VOTO IN GERMANIA: SAPELLI, ”IL MIRACOLO DEI TEDESCHI E’ VICINO A ESAURIRSI”

di Roberto Santilli

2 Ottobre 2017 12:19

L'Aquila -

L’AQUILA – “Ormai, gli operai tedeschi votano Die Linke o Alternative für Deutschland”.

Le elezioni tedesche, come previsto, vedono la vittoria di Angela Merkel, vittoria, però, con forte perdita di voti rispetto al 2013, crollo del Partito socialdemocratico di Germania (Spd), ritorno dei liberali in Parlamento e ottimo risultato di Alternative fur Deutschland (Afd).

Quest’ultimo partito, in particolare, di estrema destra e fortemente euroscettico, si impone come terza forza al Bundestag.

Non una sorpresa per Giulio Sapelli, professore ordinario di Storia economica presso l’Università degli Studi di Milano, relatore di un importante convegno all’Aquila lo scorso febbraio organizzato da AbruzzoWeb, che analizza la situazione tedesca, che ha ovvi e pesanti riflessi sugli altri Paesi d’Europa, attraverso un capitolo fondamentale, quello del lavoro, con riferimento alla cosiddetta riforma Hartz (Jobs Act nella versione italiana, ndr).

“Un giano bifronte che ha tolto di mezzo il caposaldo del sistema sociale, non di welfare, tedesco: l’operaio di fabbrica, il metalmeccanico, colui che guadagnava in media più di tutti gli operai europei e aveva contratti quasi intoccabili, come quelli che c’erano un tempo in Giappone, contratti a vita”, commenta.





“Tutto questo era sancito da un accordo politico, una cogestione tra lavoratori e impresa, non con le forze sindacali, visto che nei consigli di gestione erano eletti i lavoratori, non i sindacati – prosegue Sapelli – Un sistema che naturalmente aveva alla base un forte mercato interno e l’esportazione, il che costringeva le imprese a continue innovazioni”.

Il prof fa notare anche che “gli imprenditori, dal canto loro, avevano sempre cercato di far abbassare il monte salari degli operai tedeschi, ma, come molte persone forse sanno, in Germania c’erano dei sindacati tra i più forti al mondo”.

Non a caso, prosegue, “la riforma Hartz prende il nome da Peter Hartz”, consigliere del cancelliere tedesco (precedentemente capo di stato della Bassa Sassonia, proprietaria di un pacchetto azionario Volkswagen) Gerhard Schroder, ed ex dirigente risorse umane proprio della azienda pubblica tedesca Volkswagen fino al 2005, lo stesso Hartz finito al centro di uno scandalo fatto di tangenti, favori a membri dei sindacati e uso di prostitute pagate dall’azienda.

Nel 2007 Hartz fu condannato a due anni di prigione, poi ottenne la libertà condizionale e gli fu inflitta una multa di 576 mila euro.

“Quindi è una riforma del mercato del lavoro che è il prodotto di un manager legato ai padroni, non ai lavoratori – sottolinea l’esperto – Un prodotto che ha ridato fiato alle imprese tedesche non competitive, abbassando di molto il costo del lavoro, e che ha introdotto il lavoro a tempo determinato, fino a qualche tempo fa considerato una bestemmia, con un’esplosione di mini-salari e minijob”.





“Dunque, tutto ciò che noi abbiamo introdotto con delle leggi, quasi tutte fatte da deputati, senatori, avvocati, giuslavoristi del Partito democratico, lì lo ha fatto la Socialdemocrazia. Che, guarda caso, dal 1998 a oggi ha perso oltre 10 milioni di voti”, insiste.

Ciò, comunque, “non implica il fatto che in Germania non si lavori o si guadagni poco. Il livello salariale tedesco – precisa il professor Sapelli – è ancora tra i più alti d’Europa, mentre l’Italia, insieme a Grecia e Portogallo, ha quello più basso”.

“Ed è ‘normale’ che sia così, visto che il modello al ribasso imposto su scala europeo è quello tedesco, anche se Angela Merkel, che la socialdemocrazia l’ha appoggiata, ha dovuto imporre il salario minimo, visto che gli imprenditori stavano facendo, letteralmente, carne di porco”, rimarca ancora.

“Da questo – dice ancora Sapelli – si è verificato uno spostamento di consensi enorme, quindi anche in Germania c’è una forma di inversione della rappresentanza. Ormai, gli operai tedeschi votano Die Linke, oppure Alternative für Deutschland”.

“In ogni caso stiamo parlando di struttura avviata al fallimento, con aumenti di povertà, di working poor, gente che lavora ma rimane povera lavorando, con il mercato interno che si restringe sempre di più e con assenza di investimenti – è la convinzione, in conclusione, dell’economista – Il miracolo dei tedeschi sta per esaurirsi. E noi italiani non dovremmo imitarli”.

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