PESCARA – La stagione balneare è in fase di avvio, e le prospettive sono più che rosee, ma nonostante tutto cresce la preoccupazione e le incertezze per i quasi mille titolari di stabilimenti balneari abruzzesi, con l’avvicinarsi dello spettro delle gare europee, con scadenza delle attuali concessioni a fine dicembre di quest’anno.
Il governo di centrodestra di Giorgia Meloni è schierata con i balneatori, ma è in difficoltà davanti alla inflessibile posizione dell’Unione europea nell’applicare, in nome della libera concorrenza, quanto previsto dal 2010 dalla direttiva Bolkestein, ovvero gare per l’affidamento delle spiagge del demanio, senza più proroghe e con la minaccia di pesanti sanzioni, visto che la procedura di infrazione è stata già avviata.
Anche i balneatori abruzzesi sono stati la settimana scorsa a Roma alla manifestazione a cui hanno partecipato oltre 5mila persone, in rappresentanza di un comparto che conta oltre 10.000 stabilimenti che danno lavoro a oltre 44.000 persone. Ha affermato durante la manifestazione il presidente della Sib Abruzzo, Riccardo Padovano “non siamo contro il governo italiano, ma a Giorgia Meloni vorremmo dire di mantenere le promesse che erano state fatte non alla categoria, ma al Paese. Difendere la balneazione attrezzata significa difendere una eccellenza e una tipicità tutta italiana”.
L’ultima spiaggia per evitare le gare sulle concessioni esistenti, il centrodestra l’ha congegnata la scorsa estate istituendo un tavolo tecnico sulla mappatura delle coste italiane da cui è emerso che la percentuale di occupazione degli stabilimenti è “solo” del 33% delle coste, e questo per il governo dimostrerebbe che c’è un’abbondante quantità di litorali disponibili per permettere di avviare nuove imprese, in modo da garantire la concorrenza richiesta dall’Europa, senza dover mettere a gara le concessioni esistenti.
In realtà però il 33% è una media nazionale, l’Abruzzo ad esempio ha un demanio occupato del 67,4%, con un 32,5% rimasto libero.
Anche qui a macchia di leopardo: a Pescara è libera solo il 10% di litorale, a Vasto il 16,8%, mentre è tra il 20% il 30% Tortoreto, Giulianova, Alba Adriatica, Roseto, Silvi, Montesilvano, Francavilla e San Salvo. Di contro a San Vito Chietino è libero addirittura il 94,7% di litorale, a Torino di Sangro il 77%, a Rocca San Giovanni il 73%, a Casalbordino il 62%, ad Ortona 57%.
Poi però come molti prevedevano, questa mappatura non ha affatto convinto la Commissione europea, in quanto, detto sommariamente, sono state messe dentro le spiagge libere, anche tratti di nessun pregio e interessate da scogliere, invece la valutazione doveva essere qualitativa e non quantitativa, come affermato di recente anche dal commissario al mercato interno Thierry Breton.
Come scrive Mondo Balneare, “ciò significa che le concessioni balneari dovrebbero essere classificate per la loro valenza turistica, ma secondo i sindacati questo aprirebbe la strada alle multinazionali interessate ad accaparrarsi le spiagge di maggiore pregio”.
Intanto con le concessioni in scadenza il 31 dicembre e in assenza di un diverso provvedimento nazionale, le amministrazioni locali stanno avviando le procedure di gara secondo quanto previsto dalla legge 118 del 2022 del governo di Mario Draghi. Per questo i balneari chiedono un immediato intervento che impedisca ai Comuni di pubblicare i bandi e li metta in sicurezza rispetto alle diffide dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, che a febbraio, ad esempio ha ha scritto ad alcuni Comuni della riviera romagnola per chiedere di “approfondire le modalità di rilascio delle concessioni demaniali marittime a uso turistico-ricreativo”
Il deputato di Fratelli d’Italia Riccardo Zucconi, è poi intervenuto, in merito alla relazione annuale al parlamento sull’attività svolta dall’Agcm, tenutasi mercoledì mattina a Montecitorio, rammaricandosi che l’Agcom non abbia detto nulla in materia di concessioni balneari”, ribadendo le che la scadenza del 31 dicembre è troppo stretta, perchè “purtroppo in molte realtà territoriali non è possibile, tenuto conto sia della sostanziale incertezza normativa ad oggi esistente a riguardo, sia dell’impreparazione di molti uffici comunali, come evidenziato tra l’altro da una recente indagine conoscitiva della Corte dei conti, che ha acclarato le difficoltà tecniche per molte delle amministrazioni comunali chiamate ad affidare in tempi brevi una mole enorme di concessioni balneari con procedure a evidenza pubblica”.
Ha tuonato intanto Padovano: “serve immediatamente un decreto legge che porti i Comuni a produrre le evidenze pubbliche anziché inviare ai titolari di concessioni le note di decadenza. La stagione balneare è alle porte e bisogna affrontarla nel modo migliore e non in un clima di tensione con in mano le carte bollate. È lo Stato italiano che deve legiferare e quindi il Parlamento attraverso un Decreto che attivi da subito una legge sui balneari. Questo è l’impegno che due anni fa prese il governo a cui chiediamo di darci la soluzione. La politica non deve prendere in giro i balneari che meritano rispetto. Il 2 giugno ci sarà la festa della Repubblica e in quel giorno, come ha detto il nostro presidente nazionale Tonino Capacchione, faremo sentire la nostra voce. La mobilitazione è partita e non si ferma”.
Nella conferenza promossa la scorsa settimana da Assobalneari-Confindustria e Base Balneare a Bruxelles, gli europarlamentari e esponenti politici italiani di centrodestra, hanno spiegato che la linea è quella di tenere duro nella difesa della mappatura, per superare le resistenze della Commissione europea.
Ha detto ad esempio il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia: “riteniamo che, come dimostrato in sede di mappatura, la maggior parte delle spiagge italiane siano disponibili per l’insediamento di nuove imprese: pertanto la direttiva Bolkestein che regola la concorrenza non dev’essere applicata, perché la scarsità di risorse non sussiste. L’Unione europea insiste sulla necessità di adottare procedure competitive, ma noi riteniamo che ci sia spazio sufficiente per nuove imprese, le quali devono potersi collocare dove non vi siano già imprese storiche che possano avere garanzia di continuità del proprio operato. Continueremo a impegnarci affinché il dialogo si riapra e la categoria sia tutelata”.
E ha poi aggiunto, “Non credo che l’Italia decolli se si perseguitano i balneari; tuttavia la categoria non è riuscita a fare una comunicazione efficace, siete più disprezzati dei politici. Non siete riusciti a smontare un argomento, quello secondo cui ‘i balneari spendono 10 e incassano 1.000’. Non è così. L’odio nei vostri confronti nasce da questa convinzione, quindi noi siamo considerati difensori di approfittatori”.
A proposito di elementi che non depongono a favore del buon nome dei balneatori: c’è apertura da parte delle associazioni di categoria, compresa la Sib, di rivedere i canoni delle concessioni, con una concertazione con il governo e le istituzioni preposte.
Come già riferito da questa testata, attingendo dalle fitte tabelle del Ministero delle Infrastrutture aggiornati a maggio 2021, in Abruzzo per 891 concessioni balneari da Martinsicuro a San Salvo, il canone di concessione è in media di 13mila euro l’anno, poco più di mille euro al mese, e se ci sono stabilimenti che pagano anche più di 40.000 euro, sono 25o circa che non superano il canone annuale di 5.000 euro, e in molti casi i 3.000 euro.
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