L’AQUILA – “Congrua” la somma di 2,339 miliardi di risarcimento per la revoca in danno dell’autostrada A24-A25 da corrispondere a Strada dei Parchi, come asseverato da “un professionista di elevato standing e con esperienza specifica nel settore”. La conferma che “risulta difficile individuare un comportamento censurabile da parte della società, la cui crisi è imputabile al turbolento rapporto con l’ente concedente e, soprattutto, all’interruzione ‘brutale’ della concessione autostradale”.
Sono solo alcuni degli scottanti passaggi della relazione, che Abruzzoweb può illustrare in esclusiva, a firma dei commissari nominati dal Tribunale, e incaricati di esaminare l’istanza di concordato al 100% presentata da Strada dei Parchi, della holding dell’imprenditore abruzzese Carlo Toto, all’indomani della fine anticipata della concessione delle autostrade A24-A25, revocata in danno dal governo di Mario Draghi con il decreto del 7 luglio del consiglio dei Ministri, e ben prima la scadenza del dicembre 2030. Affidata dunque all’Anas, e motivando la clamorosa decisione per le inadempienze del concessionario, in particolare nella manutenzione dell’infrastruttura. Evenienza esclusa però dalle sentenze del Tribunale dell’Aquila, e poi del Tribunale di Teramo, che hanno rappresentato una svolta dell’annosa vertenza.
Il documento dei commissari è stato depositato al tribunale civile di Roma, a disposizione di tutti i creditori, che sono parte in causa delle procedure concordatarie, scattate dopo la revoca, che ha determinato la difficoltà finanziaria di Strada dei Parchi e di tutta la holding, privata dal flusso di cassa dei pedaggi.
Ad occuparsi della delicatissima vicenda sono sempre di più i tavoli convocati al Ministero delle Infrastrutture.
Con una inversione a “U” rispetto al precedente muro contro muro, anche gli uffici del ministero guidato da Matteo Salvini, hanno infatti deciso di percorrere la strada dell’accordo transattivo, per una cifra che rappresenterà certo comunque un salasso per i cittadini. Secondo gli stessi uffici, il valore dell’indennizzo vale 2,130 miliardi, così suddiviso: un miliardo circa a titolo di capitale investito, 949 milioni circa come “credito per riequilibrio del Piano economico finanziario”, e quasi 181 milioni di euro a titolo di credito per i mancati adeguamenti tariffari dei pedaggi, maturati nel periodo 2015-2022, più vari interessi e altre voci.
Un accordo da trovare per di più in tempi strettissimi e con una corsa contro il tempo: nello stesso decreto legge del 7 luglio, si era stabilito che entro 12 mesi si sarebbe dovuta fissare la cifra della liquidazione, oltre che riassorbire in Anas i dipendenti di Strada dei parchi e altre altre società satelliti impegnate nella gestione dell’infrastruttura.
All’indomani della revoca, va poi ricordato, Sdp ha fatto due ricorsi al Tar, che l’avevano rimessa in pista, ma poi rigettati dal Consiglio di Stato, e nei mesi scorsi il Tar del Lazio, entrando nel merito, ha rinviato alla Corte costituzionale la legittimità della decisione del governo Draghi.
Ora il governo ha dunque fretta di chiudere la vicenda, prima che la Corte costituzionale si esprima, perché dovesse dare ragione a Strada dei Parchi, allora per la parte pubblica sarebbe un mezzo disastro, con il rischio di un ulteriore procedimento aperto dalla Corte dei Conti per danno erariale. E non solo, lo Stato, in caso si stabilisca che la revoca era illegittima, sarebbe ritenuto responsabile anche ”procurato dissesto” della ex concessionaria, il che significherebbe altri ingentissimi risarcimenti.
A pesare come un macigno ci sono poi le assoluzioni con formula piena dei vertici di Strada dei Parchi, rispetto all’accusa di mancata manutenzione dei viadotti dell’autostrada, dell’8 marzo scorso e con formula piena con cui il giudice per le udienze preliminari del tribunale dell’Aquila, alla luce delle perizie che hanno confermato la piena sicurezza sismica, e che il concessionario ha fatto il suo dovere, con interventi anche superiori a quanto stabilito.
A seguire è arrivata la sentenza del 29 giugno scorso del tribunale di Teramo, secondo cui anche i ponti e viadotti delle A24 e A25 della provincia di Teramo sono sicuri, i lavori di manutenzione sono stati effettuati regolarmente, non c’è quindi nessun rischio di crolli e pericoli per gli automobilisti.
Durissimo il commento della società di Carlo Toto a seguito della sentenza di Teramo: “L’ampiezza assolutoria sgombra definitivamente il campo da qualsiasi dubbio sulla gestione della concessione autostradale in capo alla società Strada dei Parchi. La nuova e ulteriore assoluzione è di grande rilevanza sia perché rappresenta motivo di rassicurazione per tutti gli utenti delle tratte autostradali interessate, sia perché tale esito dei procedimenti penali intentati nei confronti di Strada dei Parchi e dei suoi amministratori smonta in modo incontrovertibile e in via definitiva le ragioni, infondate, che furono poste alla base del provvedimento con cui il Governo precedente ha disposto la revoca in danno della Concessione. Poiché tali opere di manutenzione, oltre il programmato, sono state tutte approvate dal Ministero, l’accusa di mancata manutenzione, più che falsa, appare ridicola”.
