“CALVARIO GIUDIZIARIO PER SALVARE SANITÀ PUBBLICA”, CHIODI, “ASSOLUZIONE IGNORATA DA MIO ACCUSATORE”

EX PRESIDENTE DELLA REGIONE SPARA A ZERO DOPO ESITO DEL PROCESSO DURATO OLTRE 7 ANNI, PER UNA PRESUNTA VIOLENZA PRIVATA, A SEGUITO DELLA DENUNCIA DELL'IMPRENDITORE DELLA SANITA' PRIVATA LUIGI PIERANGELI, EDITORE DEL QUOTIDIANO IL CENTRO E DELLA EMITTENTE TELEVISIVA RETE OTTO. "UNICO POLITICO AL MONDO CHE HA RISCHIATO LA GALERA NON PER AVER RICEVUTO MAZZETTE E FAVORI, MA PER AVER VOLUTO IMPORRE UN CONTRATTO"

24 Aprile 2025 08:27

Regione - Politica

TERAMO – “Sono forse l’unico politico in Italia che ha rischiato la galera per i rapporti con alcune cliniche private, ma non per aver ricevuto mazzette e favori, ma per costringere cliniche private a firmare un contratto con un tetto di spesa più basso, salvaguardando così la sanità pubblica. E la mia assoluzione è stata ignorata dal giornale di proprietà del denunciante…”.

L’assoluzione al Tribunale di Pescara nel processo sui tetti di spesa alle cliniche private, arrivata nei giorni scorsi, dopo un calvario giudiziario di sette anni e mezzo, non è un sassolino dalla scarpa, ma un macigno da cui liberarsi: così Gianni Chiodi, nell’intervista ad Abruzzoweb, tornando a parlare e nella scena politica dopo la soluzione della lunghissima vicenda giudiziaria, e all’indomani del sì all’invito del governatore di FdI, Marco Marsilio, ad assumere il ruolo di amministratore delegato di Fira, la finanziaria regionale.

Il 64enne commercialista, ex presidente della Regione Abruzzo, di Forza Italia, dal gennaio 2009 al giugno 2014, quando ha rimesso apposto i conti della sanità abruzzese da tempo in rosso, ex sindaco di Teramo e appena nominato nella importate partecipata abruzzese, punta ora il dito contro chi lo aveva denunciato, ovvero Luigi Pierangeli, noto e stimato imprenditore della sanità privata, a capo tra le altre cose del gruppo editore del quotidiano Il Centro e dell’emittente televisiva Rete8. Ma non solo: il manager critica anche il modo con cui le indagini sono state condotte, e accusa il quotidiano abruzzese di “proprietà del denunciante” come già aveva evidenziato con foga in una intervista al quotidiano nazionale Il Foglio, di non aver “nemmeno dato notizia della mia assoluzione”.

Chiodi chiarisce di non voler riaprire la finestra alla politica ma il suo ritorno come manager potrebbe essere molto utile alla Regione alle prese con un deficit fuori controllo che ha imposto alla maggioranza di centrodestra di aumentare l’addizionale Irpef a scaglioni di reddito.

L’ex governatore, con Abruzzoweb, si concentra sulla chiusura dei conti con la giustizia: in particolare, facendo riferimento ad un altro processo che lo ha visto coinvolto, quello sulla Rimborsopoli, dal quale è uscito ancora una volta da innocente, perché “il fatto non sussiste”, anch’essa deflagrata qualche mese prima delle elezioni regionali del 2014, come l’inchiesta delle cliniche private, “vicende che hanno provocato un fortissimo scandalo nei miei confronti e un forte danno da un punto di vista quanto meno elettorale”, in quanto appunto Chiodi ha poi mancato il secondo mandato, battuto dal centrosinistra di Luciano D’Alfonso, ora deputato del Pd.





Il procedimento giudiziario nei confronti Chiodi, e anche dell’ex assessore regionale alla Sanità, Lanfranco Venturoni, ha riguardato il ridimensionamento dei tetti di spesa relativi al 2010. Secondo l’accusa, rappresentata dal pm Andrea Papalia, Chiodi, in qualità di commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi della sanità abruzzese commissariata dal Governo prima del suo avvento a capo della Regione appunto per il pesante buco, avrebbe esercitato pressioni sulle cliniche private per far firmare contratti di prestazione di assistenza ospedaliera, collegando la sottoscrizione al pagamento dei crediti nei confronti della Regione. A fronte dei tagli alle cliniche sarebbe stato promesso un recupero attraverso incentivi legati alle cure di pazienti non abruzzesi. Ma, secondo le cliniche Pierangeli e Spatocco, parte civile nel processo, la promessa del recupero non sarebbe stata mantenuta. Le accuse erano a vario titolo di falso, violenza privata e abuso d’ufficio. Il processo si è però chiuso con l’assoluzione di Chiodi e Venturoni che avevano rinunciato alla prescrizione, che invece è scattata a dicembre 2019 per gli altri imputati, l’ex sub commissario alla sanità Giovanna Baraldi e due tecnici dell’Agenzia sanitaria regionale, Francesco Nicotra e Lorenzo Venturini.

“Mi hanno contestato di aver ‘violentato’ le cliniche private – spiega dunque Chiodi -, essendo l’accusa quella di violenza privata perché le avrei costrette a firmare un accordo, un contratto che senza le mie minacce non avrebbero firmato, perché per loro sfavorevole. Insomma, sarei stato l’unico politico in tutta Italia, forse nel mondo, che nei rapporti con le cliniche private è stato coinvolto penalmente non perché ottenesse favori in vari modi, ma perché le avrei appunto violentate”.

