ACIAM: APPELLO DI TACCONE, “RESTI IN MANO PUBBLICA”, CON PRIVATO RISCHIO AUMENTO TARIFFE”

NELL'INTERVISTA AD ABRUZZOWEB  EX PRESIDENTE ED ESPONENTE DI FI PRENDE POSIZIONE SULL'IPOTESI DI MODIFICA DELLO STATUTO DELLA SOCIETA' CHE GESTISCE CICLO RIFIUTI NELLA MARSICA, E DOVE LA TEKNEKO DI DI CARLO GIA' DETIENE IL 48,6% DELLE QUOTE. "SITUAZIONE DEBITORIA TEMPORANEA, FONDAMENTALI SONO SANI, COMUNI POSSONO RISANARLA, ANCHE CON AIUTO REGIONE", "TROPPE INCOGNITE NEL PERDERE MAGGIORANZA E CONTROLLO DELLA GOVERNANCE".

16 Settembre 2024 08:03

Regione - Politica

AVEZZANO – “L’Aciam deve restare sotto il controllo pubblico: la possibilità stabilita per statuto di una maggioranza delle quote ad un socio privato comporta molti rischi, in primis un possibile aumento delle tariffe per il servizio della gestione rifiuti, contro cui i comuni soci, divenuti minoranza, poco o nulla potrebbero fare”.

Nell’affaire gestione rifiuti nella Marsica, irrompe, con una intervista ad Abruzzoweb, Anna Maria Taccone, esponente di Forza Italia, economista, già candidata sindaco di Forza Italia alle ultime elezioni ad Avezzano del 2020, e anche candidata alle regionali sempre con Forza Italia il 10 marzo.

Ma soprattutto Taccone, dal 2019 al 2022, è stata presidente dell’Aciam, la società consortile che gestisce i servizio rifiuti e igiene urbana in 48 comuni, e in un bacino di utenza di circa 220.000 abitanti, nella Marsica e a anche nella valle Peligna e nell’Aquilano. E che versa in una pesante situazione debitoria, per oltre 2 milioni di euro.

Aciam, di cui è ora presidente Maurizio Bianchini, da mesi si trova al centro di uno scontro politico e ad un bivio: quello della modifica dello statuto, con la previsione che un socio privato possa diventare maggioritario, con l’obiettivo, implicito, del risanamento.





E gli occhi sono dunque tutti ovviamente puntati sul colosso marsicano della gestione dei rifiuti, la Tekneko Sistemi Ecologici srl del patron, avezzanese, Umberto Di Carlo, fondata nel 1985 che già detiene il 48,6% delle quote di Aciam, e che opera in Abruzzo, Lazio e Puglia, con  770 dipendenti, una flotta di  670 mezzi e fatturati superiori ai 50 milioni di euro. di Tekneko. Di Carlo, è molto vicino al sindaco Gianni Di Pangrazio ed è molto influente, vista la sua potenza economica, negli ambienti più importanti della città.

A Di Carlo basterebbe un piccolo incremento del capitale sociale per arrivare al 51% dell’Aciam, di cui è già componente del cda, potendo dunque prendere il pieno controllo della società consortile, dove allo stato attuale i soci di maggioranza sono i comuni della provincia dell’Aquila e la Comunità montana Unione Comuni Montagna Marsicana, che tutti insieme detengono il 51,38% del capitale sociale, con in testa il Comune di Avezzano con il 12,2% delle azioni. C’è poi un altro socio privato, la Segen spa, che ha però solo lo 0,02%. La modifica dello statuto era prevista a giugno, poi tutto si è fermato, con i comuni soci che si sono divisi, e hanno chiesto ulteriori approfondimenti di natura tecnica e legale, e con gli influenti comuni di Celano e Carsoli che però nei loro consigli già hanno votato contro la modifica dello statuto.

Taccone, prima di entrare nel merito della controversa vicenda deve però fare una necessaria premessa: “personalmente posso dire che l’Aciam in questo momento si trova in una situazione di difficoltà di natura finanziaria temporanea, e non strutturale. E’ un dato oggettivo che presenta delle problematiche, ma da economista aziendalista affermo che ci sono tutte le condizioni per risanarla e rimetterla in carreggiata, tutelando l’interesse pubblico, in termini di controllo della governance, ed anche i livelli occupazionali”.

A maggior ragione, sottolinea Taccone, perché Aciam non è una società decotta, “i debiti provengono in buona parte dagli investimenti effettuati negli anni, per la tutela dell’ambiente, la produzione di energia, l’innovazione tecnologica. Ed ora però si fa fatica a onorare i mutui accesi con le banche, a causa dell’aumento dei costi delle materie prime, dei carburanti, e del ciclo produttivo nel suo complesso, a causa degli effetti della pandemia, della crisi ucraina, e insomma della difficile congiuntura internazionale.  Ad incidere anche l’avvento di grandi aziende nazionali e internazionali che hanno realizzato impianti giganteschi e che in questo momento stanno portando avanti una guerra sui prezzi, generando un abbattimento repentino degli incassi per l’Aciam”.

Per il resto “la ritengo un gioiello del nostro territorio, un perfetto esempio di riuscita nella combinazione di una gestione pubblica e di un forte e affidabile socio privato. Ha il merito, ripeto, di aver fatto investimenti importanti centrando i goal delle politiche europee della transizione ecologica. E dunque io credo che la parte pubblica debba assolutamente prendersi sulle proprie spalle la responsabilità di sostenere un’impresa così importante. L’ipotesi contenuta nello statuto, con la maggioranza delle quote che può andare ad un privato, deve essere  presa in considerazione solo come ultima carta da giocare”.





E dunque aggiunge Taccone, potrebbe essere anche “la Regione Abruzzo, a farsi carico del risanamento, intervenendo con un contributo straordinario, entrando nel capitale sociale, compensando sostanzialmente l’abbassamento dei ricavi in questo momento delicato. Ci sono mille possibilità tecniche, quello che serve è la volontà politica”.

Tornando dunque al cambio di statuto: il ragionamento di Taccone, non è rivolto tanto ad una possibile maggioranza delle quote che, sic stantibus, potrebbe acquisire con un piccolo sforzo la Tekneko, ma di strutturale apertura ai privati che rischiano di ipotecare il futuro della gestione dei rifiuti nella Marsica.

“Ove ci fosse una liberalizzazione delle quote – sottolinea Taccone -, potrebbero anche subentrare prima o poi altri player, non è quindi così scontato che il tutto andrebbe nelle mani di Tekneko, che ad oggi ha dimostrato di avere comunque una grande  attenzione  al territorio, oltre che una grandissima capacità imprenditoriale. E nell’ipotesi peggiore, potrebbero verificarsi rischi per i comuni soci, che come minoranza,  non avrebbero più la possibilità di incidere sulla governance e, ripeto, nessuna voce in capitolo ad esempio ed in primis, sulla determinazione delle tariffe, che potrebbero essere aumentate, a maggior ragione per sanare il debito, una scelta assai probabile, in una logica privatistica, visto che legittimamente una azienda privata agisce nell’ottica del profitto”.

Se però, conclude Taccone realisticamente, “la parte pubblica non sarà in grado di rimettere l’Aciam in carreggiata,  non avrà la capacità, cogliendo l’importanza capitale di un’azienda come questa, facendosi carico anche di momenti difficili, a quel punto, in assenza di alternative, ben venga un privato che evidentemente avrà dimostrato più lungimiranza rispetto alla parte pubblica”.

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