ANCE L’AQUILA: PACIONE, “UNA DONNA PRESIDENTE? SONO VISIONARIA”, “MIEI COMPETITOR SONO IL PASSATO”

ELEZIONI VERTICI COSTRUTTORI, IMPRENDITRICE DEL RESTAURO IN CAMPO CONTRO FRATTALE E CIRILLO. "LAVORO NEI CANTIERI E NON NEI PALAZZI, NON CI SONO PIU' CONTESTI ESCUSIVAMENTE MASCHILI E FEMMINILI"

13 Novembre 2021 07:52

L'Aquila - Abruzzo, Politica

L’AQUILA – “Sono una imprenditrice che lavora sul campo e non nei palazzi. Sono una visionaria e non penso ci possano essere più contesti esclusivamente maschili e femminili. I miei competitor,  per loro stessa ammissione, sono parte integrante del sistema Ance da diversi anni e quindi se da una parte hanno grande esperienza, dall’altro rappresentano il sistema che mi piacerebbe cambiare”.

Si presenta così, nell’intervista ad Abruzzoweb, Serena Pacione, 53enne aquilana, titolare della società di restauro ‘Servizi integrati’, da anni sul fronte della ricostruzione post sisma, candidata alla presidenza dell’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) dell’Aquila. La prima donna in corsa per la presidenza l’Ance, da sempre guidata da uomini, e che alle elezioni fissate per il prossimo 18 dicembre, se la dovrà vedere con 52nne imprenditore di Sulmona Gianni Cirillo, presidente dell’Ente scuola edile – Cpt della provincia dell’Aquila e patron della Ise Impianti, da 20 anni in seno agli organi direttivi dell’Ance, e con il 72enne aquilano Gianni Frattale, per circa sei anni al timone dell’associazione, dal 2011 al 2017, in piena ricostruzione post terremoto, vice presidente della Camera di commercio Gran Sasso d’Italia,  componente della commissione di designazione dell’Ance, che passa ora lui stesso a diventare candidato.

Elezioni che fanno seguito, in un’Ance scossa da dissidi, tensioni e fazioni interne, al clamoroso rinvio del voto  il rinvio del voto, a due giorni dalla consultazione fissata per gli inizi del mese di luglio, del presidente uscente Adolfo Cicchetti, a causa dei dubbi espressi dai probiviri nazionali sulla eleggibilità dell’imprenditore aquilano Eliseo Iannini (62 anni), che si contrapponeva al suo collega, sempre aquilano, Marino Serpetti (61 anni), e che nel mese di settembre hanno fatto un passo indietro per il bene della categoria, auspicando, assieme a Cicchetti, una candidatura unitaria e di pacificazione. I candidati però allo stato attuale sono tre, e se da una parte non si esclude che alla fine si possa arrivare alla soluzione unitaria, dall’altra è possibile l’ingresso in campo di ulteriori candidati, visto che i termini scadono il prossimo 21 novembre, raccogliendo però il 20 per cento delle firme degli iscritti. In tal senso c’è fermento in una associazione che non sembra avere pace.

Pacione è tornata da pochi mesi ad iscriversi tra le 200 imprese dell’Ance e sogna  “un’Ance L’Aquila con 1000 e più iscritti e avere difficoltà a trovare una sede ove tenere assemblee mensili per sentire il polso della situazione: da quando partecipo alla vita associativa, la nostra sala convegni vede la presenza sparuta di poche decine di imprenditori”.

Come è nata l’idea della candidatura e quali sono i motivi più importanti?

Sono tornata in Ance dopo una lunga parentesi determinata da una mia scelta, non condividevo, infatti, le strategie associative dell’epoca. Sono una imprenditrice che lavora sul campo e non nei palazzi. Amo essere in cantiere con i miei anche se oggi è sempre più difficile, alla luce dei numerosi impegni amministrativi e tecnici cui siamo chiamati. Gestisco la mia piccola realtà in maniera diretta anche perché credo fermamente che non ci debbano essere distanze tra datore di lavoro, dipendenti e collaboratori, il rapporto deve essere improntate sul rispetto, la stima e la fiducia reciproca. Ritengo sia necessario un cambiamento. La figura dell’imprenditore deve essere rivalutata e letta secondo modalità trasparenti, professionali e efficienti.





E’ cosciente di scendere in campo per la presidenza di un’associazione che storicamente parla al maschile?

Sono una visionaria, non penso ci possano essere più contesti esclusivamente maschili e femminili, ferma restando la sostanziale differenza fisica. La mia è una azienda che ha sempre avuto in prevalenza addetti donne per via dell’ambito dei beni culturali in cui opera: archeologhe, restauratrici, storiche dell’arte dialogano e fanno squadra con l’eccellente personale maschile che mi affianca in questa avventura. Mi sono da sempre impegnata per fare la differenza tra capaci e incapaci, che siano di genere maschile o femminile. Scendere in campo per rappresentare la concretezza e l’efficienza nel settore da parte di Donne, a mio giudizio, da sempre in grado di porsi allo stesso livello degli uomini, è un ruolo che mi piacerebbe ricoprire. Sono per l’unione e la condivisione di un sistema che dovrebbe essere, semmai, più partecipato e aggregante. Altre tipologie di politica non mi appartengono, e già dire o associare il mio fare con la politica è assai lontano dal mio modus operandi. Mi piacerebbe un’Ance L’Aquila con 1000 e più iscritti e avere difficoltà a trovare una sede ove tenere assemblee mensili per sentire il polso della situazione: da quando partecipo alla vita associativa, la nostra sala convegni vede la presenza sparuta di poche decine di imprenditori.  Sarebbe opportuno lavorare per aggregare e non per dividere, solo una squadra forte, coesa e numerosa può rappresentare una realtà così complessa. E’ necessario coinvolger nuove imprese, recuperare quelle che si sono allontanate per i più svariati motivi e coinvolgerle fin dal primo loro ingresso affinché possano rappresentare quell’aria nuova che tanto rappresenta il cambiamento. Ingessare le possibili nuove adesioni è, infatti, a mio giudizio elemento discriminante per chi vuole conservare lo status quo e chi vuole cambiare.

