L’AQUILA- “Sappiamo che lo Stato vuole indietro l’infrastruttura per un piano di ristatalizzazione, e non faremo barricate e siamo disponibili a trovare un’intesa, ma chiediamo e venga ristabilita l’onorabilità alla reputazione di Sdp”.
Lo ha detto il vicepresidente di Strada dei Parchi Mauro Fabris ieri in audizione alla commissione Trasporti del Senato, convocata dopo che il Tar del Lazio ha accolto la sospensiva della concessionaria delle autostrade di Lazio e Abruzzo A24 e A25 che aveva presentato un ricorso in risposta alla revoca anticipata in danno, cioè per inadempienze contrattuali, della concessione in scadenza nel 2030, decisa dal Consiglio dei ministri nella riunione di giovedì scorso. L’autostrada, appena passata all’Anas, torna dunque clamorosamente a Strada dei Parchi. Il giudice ha disposto che la discussione nel merito del ricorso avverrà in sede collegiale il 7 settembre 2022.
Audito ieri anche il ministro Enrico Giovannini che oggi sarà a L’Aquila alle 16 a palazzo Silone per un incontro sulla messa in sicurezza il sistema idrico del Gran Sasso.
Il ministro ha affermato che “abbiamo chiesto un parere l’avvocatura dello Stato sull’efficacia del provvedimento del Tar rispetto al decreto legge di revoca della concessione”, confermando la ferma intenzione del governo di revocare l’infrastruttura. Annunciando un imminente incontro con i sindacati, per l’assorbimenti in Anas dei dipendenti ora di Sdp, ed anche una verifica straordinaria sullo stato dell’infrastruttura.
Ha invece assicurato l’amministratore delegato di strada dei Parchi, Riccardo Mollo “Siamo pronti a riprendere immediatamente in mano la gestione da 24 a 25 del resto sono trascorsi solo pochi giorni la macchina organizzativa ancora in funzione”
I vertici di Sdp hanno ribadito che il decreto ora sospeso, avrebbe potuto avere conseguenze molto serie per tutto il gruppo e la società, intorno ai quali muovono 1.700 famiglie e che produce l’8% del pil abruzzese.
Intanto i 115 sindaci laziali abruzzesi per voce di Velia Nazzaro, prima cittadina di Carsoli e portavoce, ribadiscono la necessità di avere certezze su tariffe e pedaggi. Anche Nazzaro è intervenuta ieri in commissione, affermando che “la priorità resta non solo il on aumento ma anche la riduzione dei pedaggi in una arterie che ogni giorno migliaia i nostri concittadini percorrono”. Chiedendo delucidazioni sul piano economico finanziario ovvero i 6,2 miliardi preventivati e mai stanziato per la maxi opera di messa in sicurezza dell’infrastruttura.
Una delegazione di sindaci sarà ricevuta oggi Roma da vari gruppi parlamentari,
Nel decreto cautelare monocratico il Tar ha sospeso l’esecuzione della risoluzione della Concessione per la gestione delle Autostrade A24 e A25 (Roma-L’Aquila-Traforo del Gran Sasso-Teramo-con diramazione Torano-Pescara), nonché per la progettazione e costruzione della seconda carreggiata nel tratto Villa Vomano-Teramo e dell’adeguamento a tre corsie del tratto della A24 tra la barriera di Lunghezza (Roma Est) e Via Palmiro Togliatti, fino alla camera di consiglio per la trattazione collegiale del ricorso.
Il presidente della quarta sezione del Tribunale, osservato come a sostegno della richiesta di provvedimento cautelare monocratico la società Strada dei Parchi abbia allegato “un pericolo di ‘default di Strada dei Parchi’, la prospettiva di licenziamento del “personale non richiesto da ANAS”, un “pericolo di default finanziario dell’intero gruppo”, nonché un pregiudizio per “l’interesse pubblico alla sicurezza della circolazione stradale”, ha rilevato come gli atti impugnati “nel disporre l’immediata cessazione dell’operatività del rapporto concessorio in essere, nulla prevedano in tema di disciplina intertemporale dei relativi effetti”. Ecco perché, nelle more della trattazione in sede collegiale dell’istanza cautelare, “il mantenimento della res controversa ad hoc integra riveli piena idoneità: non soltanto alla preservazione del complesso di posizioni giuridicamente rilevanti facenti capo alla ricorrente; ma anche al mantenimento degli attuali livelli occupazionali, suscettibile di essere altrimenti compromesso”.
