L’AQUILA – “Spero che la revoca sia avvenuta per un involontario errore, per un alcolismo istituzionale, ma se ciò fosse stato fatto invece con un disegno, sarebbe davvero strano e spaventoso, perché sarebbe un precedente della prepotenza dello Stato. Servirebbe una confessione pubblica da parte di chi ha commesso questo misfatto”.
Parole durissime, quelle scelte dal deputato del Partito democratico ed ex presidente della Regione, Luciano D’Alfonso, in una intervista a Radio Radicale, all’indomani della ufficializzazione del ritorno, dal primo gennaio prossimo, di Strada dei Parchi, della holding dell’imprenditore abruzzese Carlo Toto, nella gestione delle autostrade laziali ed abruzzesi A24 e A24.
Ad estromettere Sdp era stato il governo di Mario Draghi che il 7 luglio del 2022 aveva revocato in danno la concessione, in scadenza nel 2030, affidandola ad Anas, per gravi inadempienze nella manutenzione tanto da mettere a rischio la infrastruttura e la sicurezza stradale: il provvedimento era stato impugnato dal privato che aveva rigettato ogni accusa, accuse che sono state ribaltate poi dai tribunali di Teramo, L’Aquila e Pescara che hanno assolto i dirigenti di SdP dalle contestazioni di non aver fatto manutenzione e aver causato l’ammaloramento delle strutture: sulla decisione pesava anche il verdetto finale della Corte Costituzionale al quale aveva inviato gli atti il Tar Lazio al quale si era rivolto Sdp.
D’Alfonso ha anche annunciato di portare la questione in parlamento, per una “operazione verità”: “dovremo vedere il fattore scatenante, io ho delle opinioni e non escludo di dirle in aula, quando i tempi saranno maturi”.
A ufficializzare la restituzione dell’autostrada a Strada dei Parchi, l’approvazione, da parte del Senato, del Dl Anticipi in seno al quale è stato inserito l’emendamento firmato dalla maggioranza di centrodestra.
E ora D’Alfonso ha preso di mira in primis il ministero delle Infrastrutture, ai tempi della revoca retto dal ministro Enrico Giovannini, economista e statistico e nei due precedenti governi di Giuseppe Conte dal pentastellato Danilo Toninelli e da Paola De Micheli del Pd, ma non cita mai Draghi della cui maggioranza anche D’Alfonso ha fatto parte, come pure dei due governi Conte.
Ha incalzato D’Alfonso: “ci siamo trovati davanti ad un operatore economico legittimamente diventato gestore e concessionario in ragione di una gara internazionale, vinta nel 2001, riguardante un’autostrada di una certa consistenza, di montagna e in una regione fragile. Ad un certo punto è però cominciata una tiritera, e una l’anomalia di condotta da parte del ministero delle Infrastrutture, e dell’allora Vigilanza delle Autostrade. Addirittura si è assunta una iniziale attività di accertamento da parte dell’autorità giudiziaria come base per uno spossessamento della concessione. Ma poi si è acclarato che non c’era nessuna mancanza di manutenzione, e due tribunali hanno parlato di con le loro sentenze”.
E ha proseguito D’Alfonso, “il giurista Sabino Cassese avrebbe parlato di amministrativizzazione della legge. Perché c’è stato questo scatenarsi contra personam, perché questo atteggiamento così irrazionale? Credo si è fatto il contrario di una linearità di un procedimento e ora per fortuna siamo all’invertimento della rotta. Il legislatore si e ravveduto e siamo al superamento di quell’impazzimento normativo e contrattuale”.
Ha concluso D’Alfonso: “se dovessi spiegare a mio figlio direi cosa è accaduto, direi di un ortopedico che invece di intervenire sulla gamba malata, lo ha fatto sulla gamba sana. Mi auguro che chi ha fatto questo misfatto chieda perdono, che dicesse ‘ci siamo sbagliati’. Servirebbe e una confessione pubblica. Come ci ha insegnato l’abruzzese Silvio Spaventa, lo Stato e il portatore di interessi legittimi sono sullo stesso piano, sono uguali quando fanno un contratto e anche lo Stato può essere portato davanti alla giustizia
L’emendamento è conseguenza di un’intesa trovata dopo mesi di trattative tra la società e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: tra le altre cose, l’accordo, che allunga la concessione al 2032, azzera il maxi contenzioso legale, cominciato nel 2018 dopo il crollo del Ponte Morandi a Genova, costituito da oltre 100 cause. Il Governo verserà nelle casse di Sdp una provvisionale di 500 milioni di euro (una nel 2023 e una nel 2024, decisa dal tribunale di Roma: inoltre, tra le altre cose è prevista la compensazione del debito con Anas, stimato in 800 milioni. Il Governo risparmierebbe oltre un miliardo di euro: infatti, dovrà versare la provvisionale di 500 milioni di euro in due rate, una nel 2024 e una nel 2025, con ulteriori circa 800 milioni di euro compensati, costituiti dal debito di Sdp nei confronti di Anas. Nell’intesa è previsto il blocco della tariffa fino al 2032 ai valori del 2017 e il nuovo piano economico finanziario (Pef). Sdp, costretta al concordato, tornerà in bonis e l’intero gruppo, che conta circa 1500 lavoratori, potrà avere una boccata di ossigeno.
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