La Procura dell’Aquila, con il procuratore capo Michele Renzo, ha però deciso di impugnare la sentenza dell’8 marzo, sostenendo che alla luce del quadro probatorio emerso, “il Gup svilisce dette fonti di prova con motivazioni superficiali”.
Tornando dunque alla relazione, vediamo in sintesi cosa hanno scritto i commissari del Tribunale.
Per prima cosa rilevano che l’insolvenza di Sdp è stata determinata proprio dalla revoca della concessione, che ha interrotto il flusso degli incassi da pedaggio e senza il riconoscimento dell’indennizzo.
Una revoca, si aggiunge in un altro passaggio molto significativo della relazione, “disposta per legge ed in deroga a quanto stabilito dalla convenzione unica, ai sensi della quale invece ‘tanto nel caso di revoca per grave inadempimento della concessionaria (art. 9.3), quanto nel caso di recesso, revoca o risoluzione su iniziativa o per effetto dell’inadempimento del concedente (art. 9-bis.4), stabilisce che il trasferimento della concessione è subordinato al pagamento da parte del Concedente al Concessionario dell’indennizzo e/o risarcimento nelle varie circostanze dovuto”.
La relazione conferma anche “il corretto e tempestivo operato di Strada dei Parchi, nella presentazione della domanda di concordato a valle della notifica del decreto ingiuntivo di immediata esecuzione di oltre 77 milioni a carico della società voluto da Anas”, per il mancato pagamento del canone 2021. Una richiesta che fu tra l’altro respinta dal tribunale civile di Roma, in quanto Sdp, hanno stabilito i giudici, vantava nei confronti dell’Anas e Mit crediti ben superiori ai debiti accumulati durante la gestione. Stabilendo così il principio della compensazione.
La relazione conferma dunque che “in un’ottica di protezione del patrimonio responsabile, ha assunto una di quelle idonee iniziative, di cui fa menzione l’articolo 3 del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, tanto che nella fase che va dalla presentazione del ricorso e fino al decreto di ammissione alla procedura, non sono stati ravvisati comportamenti della Società in contrasto con i canoni generali della buona fede e della correttezza”.
Insomma, rilevano i commissari, “risulta difficile individuare un comportamento censurabile da parte di Strada dei Parchi, la cui crisi è imputabile al turbolento rapporto con l’ente concedente e, soprattutto, all’interruzione ‘brutale’ della concessione autostradale”.
Viene poi confermato l’ammontare di oltre 2,3 miliardi di euro dell’indennizzo dovuto per la risoluzione della convenzione, e i commissari ricordano di aver “dato incarico al dottor Ramalli, professionista di elevato standing e con esperienza specifica nel settore di riferimento, che ha confermato nella sostanza la stima dell’importo del credito da indennizzo”.
Indennizzo di oltre 2,3 miliardi calcolato in particolare in base al Cin rettificato, ovvero “le differenze che si generano fra il valore attuale dei ricavi previsti e il valore attualizzato dei costi ammessi nel quinquennio regolatorio di riferimento”.
E confermano dunque: “è chiaramente delineato il vantaggio della proposta di concordato rispetto all’ipotesi di una liquidazione giudiziale (fallimento)”, in ragione “della subordinazione volontaria dei crediti (pari a poco più di 100 milioni di euro) vantati dalle società del Gruppo, con tempi di soddisfacimento che nell’ambito dell’eventuale liquidazione giudiziale sarebbero decisamente più dilatati”.
In caso di liquidazione giudiziale, infatti “i crediti sarebbero in ogni caso soddisfatti una volta incassato, ma in quel caso, ai fini della sua distribuzione, l’organo della procedura dovrebbe ricorrere comunque ai piani di riparto con i tempi ed i rischi (es.: reclami contro il progetto di riparto predisposto dal curatore) che caratterizzano tali meccanismi”.
Si sottolinea ancora che “la Società non ha posto in essere, nell’anno anteriore alla domanda di concordato, atti c.d. anormali di gestione, per tali intendendosi quelli di cui passibili di revocatoria fallimentare”.
Altro motivo che ha pesato per la risoluzione della concessione sarebbero “asserite violazioni delle norme che limiterebbero l’affidamento di lavori infragruppo”, ovvero i lavori di manutenzione e di altro genere che Strada dei parchi affidava ad altre società del gruppo Toto, che ha una importante divisione che opera nel settore dell’edilizia e delle grandi infrastrutture.
Del resto anche il Consiglio di Stato giunse alla conclusione il 20 dicembre scorso, era giunto alla conclusione che “la norma non si sarebbe potuta applicare a Strada dei Parchi, in quanto aggiudicataria di concessione ad esito di una gara pubblica”, e pertanto “in tema di affidamenti preceduti da gara ad evidenza pubblica, non risulta sussistere la ratio per l’applicazione della disposizione in questione, come confermato anche dall’evoluzione della normativa sul tema”. (red.)
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