L’AQUILA – Correva l’anno 2014, in campagna elettorale delle elezioni regionali, il candidato presidente del centrosinistra, poi risultato vincente, Luciano d’Alfonso, ora deputato del Pd, promise che se eletto, in tempi strettissimi sarebbe stata creata la Asl unica per la Regione Abruzzo, per razionalizzare i costi della sanità, già commissariata per eccesso di debito dal 2007, e per garantire una unica ed efficiente governance.
Dopo dieci anni, l’idea, l’epocale riforma rimasta al palo, è stata evocata dal presidente Marco Marsilio di Fratelli d’Italia, rieletto il 10 marzo per un secondo storico mandato, “Asl unica? E’ un opzione sul tappeto, non ho pregiudizi, se mi si dimostra che produrrebbe davvero un miglioramento nei servizi”, ha detto, ribadendo il concetto, ma attenuandolo, nel suo discorso di insediamento in consiglio, rivolto anche alle opposizioni, indicando che dove la Asl unica è stata fatta, come nelle vicine Marche, non è che ci siano stati miracolosi risultati e si è tornati indietro.
Di lì a poco si sarebbe scoperto che la sanità abruzzese presentata in campagna elettorale come un gioiello di efficienza e sostenibilità addirittura da esportare in Italia era invece gravata da un gigantesco debito da 122 milioni di euro nel 2023 e per una cifra forse superiore al consuntivo del dicembre prossimo ed è stata già necessaria una manovra correttiva in consiglio, e draconiani piani di rientro da parte delle quattro Asl. Con il ritorno insomma dello spettro del commissariamento ministeriale e dell’aumento delle tasse regionali al massimo dell’aliquota consentita.
Ma nemesi storica, tutto lascia ipotizzare che la Asl unica resterà nell’iperurano delle ipotesi. Piuttosto, in Abruzzo, stanno circolando proposte più soft e meno traumatiche, di parziale unificazione in particolare per quel che riguarda la gestione accentrata della sanità territoriale, con il direttori delle quattro Asl lasciati ad occuparsi dei soli ospedali, che è già non è una cosa da poco.
Come avvenuto già i tempi di d’Alfonso, che vinte le elezioni, la fusione l’ha lasciata nel cassetto, visto che contro di essa si schierò non solo il centrodestra, con in testa l’allora consigliere di opposizione Paolo Gatti, oggi tornato in consiglio e presidente commissione sanità, ma anche parte importante della stessa maggioranza del centrosinistra, come l’allora capogruppo del Pd Sandro Mariani e Luciano Monticelli.
E questo perché era bastato solo evocare la cancellazione delle quattro Asl, e delle poltrone pesantissime da direttore generale di nomina politica, ambite da tutti gli spoils system, per provocare il tintinnio di spade e il rullare i tamburi di guerra nei vari feudi elettorali e provinciali.
Lo stesso scenario di oggi, dopo dieci anni, in un Marsilio bis dove il tema principale di maggiore complessità e conflittualità in seno alla maggioranza di centrodestra, è stata proprio la sanità.
Da una parte va detto, anche dentro parte della maggioranza, a causa del pesante deficit, si punta il dito contro l’operato dei quattro direttori generali, Thomas Schael a Chieti, Maurizio Di Giosia a Teramo, confermanti ad agosto, assieme alla nomina del neo dg di Pescara Vero Michitelli, e Ferdinando Romano a L’Aquila, prorogato per un altro anno, non senza polemiche, e solo per non interrompere, in una fase delicatissima, l’applicazione del paino di rientro. Dunque, c’è anche chi come un tempo D”Alfonso, ritiene che un accentramento sarebbe in questa fase critica la soluzione migliore.
Dall’altra, però, pragmaticamente, già ci si immagina cosa accadrebbe, per dirne una, quando in caso di istituzione di una Asl unica, toccherà decidere dove sarà la localizzata la sede.