Spiega ancora l’ex presidente della Regione: “io sono orgoglioso e fiero di quello che abbiamo fatto in quegli anni per quanto riguarda la sanità, commissariata per eccesso di debito, ho dovuto chiudere piccoli ospedali, non sostenibili economicamente, chiaramente contro i miei interessi politici, ma l’ho  fatto perché era necessario farlo, per sanare il deficit della sanità. E come dunque non potevo non fare la stessa cosa con sanità privata?”.

Va infatti ricordato che “all’epoca in Abruzzo c’era una sanità privata che era molto screditata, sotto tanti punti di vista, anche per le vicende giudiziarie che la riguardavano. E In Abruzzo non c’erano i contratti per le loro prestazioni, cioè io dovevo dare 200, 300 milioni di euro al sistema privato della sanità, o sarebbe meglio dire ‘pseudo privato’, nel senso che è un privato con i soldi pubblici. Ma io venivo dall’esperienza da sindaco di Teramo, dove anche per comprare una penna dovevo fare una gara. E quindi dissi: ‘senza contratti qui andiamo tutti in galera’. Ironia della sorte, in galera ho rischiato di andarci proprio perché avevo deciso di fare i contratti”.

Il liberale Chiodi tiene però a sottolineare che “personalmente non ho nulla contro le cliniche private e capisco di aver leso degli interessi economici molto forti. Li comprendo, perché sono imprenditori che legittimamente perseguono i loro interessi, però nel caso specifico mi hanno denunciato. Ricordo anche che il presidente della Regione Abruzzo che è venuto dopo di me, Luciano D’Alfonso, che non è scemo, la prima cosa che ha fatto con firma autonoma senza la controfirma  del vice commissario dell’epoca cioè Giuseppe Zuccatelli ha incrementato l’importo da dare alle cliniche private”.

Chiodi si accalora poi per il modo con cui le indagini sono state condotte, definendole “kafkiane”.

“I Carabinieri hanno fatto un papiro di settecento, ottocento pagine, come se fossero grandissimi esperti di diritto sanitario. Poi quando sono stati sentiti in udienza come testimoni, con nostro stupore è emerso che non avevano sentito la Regione Abruzzo, l’Azienda sanitaria regionale, esperti e consulenti tecnici. No, avevano sentito solamente i denuncianti, riferendo la loro versione, quella dell’accusa, sostenendo che io non pagavo le cliniche private nonostante le sentenze del Tar mi avessero dato torto, e non si sono mai chiesti se il Consiglio di Stato avesse confermato o meno quelle sentenze, e infatti non le aveva confermate. Una vicenda Kafkiana. Devo dire però che la stessa Procura che aveva fatto l’indagine, ha chiesto poi la mia assoluzione”.





E veniamo alle sue durissime parole sulla mancanza di informazione sulla sua assoluzione.

“Se non ci fosse stato qualche post su facebook, che ho fatto personalmente, penso che nessuno se ne sarebbe accorto. Il quotidiano il Centro, per esempio, non ha dato nessuna notizia, eppure aveva seguito tutto il processo, ma fino a quando c’erano stati testimoni dell’accusa. Mentre nella fase processuale nella quale è toccato ai testimoni della difesa non c’è stato mai presente un loro giornalista. Lo capisco, vista quale è la proprietà del quotidiano Il Centro, capisco tutto e non ho nessun risentimento verso nessuno. Ma ritengo che un direttore di un giornale almeno la notizia la debba dare, decidendo il risalto, anche nascondendola. A maggior ragione perché nel caso di specie, il direttore responsabile, Luca Telese, fa il moralista dalla sera alla mattina, dopodiché si perde in un bicchier d’acqua. Lo stesso vale per Il Messaggero. Eppure l’agenzia l’Ansa la notizia l’aveva battuta. Dunque ritengo ci sia stata una volontà di occultarla”.

C’è poi la sua assoluzione nel 2018 da parte del Tribunale di Roma, nel processo di ‘Rimborsopoli’ che ha coinvolto Chiodi, assieme all’ex vicepresidente della Giunta, Alfredo Castiglione e l’ex assessore all’Istruzione, Paolo Gatti, ora consigliere regionale di Fratelli d’Italia, accusati, a vario titolo, di peculato e truffa aggravata, per fatti risalenti ad un periodo compreso tra il 2009 e il 2011, riguardanti l’utilizzo improprio delle carte di credito regionali per spese ritenute ingiustificate per viaggi, pernottamenti e pasti.

“E’ stato sostenuto che avevo fatto la cresta sui rimborsi della Regione Abruzzo, e la cifra contestata era di 600 euro, a me che avevo amministrato circa venti miliardi di euro negli anni in cui ero presidente. Nei rapporti dei Carabinieri sono stato descritto come una sorta di delinquente, dedito con grande attenzione e sagacia addirittura a cercare di fregare in ogni occasione, 20, 30 o 40 euro alla Regione. Una vicenda per me ridicola, come il processo ha poi dimostrato”.

Resta il fatto, non soggetto a prescrizione, che “sono stato la vittima di vicende che hanno creato un fortissimo scandalo nei miei confronti e un forte danno dal punto di vista umano ed anche per la mia attività politica. Senza che ci fosse la minima forza di replicare. Ma alla fine dei conti mi hanno fatto un favore, visto che anche queste vicende mi hanno indotto a chiudere il capitolo dell’attività politica, che non intendo riaprire”.

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