L’AQUILA – Qualcosa si muove per il progetto oramai decennale dello spostamento della linea da 220 chilovolt della Terna, che attraversa L’Aquila nella periferia nord, caso unico in Italia, e che consentirebbe di liberare 450 ettari da adibire a riqualificazione urbana e a progetti utili alla collettività: il consigliere comunale del Partito democratico Stefano Palumbo presenterà, nel consiglio del 13 maggio, una mozione volta a sollecitare l’interramento, oppure lo spostamento fuori il perimetro urbano. E da quanto si apprende, la maggioranza di centrodestra, con in testa il presidente del consiglio comunale, e assessore regionale, Roberto Santangelo, di Forza Italia, è pronta a far sua la proposta.
A quel punto il Comune dell’Aquila potrà sedersi con maggior vigore al tavolo con Terna, per cominciare a pianificare e quantificare l’intervento, tenuto conto che Terna sta ultimando già l’interramento della linea da 150 chilovolt, per la quale manca solo la rimozione dei tralicci metallici, un investimento da 7 milioni di euro, e che ci sono molti canali di finanziamento per un intervento quantificato intorno ai 10-15 milioni di euro.
La vicenda è annosa, già emersa nell’agenda politica ai tempi del sindaco del centrosinistra Massimo Cialente, oltre dieci anni fa, e per la quale si è da sempre battuto con particolare vigore l’imprenditore romano Mario Manganaro, a capo di una holding che opera nel settore immobiliare, farmaceutico ed energetico, e che nel 2008 ha acquistato, con la società Proteo, un terreno da circa 20mila metri quadrati nel quartiere del Torrione, a ridosso del centro storico dell’Aquila, in precedenza di proprietà dell’Enel, con l’intento di realizzare, con un investimento di 20 milioni di euro, un grande parco culturale e commerciale, e con centinaia di parcheggi. Ma anche il suo progetto, come tanti altri, potenzialmente sono inibiti proprio dalla presenza della linea da 220 volt, che impone a terra, una servitù di circa sessanta metri di larghezza.
Manganaro ha fatto causa a Terna, e si attende la sentenza di appello, per imporre la rimozione, sostenendo che il vigente regio decreto del 1933 stabilisce che realizzazione di un elettrodotto deve in ogni caso salvaguardare il diritto dei terzi di godere di un bene di proprietà, e inoltre una una legge del 1965 stabilisce che le linee ad alta tensione superiori a 150 chilovolt costruite prima del 1965 sono rimovibili.
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