“AIRBNB PAGHINO PIU’ TASSE, COSI’ CONCORRENZA SLEALE”: ANCHE FEDERALBERGHI ABRUZZO CHIEDE RIFORME

di Filippo Tronca

5 Giugno 2023 08:18

Regione - Cronaca

PESCARA –  “Un albergo ha spese incomprimibili, deve far fronte ad una pressione fiscale del 65%. E in Italia, da troppi anni, c’è una discrepanza fiscale tra le nostre aziende turistiche e le nuove  formule di ricettività extralberghiere, come gli airb&b, che fanno numeri sempre più importanti, in termini di presenze e fatturati”.

Garantire una concorrenza leale, “senza demonizzare la ricettività extralberghiera”, parificandola però a vere e proprie imprese, con conseguente trattamento fiscale proporzionato al giro di affari: su questo punto insiste Giammarco Giovannelli,  presidente di Federalberghi Abruzzo, a nome degli oltre 850 attività operanti in regione.

Una presa di posizione, nell’intervista ad Abruzzoweb, che arriva nelle ore in cui è salito alla ribalta delle cronache il progetto di legge della ministra del Turismo Daniela Santanché, che intende dare una stretta su Airbnb e sugli affitti brevi turistici, assicurando una normativa uniforme a livello nazionale per scongiurare il rischio di “un turismo sovradimensionato” rispetto alle potenzialità e alle possibilità ricettive locali e, allo stesso tempo, impedire lo spopolamento dei centri storici del paese salvaguardandone gli abitanti.

La norma, ancora in fieri, intende introdurre un Codice identificativo nazionale (Cin) per ogni immobile a uso abitativo messo in affitto per finalità turistiche, con annesso obbligo di esporlo, pena una multa che potrebbe arrivare fino a 5mila euro. Tale codice dovrebbe essere peraltro anche riportato negli annunci pubblicati su tutti i portali telematici, sulla falsariga di quanto già fatto a livello locale da parte delle regioni. Questo per contrastare l’abusivismo dilagante.

L’esecutivo ha poi previsto, nell’ambito degli affitti brevi, l’obbligo di permanenza di almeno due notti nelle strutture che si trovano nei centri storici delle città metropolitane.





Limiti anche per chi affitta più di quattro appartamenti che, dall’entrata in vigore della legge, sarà considerato alla stregua di un imprenditore nel campo ricettivo: il proprietario dovrà infatti presentare una comunicazione di inizio attività, con una nuova categoria economica assegnata specificamente alle locazioni turistiche.

Giovannelli non entra nel merito di un progetto di legge ancora tutto da definire nella sua stesura definitiva ma ricorda: “noi abbiamo avuto modo già negli ultimi anni di affrontare questo argomento, chiedendo una regolamentazione, tante sono state le proposte fatte, sia a livello governativo che a livello regionale, a cominciare dalla necessità, mi permetta di inistere, di una comparazione adeguata tra la fiscalità degli alberghi e delle attività ricettive tradizionali, rispetto a quelle degli affitti brevi. Dagli ultimi numeri che ho a disposizione i b&b in Abruzzo sono oltre duemila, a cui va aggiunto un considerevole numero di case vacanze e altre strutture ricettive fuori dal circuito alberghiero tradizionale. Che ripeto vanno considerate imprese come le altre, non può bastare cioè una semplice partita iva”.

