L’AQUILA – Nella Asl più indebitata d’Abruzzo, quella di Avezzano-Sulmona-L’Aquila, l’assessore regionale alla Salute, Nicoletta Verì, si appresta ad incontrare oggi, alle 11.30, nell’aula “Dal Brollo” dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila, i direttori dei dipartimenti e delle unità operative.
Sul tavolo, e al centro dell’incontro con la ex Lega passata poi nella lista del presidente con la quale non è stata eletta alle regionali del 10 marzo scorso, salvo poi essere ripescata come “esterna”, il bubbone del debito sanitario, esploso nel 2023 a 122 milioni, con la Asl dell’Aquila “maglia nera”, con 46 milioni di passivo. E ci sarebbe al centro dell’incontro, anche un problema di comunicazione con vertici e base che da anni contraddistingue l’operato del direttore generale, Ferdinando Romano, il cui contratto è stato rinnovato fino a maggio 2025, paradossalmente con l’argomentazione che un cambio della guardia al vertice della Asl aquilana, attraverso bando, rallenterebbe l’applicazione dei piani di razionalizzazione che i quattro manager delle Asl provinciali, compreso Romano, hanno consegnato pochi giorni fa all’assessore Verì e che ora devono attuare e alla svelta.
Nel piano presentato, e di cui Abruzzoweb è venuto in possesso, dal 66enne manager in quota Fdi, arrivato da Roma a giugno 2021, dopo la defenestrazione di Roberto Testa, caduto in disgrazia presso il centrodestra che lo aveva nominato, in particolare della Lega, ha illustrato le azioni per ottenere un risparmio, fino a dicembre, di quasi 39 milioni di euro, in modo tale che il disavanzo non sarà come indica il tendenziale, senza alcun intervento correttivo, di quasi 60 milioni di euro, ma “solo” di 26,8 milioni. Ma ha anche denunciato il fatto che ad incidere significativamente sul disavanzo della Asl provinciale dell’Aquila è l’insufficiente finanziamento da parte della Regione Abruzzo, che non tiene conto della vastità del territorio da coprire, ben superiore a quello delle altre tre Asl, con un costo pro capite più alto, per garantire i servizi sanitari.
Sono intanto già arrivati i primi tagli al personale, con contratti non rinnovati a diversi precari di cooperativa sociale tra cui alcuni impegnati nel delicato settore dei sistemi informativi – il Ced – che era stato giocoforza rimesso in piedi soprattutto dal punto di vista numerico in seguito al gravissimo attacco hacker, i cui effetti nefasti non sono stati del tutto risolti. E ad essere preoccupati per i tagli, in primis gli stessi direttori dei dipartimenti e delle unità operative, vista la situazione segnata già dalla scarsità di personale.
La conferma di Romano è arrivata con una delibera approvata il 18 giugno dalla giunta regionale, con l’assenza del vice presidente di Regione Emanuele Imprudente, rieletto con la Lega, che in quelle ore era impegnato in commissione. Una circostanza che ha mandato su tutte le furie i due consiglieri salviniani, Vincenzo D’Incecco e Carla Mannetti oltre a Marianna Scoccia di Noi Moderati, contrari alla proroga di Romano per la “dubbia legittimità” e la mancanza di coinvolgimento e condivisione, come confermerebbe il fatto che la seduta sia stata convocata d’urgenza all’ultimo momento, impedendo a Imprudente di partecipare. E non sono solo i tre citati ad aver espresso a Marsilio una forte perplessità sulla proroga ad un manager che che ha macinato la quota maggiore di deficit, oltre 46 milioni.
Sullo sfondo la guerra per il controllo del comparto sanitario tra la Giunta regionale, in particolare Marsilio e Verì, e il Consiglio regionale, in particolare dall’asse rappresentato dal presidente del consiglio regionale, Lorenzo Sospiri, di Fi, e Paolo Gatti, di FdI, presidente della commissione sanità. Sono stati proprio questi ultimi a volere una sorta di commissariamento dei dg prevedendo nella delibera di copertura del debito di 68 milioni di euro di qualche settimana fa, chiesta con urgenza dal tavolo di monitoraggio nazionale, la presentazione vincolante di piani di risanamento dai quattro direttori generali, oltre Romano, Thomas Schael a Chieti, Maurizio Di Giosia a Teramo e Vero Michitelli a Pescara, su cui le commissioni competenti hanno parere “vincolante” prima dell’approdo in Giunta. Percorso osteggiato dalla Giunta e dalla Verì che ha incassato il no bipartisan del consiglio regionale.
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