APPELLO A DEL CORVO, ”LA STORIA DELLA PREFETTURA NON SIA VIOLATA”

16 Novembre 2010 19:32

L'Aquila -

L’AQUILA – Non deve essere violata né modificata la storia del palazzo del Governo, quello che ospitava la prefettura, quello che si sapeva fosse pericolante da prima del 6 aprile 2009, quello dove hanno fatto la foto Silvio Berlusconi e Barack Obama.

Lo afferma il giornalista e storico aquilano Amedeo Esposito, in una lettera aperta rivolta al presidente della Provincia dell’Aquila, Antonio Del Corvo.

Inorridito dall’ipotesi che al posto della prefettura ci vada la biblioteca “Tommasi”, e al posto della biblioteca chissà cos’altro, pur ammettendo che non tutto potrà tornare “dov’era e com’era”, com’è noto, Esposito però non transige su alcuni edifici simbolo, che com’erano e dov’erano dovranno assolutamente tornarci.

Tra questi, la prefettura, Del Corvo permettendo.

di Amedeo Esposito

È vero! Sig. Presidente, L’Aquila futura non sarà come prima. Ma stravolgere di essa la storia e l’anima, con i ripetuti annunci lanciati dall’Ente Provincia, è certamente un “delitto” contro tutti i cittadini, nessuno escluso.





Nel caso poi dell’idea espressa sulla certa ricostruzione del “palazzo del governo” , che non sarà più prefettura, ma destinato a biblioteca provinciale e museo della memoria, si supera ogni limite, cadendo nella distruzione dell’ “anima aquilana” che così subirà un abbattimento più violento e cieco di quello dovuto al sisma del 6 aprile 2009.

Dunque, il “palazzo del governo” o della prefettura di piazza della Repubblica (visto nel desolante crollo dai grandi della terra del G8, a partire da Obama), nato con l’Unità d’Italia 150 anni fa ed oltre (entro il vasto e grandioso ex monastero agostiniano), sarà riedificato secondo la bozza di decreto per la ricostruzione del centro storico presentata qualche giorno fa dal presidente Gianni Chiodi.

In esso, però, non torneranno i prefetti, e cioè coloro che fecero sempre un prezioso “coordinamento” delle linee politiche- amministrative.

“Mestiere” particolarmente delicato, del quale non potrà farsi a meno in vista di un’Italia con autonomie più forti. A questo punto ci vien da dire che “chi non ha storia è schiavo delle mode”. Ma non basta, perché l’idea del presidente Del Corvo supera anche la “schiavitù della moda”, poiché ignora che quel palazzo-convento fu e rimane centro dell’alta politica regionale, sia che si pensi all’ Ottocento o al Novecento: compreso il ventennio fascista e ancor più al lungo percorso democristiano e fino a noi.

Suggeriamo di leggere il libro ”L’ultima provincia” edito da Sellerio, per acquisire il senso storico-umano-amministrativo di quell’edificio, nel racconto della figliuola del 32° Prefetto, l’eccellenza (come usava allora) Cortese.

Entro quell’edificio, ma ciò è ignorato dal presidente Del Corvo, fu realizzato (con i soldi dei contribuenti, ovviamente) l’appartamento reale (in vari stili, compreso quello napoleonico) dove furono ospitati i re e le regine dei Savoia, compreso Vittorio Emanuele III che dal balcone centrale (sorretto dalle due alte colonne, su cui poggiava la trabeazione con la scritta: “palazzo del governo”), alla fine del 1942, si affacciò per presentarsi per l’ultima volta agli italiani, prima della sua ignominiosa fuga a Brindisi, nel settembre 1943.





E dopo la seconda guerra mondiale vi soggiornarono i presidenti repubblicani, a cominciare da Enrico De Nicola.

Per questa regalità, e perché l’appartamento era nella disponibilità dei prefetti in carica, divenne la prefettura più ambìta dell’Italia centrale. Si ignora, forse volutamente, che l’Ente Provincia (come sono oggi indicate le Province) ebbe principio entro il salone delle feste dello stesso edificio, poi abbellito e reso unico nella regione dalle due opere di Teofilo Patini: “Bestie da soma” e “Pulsazioni e battiti” .

In esso s’ebbero le grandi scelte economiche e sociali per l’intera provincia, attuate dai presidenti repubblicani, a cominciare dal marsicano Pietrangeli, uomo di cultura che diede inizio alla fase democratica della Provincia dell’Aquila.

Nessuno nega che una parte minima della città settecentesca abbattuta dal terremoto dell’anno scorso non possa risorgere com’era e dov’era.

Non è però il caso del “palazzo del governo”che risorgerà, parola del commissario Chiodi, là dov’ era e forse anche com’era.

E se così sarà (per chi non dubita delle promesse di Chiodi) non si vede perché il presidente Del Corvo voglia così gravemente “mortificare” la città che attende di tornare, fra l’altro, nella Biblioteca “Salvatore Tommasi” , dov’era e com’era, istituita, fors’egli non lo sa, oltre 160 anni fa.

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