Tiene però a precisare: “rispettiamo e riconosciamo queste nuove figure di residenzialità, soprattutto nelle aree interne svolgono un ruolo positivo, e una funzione sociale. Non vogliamo fare nessuna guerra, ma chiediamo solo una parità di condizioni, che passa per un impianto normativo che consideri  il b&b imprese a tutti gli effetti

Ancora più netto è stato Alessandro Nucara, direttore generale di Federalberghi,  durante una audizione alla Commissione Politiche dell’Unione europea del Senato. Queste le sue dichiarazioni: “gli alloggi affittati per brevi periodi rappresentano circa un quarto del totale delle strutture ricettive turistiche nell’Unione europea – ha detto Nucara -. In Italia, gli annunci pubblicati sulla principale piattaforma sono oltre quattrocentomila. Si tratta di un fenomeno che negli ultimi anni, a differenza di altri paesi europei, è stato caratterizzato da un’espansione senza regole e senza controlli, generando criticità quali l’esposizione dei consumatori a rischi per la sicurezza, il lavoro sommerso, l’evasione fiscale e la trasformazione del tessuto economico e sociale delle città. E questo crea danni, danni tanto per le imprese tradizionali quanto per quelle che gestiscono le nuove forme di accoglienza in maniera corretta e rispettando le regole”.

“E questo crea danni, danni tanto per le imprese tradizionali quanto per quelle che gestiscono le nuove forme di accoglienza in maniera corretta e rispettando le regole. Non vogliamo steccati tra alberghi e chi gestisce altro tipo di ricettività ma solo tra chi rispetta le leggi e chi invece se ne dimentica”, ha concluso Nucara.

A proposito trasformazione del tessuto economico e sociale delle città: un appello lo aveva formulato in una intervista ad Abruzzoweb il professor Tonino Pencarelli, ordinario di Economia e gestione delle imprese all’Università degli studi di Urbino, a margine del convegno a L’Aquila organizzato dalla Fondazione Carispaq.





“Un eccesso di turismo svilisce la natura deli luoghi e dei territori, e a pagarne le conseguenze sono i residenti, e nel lungo periodo ciò rappresenta un danno anche per la stessa destinazione turistica, perché una destinazione ‘Disneyland’ nel medio luogo termine diventa meno attrattiva.  Occorre una iniziativa politica e normativa per frenare la proliferazione degli airbnb  e degli affitti brevi”, aveva ammonito Pencarelli. E aveva aggiunto: “la proliferazione degli airbnb è difficile da regolare con la normativa attuale, essendoci libertà di attività economica.  Ma intanto il tema va imposto all’agenda politica.  Molte città europee stanno già imponendo affitti brevi e non durante tutto l’arco dell’anno, limitando il fenomeno, facendo leva sul fatto che se un proprietario guadagna molto di meno ad affittare ai turisti, perché lavora poche settimane l’anno, allora sarà indotto a dare la sua casa alle famiglie”.

Il disegno di legge Santanchè, non soddisfa però le richieste dei sindaci delle grandi città turistiche italiane, capeggiati dal primo cittadino di Firenze, Dario Nardella, che chiedono di mettere un tetto agli affitti brevi a 120 giorni l’anno per porre rimedio anche all’emergenza abitativa. Un modo, nei piani dei sindaci, per aumentare la disponibilità di case per chi è in cerca di un’abitazione in città e limitare anche l’impennata degli affitti, arrivate nelle grandi città a livelli scandalosamente inaccessibili, con gravi ripercussioni anche sul diritto allo studio, visto che pochi sono gli studenti che possono permettersi affitti anche di mille euro nelle zone centrali di Milano, per tuguri anche di 15 metri quadrati.

La proposta di Nardella riguarda in particolare la definizione, per le aree interessate, di attività incompatibili con la “tutela dell’area” e di limiti da imporre al “mutamento delle destinazioni d’uso e delle relative categorie funzionali”, per poter stabilire a monte, cosa può essere adibito ad Airbnb e cosa no.

Viene inoltre proposto di istituire una “categoria funzionale residenziale-turistica”, per gli immobili che vengono affittati per brevi periodi, con la quale un Comune potrà stabilire se, ad esempio, l’immobile di un determinato quartiere possa essere adibito alla locazione tramite le grandi piattaforme  come Airbnb e Booking, se un “immobile sia adatto ad un affitto turistico oppure no”. Ed anche e soprattutto se sia stato superato il limite di locazioni di questo genere in una determinata area della città.

 

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