AVEZZANO – Una nuova era, ma piena di incognite, per l’Aciam, la società che da pubblica è diventata a controllo privato, con 44 comuni soci della Marsica e dell’Aquilano, che gestisce l’importante impianto di compostaggio di rifiuti e produzione di biogas di Aielli.
Gravata da 20 milioni di euro di debiti, con in vista una ristrutturazione che potrebbe portare a a tagli e licenziamenti, rispetto agli attuali 75 dipendenti.
Un bilancio che anche quest’anno registrerà un passivo 500mila euro e che ancora non viene approvato.
La situazione, temono lavoratori e sindacati, non è fluida come si era programmato dopo la rivoluzione del cambio di statuto, deciso ad ottobre, e la ricapitalizzazione di fine dicembre, che ha consentito alla Tekneko impresa avezzanese leader nazionale nel ciclo dei rifiuti, con un fatturato di 70 milioni di euro l’anno e 1.137 dipendenti, di diventare, da socio privato minoritario, il dominus con il 99% delle quote.
Per fare chiarezza, Abruzzoweb ha interpellato il patron di Tekneko, Umberto Di Carlo, il “lupus in fabula”, che si appresta a diventare nuovo presidente, una volta approvato il bilancio, e che invece rassicura che sarà proprio con il nuovo corso che si potrà salvare l’azienda, respinge con forza chi ha parlato di fagocitazione e scalata della sua impresa e di “sostanziale privatizzazione”. Assicura altresì che la ristrutturazione, non manderà a casa nessuno dei dipendenti.
“Avete mai visto un orco cattivo che arriva a dare garanzie alle banche per 20 milioni di euro per salvare dalla bancarotta una società di cui era socio di minoranza? Tekneko ha preso il controllo di Aciam solo per legittima difesa, e ora diventerà una società normale, che potrà stare sul mercato, risanarsi senza lasciare nessuno dei lavoratori a casa”, afferma Di Carlo.
Ad osteggiare l’avvento di Tekneko, sono stati alcuni comuni, come Carsoli, e dal consigliere regionale di Marsilio presidente Giampaolo Lugini, ex vicesindaco di Carsoli, dai comuni di Celano e Pescina.
Senza fare nomi, Di Carlo, se la prende con “qualche politico per il quale il privato era il lupo cattivo che si sarebbe mangiato l’interesse pubblico”, e ancora afferma che “noi non abbiamo fatto un’operazione di acquisizione di Aciam, come dice qualche impreparato politico”.
Il nuovo assetto vedrà ora come detto presidente Di Carlo, e con un solo amministratore delegato, da quanto trapela, rispetto all’attuale governance composta dal presidente Maurizio Bianchini, dall’amministratore delegato Alberto Torelli, dai consiglieri, oltre a Di Carlo, Federica Di Renzo.
Nell’intervista Di Carlo ripercorre l’iter che ha portato al nuovo assetto, che avuto come ragione principale il risanamento della società, con un fardello di 20 milioni di euro di debiti, e con un passivo registrato nel 2023 di 2,4 milioni, già coperti da Tekneko, e di 500mila euro per il nuovo bilancio che dovrà essere approvato, e che ancora una volta coprirà il privato.
L’avvento di Tekneko è stato possibile proprio in virtù del cambio di statuto, che ha consentito a soci privati ma anche pubblici, di vendere e comprare quote, eliminando la differenza tra azioni di tipo A, cedibili solo da ente pubblico a ente pubblico, e di tipo B, cedibili solo da privato a privato, che garantiva la maggioranza blindata alla parte pubblica. Con questa modifica appunto, quando si è trattato di ricapitalizzare, i soldi ce li ha messi Tekneko, i 2,4 milioni citati, e una piccola parte il comune di Aielli, e Tekneko ha intanto acquisito le quote di Avezzano, che è uscita da Aciam, le più corpose, 12,20% dal valore di 450.000 euro, e Borgorose e da altri altri piccoli comuni, prendendo di fatto il controllo pressoché totale di Aciam, passando dal 48,6% delle azioni al 99%.
“Occorre innanzitutto fare un po’ di chiarezza – spiega a sua volta Di Carlo -: Aciam è stata sempre una società privata, perché era una società per azioni, governata dal diritto privato, mentre abbiamo una società pubblica quando gli elementi di governo sono dettati dal diritto pubblico. L’unica differenza, la particolarità, è che Aciam aveva uno statuto con due tipi azioni, di tipo A e tipo B, che garantiva la maggioranza pubblica, secondo la vecchia norma. Poi finalmente ad ottobre è arrivata la modifica del statuto, che ha annullato questa differenza consentendo anche ai soggetti privati di diventare maggioranza, passaggio fondamentale per il risanamento della società e per dargli un futuro”.