IL RICORSO DI STRADA DEI PARCHI
Nelle 94 pagine del ricorso al Tar di Roma presentato da Strada dei Parchi, si è osservato che la revoca “potrebbe mettere a rischio l’8% del prodotto interno lordo dell’Abruzzo, con centinaia di licenziamenti”, causando, senza più incasso dei pedaggi, il default della società ex concessionaria e con gravi ripercussioni sull’intera holding di Carlo Toto, che dà lavoro a 1700 persone.
E c’è anche il rischio di danno erariale di “ingenti proporzioni”, a carico dell0 Stato se il ricorso di Strada dei Parchi fosse accolto, con un “ben superiore a quella dovuta in caso di recesso o risoluzione per fatto non addebitabile al concessionario”, ovvero 2,5 miliardi.
Ad essere impugnato il decreto legge, il cui iter di conversione in legge inizierà la prossima settimana al Senato, con cui si è stabilita la fine anticipata della concessione, in scadenza nel 2030, affidata nel 2000 dopo che il Gruppo privato aveva vinto una gara europea.
Ai giudici amministrativi, l’ex concessionaria chiede di sospendere immediatamente l’efficacia della decisione, firmata dai ministri Enrico Giovannini (Infrastrutture) e Daniele Franco (Economia) e dal premier Mario Draghi, e di inviare le carte alla Corte Costituzionale, unica alta istituzione che può dichiarare illegittimo il decreto legge.
A difendere strada dei Parchi un pool di avvocati di altissimo livello, rivela il quotidiano Il Centro, come Romano Vaccarella, ex giudice della Corte Costituzionale; Vincenzo Fortunato, ex capo di gabinetto del ministero dell’Economia, Arturo Cancrini, consulente e difensore di grandi società italiane, Massimo Luciani, che ha lavorato alla riforma del Consiglio superiore della magistratura e Fabrizio Criscuolo, insigne giurista.
Nel ricorso al Tar i legali di Sdp eccepiscono diversi profili di incostituzionalità, tra cui il fatto che non si può annullare un contratto con un decreto legge che modifica le norme in materia esistenti al momento della gara e poi per il fatto che si tratta di una norma “provvedimento” cioè scritta “ad azienda”, violando il principio di generalità che una Legge deve avere.
Nei prossimi giorni, Sdp impugnerà il decreto legge anche in sede comunitaria con un ricorso alla Corte europea di Strasburgo.
Nel ricorso, come scrive Il Centro, l’ex concessionaria, si sottolinea che Sdp ora deve fare ora a meno dell’incasso dei pedaggi e “avrà enormi difficoltà nel tener fede alle proprie obbligazioni”, tenuto conto che è esposta verso i finanziatori, tra cui grandi istituti finanziari italiani e stranieri, per 388 milioni di euro e paga 30 milioni di rata semestrale. Con pesanti ripercussioni sull’intera holding, che produce circa l’8% del Pil dell’Abruzzo e dà lavoro a 1.700 dipendenti.
Come scrive Il Centro, il decreto impugnato provocherà nell’immediato, “disfunzioni gestionali che mettono a rischio la sicurezza stradale”, e questo perché si è azzerata da un giorno all’altro “la operatività di una organizzazione collaudata”, e non sarà assorbita da Anas la struttura dirigenziale di Sdp.
Nel ricorso si parla poi di grave disparità di trattamento visto che nonostante la tragedia del ponte Morandi crollato e con decine di morti, la concessione non è stata revocata ad Autostrade per l’Italia per “grave inadempienza”, e la società è stata liquidata con circa 9 miliardi.
E questa insomma la prima di una serie di puntate di un mega contenzioso che avrà come punto centrale la richiesta di indennizzo quantificato dall’azienda in 2,5 miliardi di euro, come previsto dall’articolo 11.1 del contratto. Ma che potrebbe essere ora molto più alto, se i giudici amministrativi daranno ragione alla società
Del resto, era stata la stessa Sdp a presentare ufficialmente il 12 maggio scorso al Ministero per le Infrastrutture e la Mobilità sostenibili (Mims) l’istanza di cessazione anticipata della concessione motivata con l’assenza delle condizioni, soprattutto per la sicurezza antisismica, per gestire il bene pubblico, alla luce della mancata approvazione del Piano economico e finanziario (Pef), fermo dal 2013, nel quale era previsto il vasto programma di messa in sicurezza antisismica di 6,2 miliardi di euro, deciso dallo stesso commissario straordinario nominato dal Governo.
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