L’AQUILA – “Commenterò quando avrò avuto modo di leggere il testo. Mi fido della capacità di sintesi di Giorgia Meloni e del suo Governo a partire da Calderoli”.
Lo ha dichiarato il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, in merito al disegno di legge sull’Autonomia differenziata, presentato dal ministro per gli Affari Regionali, Roberto Calderoli, che sarà all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri oggi alle 16.
L’Abruzzo assieme al Molise è l’unica regione, che non ha nemmeno avviato l’iter, che prevede di stabilire, d’intesa con il governo l’elenco delle materie che si intende gestire in proprio. Tutte le altre regioni hanno avviato l’iter, mentre Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna lo hanno da tempo concluso, e attendono solo la definizione del quadro normativo per mettersi “in proprio”.
Riforma che prevede la possibilità di trasferire numerose competenze ora dello Stato, alle Regioni, su loro richiesta, potendo di conseguenza tenersi quota parte delle entrate fiscali, invece di versarle nella “cassa comune”. Ma per non creare una Italia di serie A e una di serie B, l’aspetto cruciale è definire i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), standard minimi che ogni Regione, nell’erogare i servizi pubblici a essa demandati, deve rispettare, per garantire i diritti sociali e civili dei cittadini, a prescindere da dove vivano. Senza Lep, o senza un meccanismo davvero efficace e certo, si rischia la penalizzazione delle regioni meno ricche e popolose, Abruzzo compreso, a causa della “secessione soft” delle regioni più ricche.
Nella norma c’è la promessa che l’autonomia differenziata non partirà se non saranno definiti i Lep. Ma resta il dilemma su dove trovare poi i soldi per colmare i divari, che presuppongono di aumentare le tasse o tagliare le spese. Ma nella legge quadro si dice anche che l’autonomia e le intese non devono comportare maggiori oneri per le casse dello Stato. Ed è difficile che pagheranno le Regioni più ricche con trasferimenti a quelle sottofinanziate.
Sul testo, cui sono state apportate alcune modifiche rispetto alla bozza diramata lunedì sera ai Ministeri, dovrebbe arrivare un’approvazione preliminare, cui seguirà un ulteriore esame in un Cdm successivo.
Il disegno di legge definito dal ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli è terreno di scontro fra maggioranza e opposizione.
E nel centrodestra è soprattutto la Lega che si prepara a festeggiare l’approvazione del testo in Consiglio dei ministri, a venti giorni dalle Regionali in Lazio e Lombardia, una delle tre regioni che hanno già avviato il percorso per ottenere funzioni finora svolte dallo Stato.
L’iter per l’intesa fra Regione (anche a statuto speciale) e Stato durerà almeno 5 mesi, inclusi i 60 giorni per l’esame delle Camere. Secondo la bozza di Calderoli si sarebbero dovute esprimere le commissioni, ma fra i “ritocchi” decisi nella riunione tecnica in preparazione del Consiglio dei ministri – pare anche su input di Giorgia Meloni – si dovrebbe optare per un atto di indirizzo votato in Aula.
Le intese durano fino a 10 anni: possono essere rinnovate o terminate prima, con un preavviso (di Stato o Regione) portato da 6 a 12 mesi, per evitare disallineamenti con l’anno scolastico, in riferimento alle materie relative all’istruzione.
Sono previste poi misure perequative per evitare squilibri economici fra le Regioni che aderiscono all’autonomia differenziata e quelle che non lo fanno. È il rischio che vuole evitare la premier.
“Non ci rassegniamo all’idea che ci siano territori e servizi di serie A e B”, ha detto nei giorni scorsi Giorgia Meloni.
L’autonomia “migliorerà” il Paese e “conviene a tutti, i comuni del centro e del sud ci guadagnerebbero di più”, assicura Matteo Salvini. “Le Regioni avranno più risorse e più poteri con l’autonomia, per gestire i servizi essenziali per i cittadini, a partire naturalmente dalla sanità – è il commento di Silvio Berlusconi -. Ogni anno 200mila cittadini raggiungono la Lombardia da altre Regioni per interventi chirurgici. Quindi, dobbiamo garantire a tutti una sanità di assoluta qualità”.
Dalle opposizioni intanto arrivano le critiche, soprattutto per la scelta discutere il ddl prima che ci siano i Lep, di affidare la loro definizione al presidente del Consiglio, nonché di non consentire al Parlamento di partecipare alla definizione delle intese.
“L’articolo 8 conferma tutti i nostri sospetti – attacca il dem Francesco Boccia -: dall’applicazione del ddl ‘non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica’. È la riprova che non investono un centesimo per ridurre le diseguaglianze”.
LE VOCI DALLE ALTRE REGIONI
Per il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, “questa riforma non spacca un bel niente, semplicemente chiede che dei compiti che oggi svolge lo Stato vengano svolti dalle Regioni, ottenendo le cifre che oggi spende lo Stato. Quindi è soltanto una diversa organizzazione amministrativa”. Il governatore lombardo riflette che il progetto di Calderoli “non parla assolutamente delle materie, parla della procedura che si dovrà seguire per arrivare all’applicazione di una parte della Costituzione. Io credo che sia un passaggio per il momento che deve portare soltanto alla predisposizione delle modalità, poi sulle materie si discuterà”.
Dal Veneto, il governatore Luca Zaia osserva che quello odierno è il primo giorno di scuola. “Poi sarà un crescendo – aggiunge – verso la modernità, per dare vita al percorso che già prevedevano i padri costituenti. E’ una scelta di modernità e di responsabilità; non è assolutamente
l’ ‘affamare’ le Regioni del sud o dividere l’Italia”. Non sarà la fine del nostro Paese, precisa, invitando a pensare a Germania e Stati Uniti, che “vengono percepite come grandi nazioni non divise ma hanno un federalismo vero”.
Secondo Vito Bardi, governatore della Basilicata, “è stato fatto un passo avanti, ma adesso occorre dare importanza ai Livelli essenziali delle prestazioni per colmare il gap tra le varie aree del paese”. Bardi si è detto soddisfatto perché “sono state accolte le proposte dei presidenti del Sud e soprattutto è stata archiviata la spesa storica che ha penalizzato il Mezzogiorno”.
Va invece all’attacco il presidente della Regione Emilia-Romagna e candidato alla segreteria dem Stefano Bonaccini: “La bozza Calderoli è proprio sbagliata e quindi non se ne farà nulla. Se vogliono andare avanti faremo una mobilitazione con tanta gente nel Paese”. Bonaccini, però è fiducioso sul fatto che alla fine “non se ne farà nulla”. Convinzione che si basa sulla “freddezza nel Governo; Fratelli d’Italia è un partito molto centralista, quindi non credo veda di buon occhio questa proposta”.
E “può un Paese rischiare di avere 20 pubbliche istruzioni diverse? Noi faremmo veramente ridere il mondo. Non so se il ministro Calderoli se ne stia rendendo conto”, aggiunge Bonaccini. “Abbiamo già un Paese a troppe velocità diverse”.
Il governatore ligure Giovanni Toti osserva che “tutti coloro che si stanno stracciando le vesti in queste ore dovrebbero ricordare che i margini di autonomia differenziata tra territori sono una delle prerogative previste dal Titolo quinto della nostra Costituzione fin dai primi anni 2000 e non è mai stato attuato”. “I livelli di prestazione sono molto differenti già oggi senza alcuna autonomia – ha ricordato Toti -, per colpa di un centralismo che spesso ha sbagliato le scelte e per colpa di classi dirigenti locali che non sono stati capaci di valorizzare i propri territori come avrebbero dovuto e potuto”.
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