri’ si sono esibiti sui palcoscenici di tutta Italia e anche all’estero, partecipando a festival importanti tra i quali quello di Jazz a Berlino e il Gray Cat in Toscana, e vantano collaborazioni importanti come Stefano “Cocco” Cantini, Fabrizio Bosso, Fabrizio Mandolini, Luca Bulgarelli e Roberto Taufic.

Una musica sofisticata, in cui confluiscono anche sonorità jazz, rende i Trem Azul una delle realtà più interessanti della nostra regione anche se, come spesso accade, proprio “in patria” sono poche le occasioni di esibirsi.





Alessia: Trem azul, “treno azzuro”. Da cosa viene questo nome?

È il titolo di una canzone di Milton Nascimento, ma indica anche i trenini economici che in Brasile collegano il centro delle città alla periferia.

Come nasce la passione per la musica brasiliana?

Io e Bruno abbiamo iniziato nel lontano 1996 ad avvicinarci a queste sonorità, ‘contagiati’ da un nostro amico Leonardo Persia che a sua volta si era avvicinato grazie a padre Josè, originario del Brasile. Massimiliano invece ha seguito una formazione classica e poi nel 2001 si è unito al nostro progetto.

Qual è l’elemento di maggiore fascino della musica brasiliana che vi ha attratti a tal punto da ‘sposarla’?

Difficile dire con precisione quale sia. Ci ha fatto innamorare la melodia, unita all’armonia del jazz. È una musica sofisticata che offre tanti spunti compositivi ed è piena di ritmi.





In cantiere c’è il  nuovo album che si intitolerà Nao sei sambar e uscirà con molta probabilità a dicembre. Cosa puoi anticiparci?

Di solito sono io a scrivere i testi, a questo nuovo lavoro ha collaborato anche Bruno. Si tratta di un album considerevole, registrato alla Casa del Jazz a Roma. Ci saranno ospiti importanti, tra i quali Luca Bulgarelli e Roberto Taufic. Le canzoni sono piccoli quadri, storie che raccontano ciò che viviamo al momento. Il primo album era più Mediterraneo, contaminato, mentre il secondo più cervellotico e sperimentale. Il titolo è autoironico e significa “non so ballare la samba”: un modo per dire che anche se sembriamo brasiliani, in realtà non lo siamo.

Quanto è difficile fare musica in Abruzzo?

È un disastro. Si suona pochissimo perché le istituzioni non alimentano la musica. Il jazz locale è molto ricco ma poco incentivato. Facciamo serate al Nord da 500 persone, qui in regione a volte ci sono 50 persone in platea. La gente è disabituata a questo genere.

Si può vivere di musica?

Con un po’ di pazzia, si può fare. Noi lo facciamo!

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