In realtà spiega Di Carlo, “la modifica dello statuto ha fatto sì che chi non credeva al futuro della società ha potuto non ricapitalizzare, o uscire, a differenza di chi ci credeva, e questo è stato fondamentale. Ma gli altri comuni sono rimasti con le quote che avevano, cioè il capitale sociale prima dell’aumento era di circa 73.000 euro, di cui 37.000 della parte pubblica, e l’altra parte privata. Quindi con l’aumento di capitale loro non è che sono stati fatti fuori, il capitale che avevano i Comuni è rimasto quello. Faccio un esempio: abbiamo cento mele e decidiamo invece di cento mele di passare a mille mele e solo il privato ci mette le 900 mele, la parte pubblica ha deciso invece di rimanere con le mele che aveva. Questo ha determinato ovviamente una percentuale molto diversa delle quote sociali”.
Questo dunque il complesso passaggio che ha portato al nuovo assetto, che per Di Carlo era una scelta necessaria, non solo per il futuro di Aciam, gravato dai debiti, ma anche per la stessa Tekneko.
“Noi abbiamo preso una società con circa 20 milioni di debiti, garantiti da noi, e siamo entrati in Aciam non certo perché volevamo fare l’assalto alla diligenza – spiega Di Carlo -, o chissà per quale speculazione, riguardo all’impianto di Aielli. Aciam ha anche ora un mutuo ipotecario di 13 milioni sull’impianto, garantito da noi, da Tekneko, un mutuo necessario all’epoca per effettuare un importante ampliamento. Noi non abbiamo fatto un’operazione di acquisizione di Aciam, come dice qualche sapiente e impreparato politico. Noi abbiamo semplicemente fatto legittima difesa, cioè abbiamo messo in sicurezza quello che era la nostra fideiussione di 20 milioni. Se non l’avessimo fatto Aciam sarebbe fallita, e noi avremmo dovuto pagare alle banche 20 milioni di euro, cioè le banche avrebbero chiesto a noi, non ai Comuni, tutti questi soldi, e questo ci avrebbe messo in fortissima difficoltà”.
Troppo comodo insomma gestire una società scaricando sul socio di minoranza tutti i rischi di insolvenza, ma Di Carlo per esemplificare l’evenienza usa anche una espressione molto colorita e per nulla political correct.
Ora assicura Di Carlo, l’Aciam potrà concludere il percorso di risanamento, “perché Tekneko stiamo pagando i debiti ristrutturando il mutuo, e Aciam porterà avanti una necessaria ristrutturazione, abbastanza importante, che riguarderà anche il personale, attualmente costituito da 75 addetti”.
Ma chiarisce: “per scelta aziendale abbiamo deciso di evitare di lasciare a casa la gente e quindi una parte di personale ritenuto in esubero verrà ricollocata all’interno di Tekneko, senza creare disastri sociali. Dei dipendenti poi una buona parte sta sulla raccolta dei rifiuti che passeranno con le imprese che otterranno affidamenti, come quello che riguarderà i comuni della Piana del Cavaliere. Elimineremo i centri di costo inutili, per fare un esempio non serve avere due uffici ragioneria, e saranno infatti accorpati”.
Prossimo passaggio sarà dunque l’approvazione del bilancio, con la decadenza del vecchio cda, e con Umberto Di Carlo che diventerà nuovo presidente della società.
“Il bilancio chiuderà in perdita anche quest’anno, ma di 500mila euro, tenuto conto che nel 2023 era stato chiuso con 2,4 milioni di passivo. E chiaramente questi 500 mila euro se li accollerà Tekneko, e problemi di approvazione non possono esserci, perché per approvare il bilancio ci vuole il 65% delle quote, e noi appunto ora ne abbiamo il 99%”.
Nel nuova governance potrebbe non esserci il Cda, ma solo un amministratore unico, al fianco del presidente.
Di Carlo sottolinea ancora: “Aciam è diventata una società normale, e prima non lo era, tanto che il socio privato doveva garantire i debiti, rischiando l’osso del collo, con il pubblico che nulla rischiava e che però la maggioranza della società. E vorrei ancora sottolineare con forza che per noi non è stata un’acquisizione di vantaggio, si è trattato di evitare il peggio. Noi siamo diventati azionisti di maggioranza non perché eravamo interessati a prenderci l’impianto di Aielli che già utilizzavamo. Ripeto, è stata legittima difesa”.
Una società l’Aciam, conclude Di Carlo, che ora “potrà disporre di maggiori opportunità e capacità anche di stare sul mercato, fare gare, avere affidamenti in house, fare profitti. Diventando una società commerciale normale, facendo più impresa e meno politica”.
- ACIAM, BILANCIO AL PALO, RISCHIO ESUBERI, DI CARLO, “TEKNEKO SVOLTA”. BORDATE A “CERTI POLITICI”AVEZZANO - Una nuova era, ma piena di incognite, per l'Aciam, la società che da pubblica è diventata a controllo privato, con 44 comuni soci della M...