ANCHE IN ABRUZZO IN 10 ANNI CROLLO NUMERO STUDENTI, PIANO GOVERNO PER ACCORPARE E TAGLIARE POSTI

IN REGIONE LA POPOLAZIONE IN ETÀ SCOLARE, DAI 3 AI 18 ANNI, SCENDERÀ NEL 2032 DA 170.246 UNITÀ AI 139.830. IN ITALIA DA 8.137.672 A 6.738.836. SCHEDA TECNICA MAOVRA GOVERNO IPOTIZZA CANCELLAZIONE 600 ISTITUTI, DIMEZZAMENTO DIRIGENTI, RIDUZIONE DI 60MILA TRA DOCENTI E ATA

di Filippo Tronca

5 Dicembre 2022 07:41

Regione - Cronaca

L’AQUILA – A causa del fenomeno del calo drammatico della natalità e conseguente erosione demografica, in Abruzzo la popolazione in età scolare, dai 3 ai 18 anni, scenderà nei prossimi dieci anni dagli attuali 170.246 unità ai 139.830, con una perdita 38.416 potenziali alunni e studenti.

Parallelamente in Italia si passerà dagli  attuali 8.137.672 a 6.738.836 unità, con una perdita di quasi 1,4 milioni.

Il preoccupante dato è contenuto nelle Relazioni tecnica allegata alla legge di bilancio in via di approvazione, e non è una buona notizia: in base a questi numeri il governo sta già avviando una razionalizzazione della rete scolastica. Ad essere cancellati saranno circa 600 istituti, mentre il numero degli attuali dirigenti scolastici sarà praticamente dimezzato nei prossimi otto anni, dagli attuali 3.490 fino ai 3.144.

E questo significherà anche un draconiano taglio di posti per docenti e personale scolastico, a regime ben 60mila in meno, che consentirà un risparmio di 450 milioni di euro.

Una mannaia che toccherà, fatalmente, anche l’Abruzzo, dove il calo sarà, al pari del trend nazionale, costante: nel 2026 si scenderà a 161.364 persone in età scolare, e nel 2030 a 149.645 per poi come detto nel 201326 a 139.830.

A lanciare l’allarme è già la Cgil di Teramo che in una nota avverte che “si prevede una nuova ondata di accorpamenti fra istituti che potrà portare alla scomparsa, già nei prossimi due anni, di oltre 700 unità scolastiche abbattendosi soprattutto nelle regioni del Sud.  Si riducono così i posti di organico di oltre 1400 dirigenti scolastici. Riduzione destinata ad aumentare inesorabilmente quando le autonomie scolastiche passeranno dalle attuali 8.136 a 6.885”.





E per la sola provincia di Teramo questo significa la soppressione di almeno 8 istituzioni scolastiche.

Quello che sta accadendo altro non è una delle conseguenze della crisi demografica che interessa e continuerà ad interessare l’Italia e l’Abruzzo con  pesanti ripercussioni sotto il profilo della crescita, del benessere, della tenuta del welfare state e del sistema pensionistico, e che questa testata ha affrontato con una intervista a Nicola Mattoscio, presidente  della Fondazione Pescarabruzzo,   economista, esperto dei mercati finanziari e della sostenibilità della new economy,  professore straordinario di Economia politica all’Università G. Marconi di Roma.

“Occorre dunque già da ora ripensare il sistema economico nel suo complesso – aveva ammonito Masciocco -, come pure la vocazione delle aree interne, le più soggette a spopolamento, che possono avere un futuro solo con una integrazione ​forte, sistemica, ​con le aree costiere e di pianura​, quelle​ a maggior prodotto interno lordo. Nel 2050 in Italia ci sarà un rapporto tra giovani e persone anziane di 1 a 3, questo significa che  lo squilibrio sarà esplosivo, dovremmo immaginare che ogni giovane si dovrà caricare sulle proprie spalle il peso esistenziale di tre persone anziane”.

In soli sette anni, dal 2013 al dicembre 2020 l’Abruzzo ha perso del resto ben  48.906 abitanti, ovvero un’intera città delle dimensioni di Chieti. Un fenomeno che riguarda l’intera Italia, come pure il nostro pianeta, che nel 2100 ospiterà 8,8 miliardi di persone, ovvero 2 miliardi in meno rispetto alle attuali proiezioni delle Nazioni Unite. Con un tasso di fertilità già oggi fra i più bassi al mondo e destinato a scendere ancora, l’Italia nel 2100 è destinata a svuotarsi, perdendo metà della propria popolazione.

Ed ecco arrivare gli effetti della denatalità sul sistema scolastica, già messi nero su bianco nella Relazione tecnica che accompagna la manovra, che prevede che al crollo degli studenti dovrà seguirà anche una riduzione del personale scolastico, di “almeno 60 mila unità”.

E già adesso con la manovra, arriva una prima quantificazione dei dirigenti scolastici di cui il sistema scuola potrà fare a meno nei prossimi dieci anni. I presidi saranno in pratica dimezzati. Si passerà dai 6.490 del 2024-2025 (primo anno in cui entreranno in vigore le norme della Manovra), fino ai 3.144 del 2031-2032.





Si tratta di 3.346 dirigenti scolastici in meno. Un numero al quale si arriverà attraverso pensionamenti annui di circa 470 presidi. In pratica nel 2032 un preside su due sarà andato in pensione.

Secondo la relazione tecnica, in questo modo sarà però possibile risparmiare nei prossimi dieci anni oltre 470 milioni di euro.

La manovra prevede anche un nuovo coefficiente per la formazione delle sedi scolastiche autonome. Oggi è attribuito un dirigente scolastico e un direttore dei servizi generali ed amministrativi titolari, solo alle istituzioni scolastiche con almeno 600 alunni (400 nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche).

Questi parametri saranno superati. Il numero di alunni che dà diritto alla scuola ad avere un preside, sarà calcolato attraverso in algoritmo che terrà conto di alcuni parametri, come gli alunni iscritti alle istituzioni scolastiche statali, l’organico di diritto nell’anno di riferimento, un coefficiente compreso tra 900 e 1.000 e una correzione in base alla densità di popolazione per chilometro quadrato.

Sarà un decreto del ministro dell’Istruzione e del merito, di concerto con quello dell’Economia, dopo aver fatto girare l’algoritmo, a indicare il contingente dei dirigenti scolastici da assegnare ad ogni Regione.

 

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