L’AQUILA – Sulla controversa riforma dell’Azienda regionale delle attività produttive, oggi commissariata, tutto è pronto per uno spettacolare dietrofront, imposto dai partiti di centrodestra in consiglio regionale, contro l’ipotesi, partorita dall’assessore regionale Tiziana Magnacca di Fdi, che prevedeva la creazione di una “good company”, la nuova Aruap, e una “bad company”, la vecchia Arap, che si sarebbe dovuta accollare i 20 milioni di debiti con la fusione del Consorzio industriale di Chieti e Pescara, e con la prospettiva della liquidazione.
Come rivelato ad Abruzzoweb dal capogruppo di Forza Italia, Emiliano Di Matteo, sono una decina gli emendamenti già presentati entro il termine del 6 maggio a firma di tutti i capigruppo del centrodestra di Marco Marsilio, di Fdi, con l’iter che ripartirà a breve nella prima commissione bilancio e terza commissione Sviluppo economico in seduta congiunta, con l’arrivo in aula per la definitiva approvazione entro il mese di giugno. Emendamenti che oltre a cancellare la bad company, sono tesi da riportare il controllo dell’Arap in capo al consiglio regionale, contro lo scippo della Giunta, e ad allargare il cda da 3 a 5, con la sola nomina del presidente in capo alla giunta, gli altri 4 membri al consiglio.
Di fatto una rivincita nei confronti dell’assessore Magnacca, ex sindaco di San Salvo, sempre più nell’occhio del ciclone della giunta, che fino all’ultimo aveva provato a imporre una “rivoluzione” dell’Arap, annunciata sin dal campagna elettorale dell’anno scorso , assistita dal suo fidato direttore di dipartimento, Germano De Santis.
“Sono emendamenti condivisi da tutti i gruppi di maggioranza – assicura Di Matteo -, frutto di un attento lavoro portato avanti in questi mesi, in collaborazione con i dipartimenti regionali, che conserverà, anzi accresceranno la sua forza e la capacità di azione di un ente altamente strategico, senza buttare a mare l’esperienza acquisita in questi anni e la sua affidabilità in particolare per l’accesso al credito, a differenza di quello che sarebbe accaduto con la nascita di un nuovo ente”.
Di Matteo riassume così i contenuti degli emendamenti: “prima di tutto l’Arap manterrà la sua attuale struttura e natura giuridica, senza alcuna fusione con il Consorzio industriale di Chieti e Pescara, ma questo trasferirà le funzioni all’Arap e rimarrà in vita solo per concludere le procedure con i creditori per poi essere definitivamente liquidato. Anche l’area industriale di Chieti e Pescara a quel punto, come tutti gli altri sarà gestita direttamente dall’Arap, sanando finalmente questa anomalia”.
Non solo, aggiunge Di Matteo, “gli organi di rappresentanza saliranno da 3 a 5, con la garanzia di una rappresentanza anche alle forze di opposizione come è giusto che sia”. E soprattutto, se “il presidente di giunta lo nominerà il presidente, gli altri quattro membri del cda saranno eletti dal consiglio regionale. Una mediazione, che riteniamo sia più che ragionevole”.
E’ questo infatti un aspetto dirimente della vicenda Arap, diventato elemento di scontro nel pieno della partita dello spoil system, allorché con un colpo di mano Marsilio ad ottobre scorso ha commissariato l’ente, con un atto di giunta, anche se l’azienda era di competenza del consiglio regionale, nominando poi commissario straordinario l’avvocato Mario Battaglia, che ha preso il posto di Giuseppe Savini, in quota Forza Italia, e Loretta Franciotti, come commissario del Consorzio per lo sviluppo industriale dell’area Chieti-Pescara, entrambi dirigenti regionali.
Si sono aggiunti infine i tre subcommissari, Adriano Marzola, funzionario dell’Ufficio Competitività del dipartimento Lavoro e Attività Produttive, fedelissimo di Magnacca, dunque in quota Fdi, il manager aquilano Roberto Romanelli, direttore del Tecnopolo d’Abruzzo, in quota Forza Italia, e il manager pescarese Daniela Sulpizio, in quota Lega.
Contro lo “scippo” si era ribellato lo stesso Di Matteo, avvertendo che finita la fase commissariale, a differenza di quello che prevedeva il pdl approvato contestualmente al commissariamento, le nomine dovevano restare al consiglio, e non certo alla giunta.
A complicare le cose poi sono arrivati gli ulteriori rimaneggiamenti imposti da Magnacca che appunto ha previsto la vituperata bad company. A tal proposito è dovuto intervenire lo stesso Marsilio, per bloccare tutto, con una rampogna alla stessa Magnacca, che suo malgrado ha dovuto fare un passo indietro.
In molti del resto avevano osservato che la riforma targata Magnacca era di dubbia legittimità, per quel che riguarda l’ipotesi di scaricare sulla bad company i debiti del consorzio industriale considerata una sorta di “alchimia contabile” e una “operazioni di “finanza creativa”, tanto che le opposizioni erano già pronte, in caso di approvazione di una simile legge, a presentare un esposto alla Corte dei conti.
Infine è previsto in uno degli emendamenti anche la costituzione di un comitato di indirizzo, che dovrà esprimere pareri programmatici sull’attività dell’Arap, composta da membri della prima Commissione Bilancio, di cui è presidente Vincenzo D’Incecco della Lega, della seconda commissione Territorio, Ambiente e Infrastrutture, di cui e presidente lo stesso Di Matteo, della terza commissione Agricoltura, Sviluppo economico e Attività produttive, presidente Nicola Campitelli, di Fdi, e della commissione di Vigilanza, di cui è presidente Sandro Mariani del Partito democratico.
- ARAP: ECCO EMENDAMENTI CHE AFFOSSANO PDL MAGNACCA, DI MATTEO, “DA BAD COMPANY A RILANCIO”L'AQUILA - Sulla controversa riforma dell'Azienda regionale delle attività produttive, oggi commissariata, tutto è pronto per uno spettacolare dietr...