Come giudica i suoi competitor?

Per quanto concerne i miei attuali competitor (che potrebbero essere anche più, alla luce della seconda finestra per le candidature, che scadrà tra qualche giorno) posso solo dire che, entrambi, per loro stessa ammissione sono parte integrante del sistema Ance da diversi anni e quindi se, da una parte rappresentano l’esperienza, dall’altro il sistema che mi piacerebbe cambiare. Nella speranza di poter vedere realizzato questo progetto, ambizioso, che condivido con un numeroso gruppo di colleghi, mi auguro una nuova ANCE. Ne abbiamo bisogno ora più che mai.

Qual è il contributo principale che una donna pensa di portare in questo contesto?

Spero si possa dialogare con la compagine associativa senza dover rimarcare le differenze di genere con l’unico obiettivo di guidare l’ambito che rappresentiamo verso un traguardo di alta professionalità e legalità. Conto, inoltre, sulla collaborazione e l’appoggio di numerose aziende capitanate da professioniste che, avendo dovuto “dimostrare”, nel loro percorso lavorativo, maggiori capacità di un collega uomo, hanno una marcia in più affinché si possa fare passi in avanti in un settore dove, storicamente, a partire dalle maestranze, che lo vivono come ultima spiaggia lavorativa, impera un concetto arcaico e denigratorio di imprenditori avventurieri, incolti e incapaci.

Che Ance costruirà se dovesse avere la meglio nella corsa a tre?





Un’ANCE partecipata con uno stretto rapporto con la base, da cui – sottolineo – provengo, che coinvolga gli associati su tutte le decisioni, come dovrebbe essere in un consesso democratico, che si attivi per coinvolgere tutte le aziende che operano nel settore, e in provincia sono innumerevoli, che non si iscrivono perché non sentono l’ANCE una cosa loro ma una entità terza. La mancata partecipazione della base fatta di impresa individuali, piccole e micro imprese, tra cui mi annovero, di fatto lascia l’ANCE a rappresentare un piccolo gruppo di protagonisti che, a rotazione, hanno guidato l’Associazione nel corso di oltre 75 anni, facendone un vessillo per un’armata d’elite. Non può essere più così…oggi chi si avventura nel settore edile (ma anche per settori affini cui ci dobbiamo aprire) ha bisogno di far parte di una squadra che DEVE fornire servizi e rendersi disponibile ad entrare in campo al fianco dell’imprenditore, anche del più piccolo, che incontra ostacoli nel suo percorso, ostacoli che possono essere rappresentati dalle procedure, dalla normativa bulimica e dalla interpretazione che, di quest’ultima, fanno gli interlocutori terzi. Deve, l’Associazione, rappresentare un coacervo di professionalità a servizio dell’iscritto nella massima trasparenza e convenienza.

E’ consapevole del fatto che questa competizione, viziata dalla sospensione a due giorni dal voto di inizio luglio, coincida con il momento storico peggiore per l’associazione? E’ d’accordo con questa analisi?

Quanto da ultimo accaduto denota la difficoltà per il sistema ANCE ad uscire da alcune logiche. Una maggiore professionalità e un confronto più trasparente e collaborativo con l’assemblea degli iscritti avrebbe, di fatto, prevenuta questa anomalia. Per partecipare alle gare d’appalto tutti noi siamo tenuti, pena l’esclusione, a produrre alcuni documenti che attestano la trasparenza del nostro operato… nulla di segreto. Non vedo perché le valutazioni dei requisiti, che sono i medesimi come prevede lo Statuto ma ancor più il nostro Codice Etico, debbano essere valutati in maniera riservata. L’imprenditore edile, oggi più di ieri, deve recuperare credibilità sul terreno della trasparenza. Quale miglior occasione se non questa. Spero ci si possa velocemente lasciare alle spalle quanto accaduto e ripartire con un nuovo spirito di servizio per la collettività, che rivaluti l’operato di tutti coloro che si sentono e, mi auspico, si sentiranno rappresentati dall’Ance.

Qual è la strategia per far tornare il sereno in seno ad un’associazione dilaniata da spaccature, tensioni, scontri e scorrettezze tra gli stessi soci. Come vede la competizione e cosa pensa dei suoi competitor?

Più che di una strategia mi appello al buon senso. Mettere in difficoltà il sistema imprese in un momento storico così cruciale dove, da un lato rappresentiamo il volano della ripresa, dall’altro ci dibattiamo in una ricerca disperata di materiali e manodopera oltre che di tecnici per fare fronte alle richieste generate dai bonus statali che, nel nostro territorio, si sovrappongono all’area del c.d. “cantiere più grande d’Europa” (con la sovrapposizione dei due sismi 2009 e 2016-2017), mi sembra del tutto anacronistico. Dobbiamo rivestire ben altri ruoli: siamo il settore trainante del sistema economico, fiaccato anche dalla pandemia, e dobbiamo rappresentare il pungolo e il supporto all’Amministrazione tutta per dar vita ad un processo di riscatto e ricostruzione che, per le conseguenze e l’incisività, può essere paragonato a quanto avvenuto nel secondo dopoguerra. Perdersi in scaramucce per grevi questioni di principio mi sembra del tutto fuori luogo.

 

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