IL GIP DEL TRIBUNALE DELL'AQUILA SU RICHIESTA DEL PM METTE LA PAROLA FINE SUL FILONE PRINCIPALE DELLA MAXI INCHIESTA PARTITA NEL 2015

APPALTO PALAZZO CENTI: ARCHIVIATI D’ALFONSO, RUFFINI E ALTRI QUATTORDICI

3 Settembre 2018 17:45

L'Aquila -

L'AQUILA – “Mancano elementi per sostenere l’accusa in un processo”.

Il giudice per le indagini preliminari del tribunale dell'Aquila, Mario Cervellino, su richiesta del pm Fabio Picuti ha mandato in archivio l’inchiesta su presunti favoritismi nell'appalto da circa 13 milioni di euro per il restauro del prestigioso Palazzo Centi, fino al 2009 sede della Giunta regionale nel centro storico del capoluogo.

Le indagini che hanno coinvolto 14 persone con in testa il senatore del Partito democratico Luciano D'Alfonso, fino al 10 agosto scorso presidente della Regione Abruzzo, hanno riguardato il principale filone della maxi inchiesta, arrivata a 11 fascicoli ed una quarantina di indagati, su presunte mazzette negli appalti della Regione, partita nel 2015 da parte della Procura della Repubblica dell’Aquila.

Scagionati oltre a D'Alfonso, l'ex capo della segreteria del governatore Claudio Ruffini, l'ex dirigente della Soprintendenza Berardino Di Vincenzo e suo figlio Giancarlo, architetto come il padre, i costruttori Giancarlo Di Persio e Mauro Pellegrini, titolari dell'impresa Dipe, conviolta anche in altre inchieste, i componenti della commissione aggiudicatrice, il dirigente regionale Giancarlo Misantoni, l'architetto Roberto Guetti e l'ingegnere Silverio Salvi, entrambi dipendenti regionali, il funzionario della Regione Carlo Giovani, il tecnico Carlo Ciabattoni, l'imprenditore Eugenio Rosa, amministratore delegato di Iciet Engineering di Castelli (Teramo), azienda che si è classificata terza e sulla quale c’erano i dubbi di favoritismi, il costruttore teramano Sabatino Cantagalli, il funzionario della Soprintendenza Roberto Orsatti, e i tecnici Alessandro Pompa e Gianluca Marcantonio, quest’ultimo fedelissimo di D’Alfonso, che lo ha pubblicamente sponsorizzato nella nomina come componente del Consiglio superiore dei lavori pubblici.





Per Pompa e Marcantonio, tuttavia, resta in piedi l'accusa di turbativa d'asta per la quale il pm stato chiesto il rinvio a giudizio per il quale il gup fissare la data del processo.

Il gip ha cancellato le ipotesi di accusa che erano state formulate dal pm Antonietta Picardi, trasferita su sua istanza dal settembre 2017 presso la Procura generale della Cassazione.

Il procuratore della Repubblica ha assegnato l’importante fascicolo a Picuti che ha chiesto le archiviazioni. Le indagini erano state condotte dai carabinieri del Noe.

“Per quanto riguarda D'Alfonso e Ruffini”, si legge nel decreto di archiviazione del gip, “va segnalata l'assenza di condotte rilevanti con riferimento alla gara d'appalto. Dal contenuto delle telefonate intercettate emergono attività lecite integranti l'esercizio dell'attività amministrativa e doverosa sorveglianza mancando in modo assoluto pressioni illecite. Non sono emersi contatti tra i due indagati e le imprese partecipanti alla gara nonché i progettisti dell'opera. Le telefonate oggetto di captazione non forniscono prova di alcuna attività criminosa”.





“Per quanto riguarda i Di Vincenzo, i titolari della Dipe, Pellegrini e Di Persio, ditta partecipante alla gara d'appalto, mancano elementi idonei a sostenere le accuse di corruzione. Gli indagati hanno fornito esaurienti spiegazioni dei contatti intercorsi. Sono state fornite giustificazioni credibili dei contatti tra gli amministratori della Dipe e Giancarlo Di Vincenzo dovuti a pregressi rapporti professionali. Peraltro, Pellegrini e Berardino Di Vincenzo vantano lontani rapporti di amicizia in quanto coetanei e originari dello stesso paese, Caporciano”.

“Quanto a Misantoni, Guetti e Salvi, accusati di falso, va esclusa la sussistenza di elementi idonei – si legge sempre nel decreto – In capo agli indagati manca qualsivoglia interesse di natura economica atto a giustificare le condotte di falso. Eventuali inesattezze devono ricondursi a negligenza o leggerezza”.

“I tre indagati sono stati accusati anche di turbativa d'asta, asseritamente consumata nel maggio 2015 all'Aquila in relazione alla quale, tuttavia, risultano palesemente estranei essendo lo stesso reato ascrivibile ai soli Gianluca Marcantoni e Alessandro Pompa, per i quali il pm ha proceduto in via separata, nell'ambito del procedimento originario”.

Palazzo Centi, intanto, è ancora in attesa di essere recuperato: il tormentato appalto, a colpi di ricorsi e controricorsi, ancora non riesce a vedere la cantierizzazione.

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