Razionalmente a Pescara, dove c’è già la sede dell’Agenzia sanitaria regionale e dell’assessorato alla Salute. E questo provocherebbe una autentica guerra in consiglio regionale e fuori, da parte delle classi politiche rappresentanti delle altre tre città capoluogo, a cominciare da L’Aquila. Del resto, a proposito di scontri territoriali in vista, c’è quello della localizzazione dell’ospedale di secondo livello, con tutte le specialità, che il piano riordino della rete ospedaliera ha rinviato di tre anni, gettando avanti insomma la palla avvelenata.
Ai tempi di D’Alfonso, accadde il contrario, l’ipotesi della sede della Asl unica era L’Aquila, con furenti levate di scudi sul fronte pescarese.
E in molti citano il caso delle Marche dove governa Fdi con Francesco Acquaroli, a partire dal 2022 si è tornati indietro rispetto all’esperimento dell’Asur unica regionale , con la costituzione delle cinque Aziende Sanitarie Territoriali di Ancona, Ascoli Piceno, Fermo, Macerata e Pesaro Urbino, con l’obiettivo di “restituire alla cittadinanza una sanità di prossimità” tenuto conto che “le Marche erano la sola regione in Italia ad avere un’unica Azienda Sanitaria e la pandemia ha evidenziato come una sanità centralizzata possa andare a detrimento della popolazione, in particolare quella residente nelle aree interne, soprattutto nell’erogazione dei servizi, quali il sovraffollamento dei pronto soccorso e le lunghe liste di attesa”, aveva spiegato l’assessore alla Sanità, Filippo Saltamartini, nel presentare la storica delibera di giunta.
Piuttosto, in Abruzzo, sta circolando una proposta più soft e meno traumatica, di parziale unificazione.
Ovvero accentrare e sottomettere ad un’unica direzione regionale tutto quello che riguarda la medicina del territorio, ovvero ambulatori, le future case della salute e ospedali di comunità la gestione delle cliniche private e relativi controlli dei Noc, l’assistenza domiciliare e quant’altro.
Lasciando ai quattro direttori generali delle attuali Asl la sola e specifica gestione degli ospedali.
Il vantaggio dei fautori di questa proposta, in ambiente medico e amministrativo, è quello di evitare commistioni tra la gestione dei nosocomi pubblici e quelli privati, che corre sempre il rischio di condotte per così dire non opportune.
E poi di sgravare i direttori generali dalla mole delle deleghe consentendo loro di concentrarsi sulle strutture che sono e resteranno il cardine del sistema sanitario, e anche per la tenuta dei conti, tenuto conto di quanto ogni anno costa un ospedale.
Per quanto riguarda la sua verve “unificazionista” probabilmente Marsilio si concentrerà su uno dei suoi pallini, quello del collegio unico regionale con la riforma della legge elettorale proprio per togliere terreno al localismo e campanilismo che connotata da sempre la politica abruzzese. anche qui con non poche resistenze.
Per il resto tornando alla materia sanitaria sarà importante soprattutto rendere davvero efficiente e performativo Areacom, la ex Aric, assegnata da Marsilio al fidato direttore generale Donato Cavallo, divenuta la stazione appaltante della Regione Abruzzo che deve ora occuparsi in via esclusiva delle importantissimi gare d’appalto per la sanità ultime delle quali quella da circa 137 milioni di euro per il servizio di pulizia e sanificazione, e quella da ben 54 milioni di euro per garantire il servizio di vigilanza anti incendio.
Agenzia che però paga la carenza di personale, in relazione alla mole di lavoro che è chiamata a smaltire, e non a caso si sta procedendo ad un piano di assunzioni, da effettuare entro l’anno, che dovrà portare da 18 a 28 i dipendenti, e contestualmente da 2 a 5 i dirigenti.
- ASL UNICA: PALLINO DI D’ALFONSO, EVOCATA DA MARSILIO, MA DESTINATA A RESTARE IN UN CASSETTOL'AQUILA - Correva l'anno 2014, in campagna elettorale delle elezioni regionali, il candidato presidente del centrosinistra, poi risultato vincente,...